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Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini, racconta il suo percorso che l'ha portata a contribuire al raggiungimento delle tre stelle Michelin del ristorante di Verona. Tra formazione continua e una visione condivisa con lo chef, riflette sull'importanza del servizio in sala e sulle sfide future per mantenere l'eccellenza nel 2025

di Nicholas Reitano
Redattore
27 novembre 2024 | 05:00
Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini
Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini, racconta il suo percorso che l'ha portata a contribuire al raggiungimento delle tre stelle Michelin del ristorante di Verona. Tra formazione continua e una visione condivisa con lo chef, riflette sull'importanza del servizio in sala e sulle sfide future per mantenere l'eccellenza nel 2025

di Nicholas Reitano
Redattore
27 novembre 2024 | 05:00
 

In un ristorante stellato, il successo non si costruisce solo dietro i fornelli. Infatti, accanto al talento dello chef, c'è anche una squadra di sala che svolge un ruolo fondamentale, creando un'esperienza capace di accogliere l'ospite dal primo passo all'ultimo saluto e trasformando ogni dettaglio in un ricordo indimenticabile. Un equilibrio che diventa ancora più cruciale quando si raggiungono le tre stelle Michelin. E per comprendere cosa significhi toccare un livello così elevato di eccellenza, abbiamo intervistato Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini. Ma prima di entrare nel suo mondo, scopriamo insieme il percorso che l'ha portata a diventare una protagonista di questo traguardo del ristorante di Verona.

La biografia di Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Nata a Jesolo (Venezia) nell'ottobre del 1997, Chantal si diploma in lingue con indirizzo turistico e decide di immergersi subito nel mondo del lavoro, trovando la sua strada nell'enogastronomia. Il primo passo significativo della sua carriera avviene nella sua città, all'enoteca "Zona d'ombra": «Non solo lavoravo nel locale, ma affiancavo il titolare nella visita a diverse aziende vitivinicole italiane. È lì che ho imparato a conoscere davvero il vino, il territorio e il valore delle relazioni» ci racconta Chantal.

Nel 2020, la svolta arriva grazie a un'opportunità unica: entrare in contatto con Casa Perbellini, allora ristorante due stelle Michelin. «Tramite un contatto, sono riuscita a far avere il mio curriculum a Barbara Manoni, al tempo direttrice di sala. Dopo una selezione, sono stata chiamata per quattro giorni di prova in uno dei suoi bistrot, il Pop-Up. Terminato il 'test', Giancarlo mi ha detto: "Per me va benissimo, la tua assunzione è confermata"». Ma il giorno prima di iniziare, ecco la sorpresa: «Perbellini mi richiama e dice: "Senti Chantal, ho cambiato progetti per te: vorrei che tu iniziassi direttamente a Casa Perbellini". Non me lo aspettavo, ma è stato emozionante. Evidentemente aveva visto in me qualcosa di speciale».

Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Giancarlo Perbellini all'interno di Casa Perbellini - 12 Apostoli

Chantal entra così nel cuore del ristorante di punta dello chef Perbellini, allora in piazza San Zeno. «Era un concept unico: solo cinque tavoli, un servizio esclusivo e una brigata piccola, di tre persone. Eravamo io, Barbara Manoni come direttrice di sala e Marco Matta come sommelier. Gestivamo tutto noi, dal servizio alla cura dei dettagli». Da lì, la sua crescita è stata costante, consolidandosi come uno dei volti più rappresentativi di Casa Perbellini. La sua dedizione, unita a una naturale eleganza e conoscenza del mestiere, l'hanno portata a diventare maitre di sala, incarnando l'eccellenza che caratterizza il locale.

