È la settimana di Pasqua e sono questi i giorni in cui gli italiani tradizionalmente si dedicano agli acquisti di uova e colombe. Quest’anno, con le pasticcerie chiuse per decreto come ristoranti, bar e altri negozi, acquistare i dolci tradizionali pasquali è diventata impresa pressoché impossibile, tanto che secondo un'analisi di Coldiretti, il 54% delle famiglie resterà senza uova di cioccolato, optando per preparare in casa i dolci della tradizione. Anche per questo ormai da più fronti stanno arrivando richieste al Governo affinché – almeno nei giorni che precedono la Pasqua – l’Esecutivo dia la possibilità alle pasticcerie di aprire.
In tutta Italia le pasticcerie chiedono di riaprire almeno per Pasqua
Tra le prime ad intervenire in questo senso è stata l’Associazione provinciale dei pubblici esercizi di Padova, che ha sollevato anche un’altra questione: «Quello che sta succedendo in questi tempi di bui di coronavirus non è giusto – la vicepresidente
Federica Luni – Nei panifici si vende di tutto, colombe, uova di cioccolato, focacce e biscotti di tutti i tipi. Le pasticcerie, invece, devono restare chiuse, anche perché quasi sempre sono anche bar con servizio al banco e al tavolino». La richiesta, un po’ in tutta Italia, è quella di riaprire come forno per pasticceria, con il solo servizio a domicilio, da una parte per offrire ai clienti la possibilità di acquistare prodotti artigianali freschi, e dall’altra per provare a recuperare un po’ del fatturato perso in queste ultime settimane.
Ora sulla questione è intervenuta la Confartiginato del Piemonte, che ha stimato in 34 milioni di euro (solo dalle parti di Torino) il mancato introito per il settore. Da qui, su proposta dei maestri pasticceri piemontesi, la richiesta al Governo di rivedere l’interpretazione del decreto in base al quale le imprese artigiane di pasticceria sono obbligate alla chiusura, senza la possibilità di vendere i loro prodotti neppure a domicilio. Per
Alessandro Del Trotti, referente dei pasticceri di Confartigianato Piemonte, si tratta di una «assurda discriminazione rispetto ai negozi e alla grande distribuzione, ai quali è permessa la commercializzazione dei prodotti dolciari».
Ma a lamentarsi sono anche le grandi aziende, come Maina e Balocco, che vendono i loro prodotti proprio nei supermercati e che lamentano riduzioni di incassi fino al 30% e annullamenti di ordini in tutto il Paese.
A sollevare il problema, qualche giorno fa, è stato anche
Iginio Massari, maestro pasticcere tra i più apprezzati al mondo, che ha deciso di lanciare un appello proprio al premier Giuseppe Conte attraverso una lettera, pubblicata sulla sua pagina Facebook, chiedendo maggiori tutele nei confronti delle piccole e medie imprese, dei professionisti, degli artigiani e dei titolari delle partite Iva.
Nel frattempo c’è chi fa di necessità virtù e si organizza come può: c’è chi come i pasticceri campani Sal De Riso e De Vivo vendono le loro colombe online e chi, come la
pasticceria milanese Clivati 1969 dà la possibilità di acquistare un’unica colomba da condividere con i familiari distanti, ordinando sui principali servizi di delivery mezza colomba da 1kg per noi, e con un nuovo ordine l’altra metà da inviare ad un’altra persona. E l stesso vale per Loison che ha avuto un
notevole boom di richieste in questi giorni proprio on line.
Ma nonostante ciò, sarà comunque una Pasqua anomala: più della metà delle famiglie italiane faranno a meno, secondo Coldiretti, delle uova di cioccolato e prepareranno a casa in tavola i dolci della tradizione regionale. Non è un caso che settimana scorsa si è verificato un balzo record negli acquisti degli ingredienti base dalla farina (+213%) al lievito di birra (+226), dal mascarpone (+100%) al miele (+68%), dal burro (+86%) allo zucchero (+55%) fino alle uova (+54%), mentre si segnala un calo tra il 30 e il 40% dei ricavi della vendita di uova di cioccolato e colombe, come lamentano anche le grandi industrie che le producono.