Con oltre il 60% degli alberghi ancora chiuso e la maggior parte di quelli aperti che per la debolezza della domanda non ha potuto richiamare in servizio la totalità dei lavoratori, la proroga della cassa integrazione non è più procrastinabile.
Il settore è stato uno dei primi e certamente dei più duramente colpiti dalla crisi comparto. A partire dalla fine di febbraio, una situazione di fermo assoluto dell’attività su tutto il territorio nazionale a causa dell’emergenza epidemiologica ha costretto ben oltre il 95% delle aziende a chiudere con oltre il 96% dei lavoratori, più di 173mila, costretti alla cassa integrazione. Le 18 settimane previste sono quindi per molti già scadute e comunque scadranno a breve per tutti. Una situazione drammatica per imprese e lavoratori che, dopo la lunga attesa per l’erogazione della cassa, ora rischiano di rimanere “scoperti“.
Il mondo degli alberghi chiede ancora cassa integrazione
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Non possiamo permetterci ulteriori ritardi - dichiara
Maria Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi -
aziende e lavoratori stanno aspettando la proroga della cassa integrazione. Per le nostre aziende, che hanno dovuto fare ricorso agli ammortizzatori sociali fin dai primi giorni di marzo, le 18 settimane previste sono terminate o prossime all’esaurimento. Il rischio è quello di lasciare per strada migliaia di lavoratori. Molte aziende, infatti, si trovano nella situazione di aver già esaurito o
quasi terminato le 18 settimane di Cig. Ci aspettavamo un intervento in tal senso in questi giorni, ma purtroppo nonostante le rassicurazioni del Governo, le nostre aspettative sono state disattese».
Il
ricorso agli ammortizzatori sociali è indispensabile per il settore che continua a vivere una situazione drammatica come dimostra il monitoraggio settimanale di Confindustria Alberghi. Le poche strutture che coraggiosamente hanno deciso di aprire denunciano una forte contrazione dell’occupazione camere e rispetto allo scorso anno, mentre le città d’arte, dove le presenze sono massicciamente legate al mercato internazionale, sono ancora ferme da febbraio.
«Chi sceglie di aprire le proprie strutture oggi lo fa pur non avendo “visibilità” per i prossimi mesi. Le rassicurazioni sull’estensione della cassa a tutto il 2020 sono state molte ma ancora ad oggi, le aziende non hanno alcuna certezza e questo sta condizionando ulteriormente il settore che rischia di rimanere schiacciato dalla morsa della crisi e dei ritardi negli aiuti promessi. Oltre alla proroga della Cig, già da tempo avevamo richiesto interventi di supporto per incentivare, almeno in questi mesi estivi la riapertura delle strutture, misure di riduzione del costo del lavoro, sia per le aziende che richiamano il personale dagli ammortizzatori sociali, sia per le nuove assunzioni delle aziende stagionali, ma ormai a metà luglio, ancora non abbiamo avuto risposte», conclude la Colaiacovo.