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Giochiamo ad armi pari

Come successo al colosso immobiliare Evergrande, anche nella ristorazione le attività cinesi hanno adottato alle volte metodi torpidi. Oggi la situazione è cambiata e i locali asiatici si sono meglio integrati nel mercato libero

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
 
22 settembre 2023 | 08:30

Giochiamo ad armi pari

Come successo al colosso immobiliare Evergrande, anche nella ristorazione le attività cinesi hanno adottato alle volte metodi torpidi. Oggi la situazione è cambiata e i locali asiatici si sono meglio integrati nel mercato libero

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
22 settembre 2023 | 08:30
 

Notizia recente dello scorso mese: il colosso cinese Evergrande si trova in difficoltà finanziaria per il crollo delle vendite degli immobili. l gruppo è in crisi dal 2021 e da allora ha accumulato 300 miliardi di debiti, più di qualunque altra azienda al mondo. Ora ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti perché non riesce a pagare i suoi debiti, innescando immediatamente il crollo delle sue azioni su tutte le Borse mondiali. Situazione che fa tremare banche e investitori, non solo di Cina e continente asiatico, ma di tutto il pianeta. Non commento la questione, in quanto non esperto certo di finanza, di borse e di gestione azionaria, ma il contesto mi fa pensare, e ritornare a quelle congiunture di mercato che la nostra ristorazione è venuta a trovarsi alla prima invasione di ristoranti cinesi di oltre un decennio di anni fa.

Giochiamo ad armi pari

Con i ristoranti cinesi non c'è sempre stata una competizione ad armi pari

I prezzi bassissimi di vendita dei loro menù, hanno subito innescato sul nostro mercato una “escaltion” di chiusure di attività italiane, già in grossa difficoltà da uno stato di crisi economica globale. Inoltre inutile dirlo tra noi attori del settore, che la cifra bassa dello scontrino (ovunque, non solo dai cinesi) si riflette sempre sulla qualità e sul personale. I cinesi sono da sempre grandi lavoratori, con famiglie coese alle spalle e un network di contatti molto efficiente, dove marito, moglie, sorella, fratello, madre e padre lavorano incessantemente, sette giorni su sette, dalla mattina presto a notte fonda, cosa naturalmente impensabile per la manovalanza italiana.

Altro malaffare delle allora gestioni cinesi, é che non pagavano le dovute tasse dei profitti , per poi “sparire” nel nulla. Cosa oggi quasi del tutto debellata, grazie anche ai controlli da parte delle nostre autorità preposte, e al senso civico e responsabile, nonché di integrazione di gran parte delle comunità cinesi sorte in Italia.

 

I ristoranti del Dragone in Italia sono 20 mila, secondo un censimento del 2020 , di cui 1500 solo a Milano e poco meno di 800 a Roma, comunque dopo un fisiologico e nuovo assestamento del mercato ristorativo, specie dopo Covid, l’indotto cinese ha subito un calo di un quinto di profitti. E’ vero, ci sono locali cinesi scadenti, ma altri di grande qualità, così come capita in tutte le tipologie di attività ristorative , dalla classica pizzeria al più sofisticato giapponese, ed è per questo che esiste la concorrenza e il mercato libero, con una possibilità di scelta da parte dei cosiddetti "consumatori" sempre più attenti e consapevoli.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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