“Al ritorno dalla campagna”. Cosi iniziava una canzone di un noto cantautore italiano scomparso, nella quale tratteggiava in musica la dura vita del contadino. Mestiere e mondo di indiscussi sacrifici, che hanno causato, con il “boom” industriale ed economico italiano, una defezione verso l’agricoltura, l’abbandono delle terre e una grande migrazione di giovani verso le città e fulcri industriali.
Sono cresciute del 12% le imprese agricole rispetto allo scorso anno
Ora una grande notizia a conforto della nostra economia: un ritorno al green e alle coltivazioni, facendo salire di oltre il 12% la percentuale di imprese italiane locate all’agricoltura rispetto allo scorso anno. Fautori i giovani “under 30” a conferma della attrazione delle nuove generazioni verso il mondo agrario.
Nuova realtà che di fatto ha rivoluzionato la figura dell’agricoltore, focalizzandosi e impegnandosi, soprattutto, in attività multifunzionali e trasversali ai contesti agricoli, che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti, alla loro vendita diretta; dalle fattorie didattiche, ad attività ricreative e sociali, come l’inserimento di diversamente abili, detenuti o tossicodipendenti, con la conseguente costituzione di cooperative di lavoro e sociali.
Questi giovani e le loro nuove imprese hanno superato e cambiato gli stereotipi del vecchio contadino che si alzava per lavorare al levare del sole; hanno saputo creare opportunità lavorative in un settore strategico per l’Italia sempre più attento all’innovazione e alla sostenibilità. Certo non conforta le cronache, e le visioni di pochi mesi fa, dei trattori dei “contadini tradizionali” che bloccano strade e assediano i palazzi del potere, creando allarmismo tra tutti, specie nelle “new entry” di questo settore.
La protesta partita prima dall’Olanda, poi in Romania fino a colpire l'intero mondo agricolo della Comunità Europea, è più che legittima, lo riconosco, in quanto gli agricoltori non guadagnano sufficientemente, e spesso, lavorando in perdita!
A mio modesto avviso, però bisogna anche dire che, con il tempo queste vecchie imprese si sono fatte “aggiogare”, a differenza delle nuove attività dei giovani, da un sistema di filiera e di passaggi, che schiacciano il produttore e le distribuzioni (Gdo) economicamente e contrattualmente deboli.
Queste sono esposte sempre più al controllo diretto di lobby discutibili e senza scrupoli, pronte a speculazioni di ogni sorta. Chi non ricorda la salita del prezzi dei prodotti di ogni sorta allo scoppiare della guerra in Ucraina, o le visioni dei nostri agrumi siciliani sotterrati con le ruspe, ed altro ancora, ma mi fermo qui!
Noi tutti e, in primis la Federazione Italiana Cuochi con il suo silenzioso lavoro, certamente non possiamo debellare questo stato di cose, ma insieme possiamo dare un forte aiuto all’intera categoria degli agricoltori, e conseguentemente, anche al nostro mercato interno.
Come? Facendo rete, informando, favorendo un certo tipo di commercio e di approvvigionamento, orientandosi verso imprese “sane”, soprattutto quelle fatte di giovani e legate al territorio, quelle che sanno anteporre al puro e solo profitto, aspetti coerenti e sociali di innovazione.