Il contributo di Chantal Feletto nella terza stella Michelin per Casa Perbellini

Chantal, poi arriviamo al 2024, anno della terza stella Michelin per Casa Perbellini. Quanto senti anche un po' tuo questo macaron?
Sicuramente la devo attribuire a Giancarlo: questo è il coronamento della sua carriera, è l'obiettivo che ha portato avanti per tutta la vita, e vederlo realizzarsi mi ha dato una gioia immensa. Credo che un riconoscimento più grande di questo, una soddisfazione più grande di questa, lui non potrà mai più provarla nella vita. Poi lo ammetto: un po', per orgoglio, mi sento comunque partecipe almeno di una briciola, di una punta, di una delle punte di queste tre stelle. Sicuramente. Il progetto che abbiamo condiviso con l'apertura di Casa Perbellini - 12 Apostoli riguarda soprattutto me, in particolare per la gestione del servizio. Sappiamo bene quanto il servizio in sala sia una parte fondamentale del nostro lavoro. Quindi sì, un po' di meriti me li sento. Non mi piace spifferarlo ai quattro venti, ma di sicuro ho messo del mio in questa opera meravigliosa. D'altra parte, devo tutto a Giancarlo, che ha sempre investito su di me, credendo nelle mie potenzialità nonostante la mia giovane età, nonostante la mia poca esperienza e, a volte, la mia testa un po' calda. Lui, però, non ha mai dubitato di me. Mi ha dato una grande forza e mi ha accompagnato lungo questo percorso, ma è sempre stato così da quando lo conosco. Ho visto Giancarlo avere a che fare con moltissimi dipendenti - il nostro è un gruppo molto ampio - e davvero passano molte persone. Però c'è una cosa che lui fa sempre: resta umano. Cerca di investire il più possibile su chi, secondo lui, merita, chi gli trasmette qualcosa a pelle. Non ama cambiare continuamente dipendenti. Preferisce formarli e crescerli con le sue idee, le sue opinioni sul nostro lavoro. Questo rapporto continuativo l'ha avuto anche con me, ed è un aspetto che gli riconosco e che mi ha permesso di arrivare dove sono oggi.

Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Giancarlo Perbellini e Chantal Feletto

L'importanza della formazione per Chantal Feletto

Parlando di crescita, in una recente intervista dal palco della "Milano Wine Week" - dove hai conquistato il titolo di "Miglior maitre" - hai detto che in questo campo la formazione è fondamentale. Quanto è stato importante crescere accanto a un maestro come Giancarlo?
Penso che la formazione sia non solo un punto fondamentale del nostro lavoro, ma anche il motore che ci permette di migliorare continuamente. Senza formazione fai fatica a capire davvero dove stai lavorando, come lo stai facendo, quali sono i tuoi punti di forza e quali invece le tue debolezze. E, soprattutto, dal mio punto di vista, non c'è stimolo più grande della formazione stessa. Anche ora, nonostante qualcuno possa pensare che io abbia raggiunto il culmine della mia carriera, mi sento ancora piena di voglia di imparare. Sono curiosa di scoprire cose nuove, di confrontarmi con esperienze diverse, di conoscere persone e di formarmi continuamente. Voglio apprendere dalle cose positive ma anche da quelle negative, farmi un'opinione e crescere ogni giorno. Avere Giancarlo accanto è stato - e continua a essere - un dono immenso. È un uomo che si è fatto da solo, partendo dalla sua realtà familiare e arrivando a essere uno dei più grandi maestri della cucina italiana. Lavorare con lui è un onore: sa quando essere duro e quando spronarti, ma anche quando riconoscere i tuoi meriti. Un equilibrio che mi ha permesso di migliorare e di non fermarmi mai. È un privilegio imparare da lui, sia sul piano professionale che umano.

A proposito di ambizioni, hai vinto un premio personale importante e hai contribuito alla conquista della terza stella: che stimoli puoi avere per continuare a migliorarti? Come hai detto, si può pensare che sei arrivata al culmine: quindi, cosa ti spingerà ora a dare sempre di più?
Un po' di sana autocritica ci vuole. Sai, la classica sindrome dell'impostore, che mi rappresenta molto. Non mi vedo mai abbastanza, non mi sembra mai di fare abbastanza, e questa cosa non la dico solo a me stessa: immagino che siano gli altri a pensarlo di me. Per me, però, il miglioramento nasce proprio dalla consapevolezza degli errori che fai, dalle cose che potresti migliorare e che ancora non sei riuscita a fare. Questo è il mio stimolo più grande. È vero, arrivata a questo punto potrei pensare: "Sono alla fine del mio percorso, meglio di così cosa potrei fare?". Ma questa frase mi spaventa moltissimo, perché non mi rappresenta. Sono giovane, ho ancora poche esperienze alle spalle: ho lavorato in un paio di posti, sì, e ho una grande attitudine per la sala, ma non sono una che ama i cambiamenti. Quando vedo i miei colleghi che cambiano ristorante ogni anno, fanno esperienze all'estero, provano milioni di cucine e di contesti diversi, li invidio. Li invidio perché riescono a raccogliere molte più informazioni di quante io sia mai riuscita a fare. Ma io sono diversa: un po' per attitudine e un po' per pigrizia mentale, raramente lascio le cose a metà. Preferisco investire il più possibile in quello che faccio e cercare di scalare la piramide del luogo in cui lavoro. Per esempio, un anno fa, con l'apertura di Casa Perbellini - 12 Apostoli, ho pensato: "Non ce la farò mai". Mi sono sentita sopraffatta, al punto da pensare di mollare, di scappare, di fare qualcosa di più semplice, meno complesso, meno impegnativo. Ma, ripeto, non è nella mia natura lasciare le cose a metà. Non mi rappresenta toccare un obiettivo e non raggiungerlo. Anche quando è difficile, anche quando ti sembra impossibile, sono spinta dal bisogno di completare ciò che ho iniziato e di dare sempre il massimo, soprattutto nei momenti in cui sarebbe più facile arrendersi.

