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Contagi e locali, il grido dei cuochi: Riferimenti gravi, non siamo untori

Chef e addetti al catering rispondono al servizio di ieri sera del Tg1 in cui è sembrato passare il messaggio che mangiare al ristorante fosse quasi certezza di contrarre il covid-19.

di Sergio Cotti
 
15 maggio 2020 | 17:28

Contagi e locali, il grido dei cuochi: Riferimenti gravi, non siamo untori

Chef e addetti al catering rispondono al servizio di ieri sera del Tg1 in cui è sembrato passare il messaggio che mangiare al ristorante fosse quasi certezza di contrarre il covid-19.

di Sergio Cotti
15 maggio 2020 | 17:28
 

«Se l’obiettivo è quello di distruggere la ristorazione italiana, ebbene sappiano che ci stanno riuscendo». Daniel Canzian, socio Euro-Toques e titolare del Ristorante Daniel di Milano, non usa giri di parole per stigmatizzare il messaggio che è sembrato passare ieri sera in un servizio del Tg1 delle 20, secondo cui mangiare in un locale pubblico sia una quasi certezza di contrarre il covid-19. Cuochi e ristoratori non ci stanno ad essere considerati come untori, e non solo perché stanno investendo tanto per rendere i loro locali più sicuri e confortevoli per i clienti alla riapertura delle prossime settimane. Pranzare o cenare al ristorante non sarà affatto più pericoloso che andare in qualsiasi altro negozio o su un mezzo pubblico, anzi: con le prescrizioni così ristrettive che sono state pensate per il settore, l’accesso ai locali pubblici sarà viceversa molto più sicuro che in tanti altri luoghi aperti al pubblico.

Enrico Cerea, Daniel Canzian, Filippo La Mantia, Giuseppe Martino e Sandro Baldi Contagi e locali, il grido dei cuochi: Riferimenti gravi, non siamo untori

Enrico Cerea, Daniel Canzian, Filippo La Mantia, Giuseppe Martino e Sandro Baldi

«La situazione è gravissima», dice ancora Canzian, che commenta anche l’inutile (e dannoso) riferimento che il servizio del Tg1 ha fatto rispetto ai buffet, che peraltro in Italia non si vedranno né al bar, né al ristorante e neppure in albergo per chissà quanto tempo: «Se davvero i buffet rappresentano la più alta forma di contagio – dice – vuol dire che anche i banchi di frutta e verdura dei supermercati hanno lo stesso problema, però nessuno ne parla. Se ce l’hanno con la ristorazione, basta dirlo; per questo lancio un appello a tutti i miei colleghi: uniamoci per il bene di tutti, perché perdere la ristorazione sarebbe un danno irreversibile».

Dalla provincia di Bergamo, il tristellato Enrico Cerea, socio Euro-Toques e chef del ristorante Da Vittorio di Brusaporto (Bg), ricorda come l’intero settore sia ancora in attesa delle direttive definitive, «e invece di ragionare su come riaprire, si va a mietere terrore di cui non c’è affatto bisogno. Per quanto ci riguarda - dice - noi non adotteremo il buffet fino a quando le autorità non ce lo permetteranno (e per ovviare a ciò il ristorante ha riconvertito parte della sua attività, dedita appunto al catering, ndr). Ci stiamo dando da fare per osservare tutte le regole, di più non sappiamo cosa fare. Ciò che mi rincuora e mi fa ben sperare è che il nostro ristorante di Shanghai, adottando tutte le necessarie precauzioni, ha ripreso a lavorare agli stessi livelli del pre-virus».

Un’iniezione di fiducia che serve come il pane all’Italia. «Quel servizio faceva riferimento alla situazione di un locale in Giappone dove non era stata presa alcuna precauzione - interviene Filippo La Mantia, socio Euro-Toques e titolare dell’omonimo ristorante di Milano - Detto questo il ristoratore non deve passare come l’untore, ci stiamo impegnando tanto, anche economicamente, per attrezzarci e stiamo ripensando del tutto al nostro lavoro. Il buffet era il mio punto di forza da 18 anni e ora non lo faremo più. Nei ristoranti che apriremo i menu saranno scaricati sui telefonini dei clienti, sui tavoli non ci saranno oliere né saliere e nel caso, sarà il nostro personale, protetto al 100%, a fornire quanto necessario».

Il servizio a buffet sparirà anche in albergo: «Noi lo abbiamo abolito per tutto l’anno», dice Giuseppe Mancino, chef 2 stelle Michelin del ristorante Il Piccolo Principe al Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio (Lu). «Posto che le regole di cui si sente parlare ammazzano la convivialità, noi cercheremo di ricreare la stessa esperienza per i nostri clienti, anche con il servizio al tavolo. Ci sarà una grande scelta di prodotti e si sceglierà alla carta, come al ristorante, altrimenti direttamente in camera».

Insomma, una rivoluzione per le prime colazioni. Chi invece lavora esclusivamente nel catering, come Sandro Baldi, titolare de Lo Scalco Ricevimenti di Firenze (e consigliere dell’Associazione nazionale banqueting e catering) il futuro è, se possibile, ancora più incerto: «Sto vivendo le preoccupazioni anche dei miei colleghi ristoratori - dice - Ad oggi non abbiamo nulla di sicuro: non abbiamo una data di riapertura e non si parla affatto di eventi». Sui buffet Baldi ammette: «Possono costituire un problema, perché il cibo è a contatto con i clienti. Una soluzione potrebbe essere quella di abolire il giro del cameriere tra i commensali e di servire, magari al tavolo, piattini monoporzione».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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