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Si torna a mangiare a scuola Ecco le mense al tempo del covid

Con l'inizio della scuola la ristorazione che si occupa di servire i pranzi agli studenti ha dovuto adeguarsi alle norme anti contagio, ma senza stravolgimenti. I volumi sono calati e le spese sono incrementate del 20-30%, eppure gli addetti ai lavori vanno avanti come "in missione".

di Federico Biffignandi
 
17 settembre 2020 | 08:30

Si torna a mangiare a scuola Ecco le mense al tempo del covid

Con l'inizio della scuola la ristorazione che si occupa di servire i pranzi agli studenti ha dovuto adeguarsi alle norme anti contagio, ma senza stravolgimenti. I volumi sono calati e le spese sono incrementate del 20-30%, eppure gli addetti ai lavori vanno avanti come "in missione".

di Federico Biffignandi
17 settembre 2020 | 08:30
 

La prima campanella dell’anno è suonata nella maggior parte delle scuole d’Italia con molte incertezze. Tra distanziamento, mascherine, entrate scaglionate, misure di sicurezza sui trasporti pubblici e regole da definire in caso di contagio una delle questioni più delicate da risolvere è stata quella della mensa. Fino a pochi giorni prima del via le aziende ancora non sapevano con certezza come comportarsi, poi il Governo ha dettato le linee ascoltando anche i pareri di chi avrebbe dovuto lavorare tutti i giorni nelle scuole.

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"No" dunque al lunch box inizialmente preventivato e sì al servizio consueto. Una scelta che ha fatto contenti gli addetti ai lavori della ristorazione collettiva i quali non hanno così dovuto cambiare di molto le solite misure prese anche in tempi normali. «L’idea del lunch box - ha detto Massimiliano Fabbro, presidente dell’Anir (Associazione nazionale della ristorazione collettiva) - era una soluzione non percorribile non tanto da un punto di vista tecnico, ma poiché non avrebbe garantito la massima sicurezza del cibo né la sua qualità. Inoltre avrebbe comportato un aumento notevole dei costi, pari a circa il 25-30% in più, che avrebbe aperto un quesito non da poco relativo a chi si sarebbe sobbarcato le spese».

La scelta dunque è stata quella di proseguire con la continuità di un sistema già rodato che ammette eccezioni negli accordi tra appaltatore e dirigente scolastico laddove dovessero verificarsi necessità diverse dalla media. «Il personale - prosegue Fabbro - è stato istruito e formato a dovere e abbiamo avuto la fortuna di aver fatto esperienza diretta sul campo perché anche nel periodo clou della pandemia molte aziende hanno continuato a lavorare, anche in contesti ad altissimo rischio come gli ospedali. È stato anche un modo per provare le tecniche di sicurezza anti-contagio perché non si è verificato alcun caso nel nostro mondo».

Un crash test che non è passato inosservato agli occhi del ministero dell’Istruzione che ha riconosciuto la centralità della ristorazione nell’ambito della vita degli studenti a scuola investendo 85 milioni di euro per la sanificazione degli ambienti, ad esempio. «Siamo consapevoli che il momento del pasto nelle scuole sia centrale per la formazione degli alunni - ha precisato Fabbro - per questo lavoriamo con scrupolo e rispettiamo nei minimi dettagli le misure di igiene e sicurezza imposte per il nostro settore. Le regole a cui dobbiamo attenerci non sono uguali a quelle di un ristorante, ma uguali a quelle della produzione alimentare industriale e quindi ancor più severe. Anche perché se venisse meno il momento della mensa, i ragazzi e le rispettive famiglie si ritroverebbero a dover organizzare ogni giorno il pranzo e siamo certi che non tutti potrebbero vivere questo momento rispettando le principali regole per una corretta alimentazione. Si creerebbero disagi sull’educazione alimentare, ma anche situazioni di disuguaglianza non certo edificanti».

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Orgoglio per il lavoro svolto e entusiasmo per la missione alla quale queste aziende sono chiamate, ma non mancano certo le difficoltà. La riorganizzazione delle classi, degli orari, i timori delle famiglie e l’esperienza del lockdown hanno comportato una riduzione dei volumi pari a circa il 40% secondo alcune stime. E il business è di portata non indifferente se si pensa che la ristorazione scolastica vale poco meno di 2,5 miliardi. La scuola poi ha perso un altro momento di socializzazione perché i bar all’interno degli istituti sono stati chiusi e i distributori automatici tolti per evitare assembramenti nei momenti di picco come la ricreazione.

Ma le singole aziende come vedono questa ripartenza? Entriamo nel cuore di una mensa scolastica attraverso la testimonianza di Massimo Piacenti, amministratore delegato dell’azienda All Food di Terni che serve scuole in 14 regioni d’Italia. «È prematuro fare una valutazione fondata su questo avvio di anno scolastico - spiega - però, pur in un quadro di difficoltà, la sensazione è che siamo ripartiti con il piede giusto. L’obiettivo è quello di proseguire con grande attenzione, rispettando tutti i protocolli e essendo pronti a gestire in collaborazione con le scuole eventuali e probabili situazioni critiche, focolai. Per restare nelle linee guida abbiamo potenziato il personale e adeguato le nostre strutture, effettuato sopralluoghi in tutte le scuole, sistemato la logistica e questo comporterà un incremento delle spese del 20-30% rispetto agli anni precedenti. Ma per noi è una missione e continuiamo a lavorare con la speranza che il nostro lavoro non venga più sottovalutato».

Regole in breve

Cosa dice il ministero della Pubblica istruzione rispetto alle mense nella scuola post covid-19? Facciamo il punto riguardo ai nodi e ai fraintendimenti rispetto alle normative uscite in estate:
 
-    il cibo non è veicolo di virus (come sottolineato dall’Oms), perciò non esiste alcun obbligo per le scuole di utilizzare le monoporzioni (Comitato tecnico scientifico; Linee guida del Ministero dell’Istruzione; Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica (Siti);
-    nel rispetto del distanziamento, i refettori interni agli edifici scolastici sono l’opzione migliore per i bambini;
-    è necessario consumare il pasto in aula quando il refettorio è stato requisito per la didattica, oppure se le turnazioni in mensa non bastano;
-    è obbligo l’uso delle mascherine e l’utilizzo dei guanti per gli addetti al servizio;
-    il lunchbox e le monoporzioni per il servizio in classe sono da considerarsi soluzione in extremis nel caso tutte le altre opzioni fossero impossibili;
-    i bambini non possono toccare la caraffa d’acqua. Le scelte posso essere: l’utilizzo di brocche dell’acqua servite dagli adulti, borracce personali (definendo, in accordo con le asl, un protocollo di igiene che le famiglie dovranno adottare per pulirle) e, in extremis, l’uso delle bottigliette in plastica.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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