Quando la sala fa la differenza: intervista a Chantal Feletto, maitre di Casa Perbellini

Chantal Feletto insieme ai colleghi di sala

Hai parlato di colleghi che vanno all'estero o che cambiano spesso ristorante per fare nuove esperienze. Eppure, il lavoro in sala è spesso percepito come un ruolo di ripiego. Cosa diresti a chi la pensa così? Qual è, secondo te, il valore della sala oggi, soprattutto in ristoranti di alto livello?
Penso che il lavoro in sala rappresenti il 50% di un'esperienza all'interno di un ristorante di questo livello. Sfido chiunque ad apprezzare completamente un pranzo o una cena, anche con una cucina divina, se in sala non ci si è sentiti accolti o a proprio agio. Negli anni, il servizio nei ristoranti di alta fascia è cambiato moltissimo. Un tempo i tre stelle erano sinonimo di perfezione assoluta: camerieri tutti vestiti uguali, movimenti eleganti e sincronizzati, un forte distacco tra chi serviva e l'ospite. Era tutto basato sulla precisione e sull'estetica della gestualità. Oggi, però, c'è stata un'evoluzione: la componente umana è diventata il cuore del nostro lavoro. L'empatia con l'ospite e la capacità di offrire un servizio su misura sono gli aspetti più importanti. Nel nostro ristorante, ad esempio, il servizio è estremamente smart, ma attenzione: non significa semplice o approssimativo. Io mi aspetto rigore e precisione al 100% dai miei ragazzi, e mi arrabbio molto se vedo mediocrità. Però non voglio rigidità. Voglio che si sentano liberi di essere autentici e di connettersi con gli ospiti. Alla fine, la maggior parte delle volte vediamo persone uscire con il sorriso, persone che ci chiamano per nome, che ci chiedono i nostri contatti personali. E allora capisci che quelle tre ore non le hanno passate solo mangiando bene, ma vivendo un'esperienza umana, condividendo momenti con delle persone e non con dei "pinguini" (ride, ndr). Mi piace chiamare così i camerieri che seguono rigidamente lo schema classico: divisa impeccabile, distanza, formalità estrema. Per quanto riguarda il viaggiare e fare esperienze, per me è sempre un arricchimento. Vivo con un po' di invidia la situazione dei colleghi che hanno viaggiato molto e visto tanti posti diversi. Questo ti dà la possibilità di capire le esigenze dei clienti in ogni paese, in ogni ristorante, in ogni contesto lavorativo, anche in base allo chef con cui collabori. È sempre formativo vedere realtà diverse e crescere attraverso di esse. Ma alla fine, che tu scelga di viaggiare o di restare in un luogo, ciò che conta davvero è il modo in cui riesci a rendere il servizio unico, umano e memorabile.

Gli obiettivi per il 2025 di Chantal Feletto (e Casa Perbellini)

Per concludere: dopo l'en plein del 2024, cosa dobbiamo aspettarci nel 2025?
Se riuscissimo a mantenerci così, sarebbe davvero un'opera meravigliosa. Ho sempre pensato che l'obiettivo fosse raggiungere la terza stella, ma in realtà la parte più complessa non è arrivarci, è mantenerla. Da adesso in poi, credo che la vera difficoltà sarà mantenere lo standard che abbiamo raggiunto, guardando al nostro lavoro con un occhio ancora più critico e gestendo molte più pressioni rispetto a prima. Per il 2025, il mio obiettivo è proprio questo: mantenere lo standard che abbiamo conquistato.

Casa Perbellini - 12 Apostoli
Vicolo Corticella S. Marco 3 - 037121 Verona
Tel 045 8780860

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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