In attesa del decreto di aprile - nel quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato lo stanziamento di una nuova cifra imponente, “non inferiore a 50 miliardi di euro” - e degli esiti del confronto parlamentare sul dl Cura Italia e sul dl liquidità, l’attenzione di questi giorni è concentrata soprattutto sull’avvio dell’ormai fatidica fase 2. Che si vada verso un allentamento del lockdown a partire dal 4 maggio, sembra ormai certo. L’Italia ha bisogno di ripartire al più presto, i dati sulla diffusione del virus sono incoraggianti e le pressioni che arrivano dalle Regione (soprattutto quelle del nord) e da tutte le categorie produttive sono altissime.
Vittorio Colao
La scommessa è quella di riuscire gestire la ripartenza in modo tale da non vanificare gli sforzi fatti in quasi due mesi di isolamento, per evitare un pericoloso passo indietro che potrebbe rivelarsi fatale anche per i conti pubblici, oltre che per decine di migliaia di attività e di lavoratori.
Al lavoro, da giorni, il comitato economico guidato dall'ex amministratore delegato di Vodafone,
Vittorio Colao, cui spetta il compito di definire il piano della fase 2. I dati raccolti finora suggerirebbero di riaprire alcune filiere già dal 27 aprile. Dalla moda all’automotive, dai mobilifici alle esportazioni: tutti comparti dove il rischio di contagio è molto basso. L’ultima parola spetterà al Governo, e la sensazione è che, se ciò avverrà, sarà per poche eccezioni, vista la determinazione del premier a pensare alla fase due solo a partire dal 4 maggio. D’altronde Conte è stato chiaro: « Mi piacerebbe poter dire: riapriamo tutto. Subito. Ripartiamo domattina. Ma sarebbe irresponsabile. Farebbe risalire la curva del contagio. Non possiamo permetterci di agire affidandoci all'improvvisazione».
Una riunione tra Governo e comitato economico per prendere una decisione a tale proposito potrebbe esserci entro domattina, prima del Consiglio europeo, cui prenderà parte il presidente del Consiglio. La bussola, ha ricordato ancora il Premier, è quella di un allentamento graduale delle misure "sulla base di un piano ben strutturato e articolato". Mascherine e distanziamento sociale saranno dunque obbligatori fino a quando non saranno disponibili una terapia e un vaccino in grado di sconfiggere il virus.
Il piano nazionale dovrà prevedere un rafforzamento delle reti sanitarie, l’intensificazione della presenza di Covid hospital,
l’uso corretto dei test e il rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti sospetti. Ma, soprattutto, un programma di progressive riaperture (dunque, non tutte subito, come scriviamo da tempo) e omogeneo su base nazionale, un’indicazione, questa, che dovrebbe sgomberare il campo da possibili ripartenze differenziate a seconda delle regioni d’Italia.
A confermarlo, questa mattina, la ministra dei Trasporti
Paola De Micheli: Oggi cominciamo ad approfondire i risultati di studi e analisi per conciliare protezione e voglia di tornare a lavorare, in questo modo avremo modalità e date – ha detto – La riapertura sarà uniforme su scala nazionale. Le regole saranno uguali per tutta Italia. Ma se rileviamo che in aree di una regione aumentano i contagi, la reazione dovrà essere territoriale».
Per treni, metro, aerei e bus sono previsti tempi lunghi d'attesa e percorsi obbligati. Inoltre si tenterà - ha spiegato il ministro delle Infrastrutture De Micheli - "di massimizzare la possibilità di fare biglietti con strumenti elettronici". Cambieranno anche gli orari di lavoro per evitare assembramenti. Sul tema della sicurezza, il premier Conte ha chiarito anche che l’app Immuni "sarà volontaria senza pregiudizi", venendo incontro alle richieste di maggioranza e opposizione. L'attenzione è altissima soprattutto sul fronte della mobilità.
Su questo sta concentrandosi in queste ore anche il dibattito politico: nella maggioranza, il Partito Democratico ha chiesto chiarezza sulle regole per fabbriche e lavoratori in tempi celeri: far partire alcuni settori produttivi e non altri potrebbe creare una lacerazione controproducente. Da qui la frenata sull'eventualità di dare via libera solo ad alcuni comparti e la possibilità che si partirà in maniera omogenea.
Escludendo però ristoranti, bar e altre attività maggiormente più a rischio.
A scalpitare c’è invece Italia Viva, che con
Matteo Renzi auspica da tempo una ripartenza: «Non serve una classifica di chi parte prima o dopo – ha detto l’ex premier – Meglio attivarsi per sanificare tutti gli ambienti di lavoro, ma sono necessarie comunicazioni subito». Una posizione condivisa anche dalla ministra alle Politiche agricole, Teresa Bellanova, secondo cui “adesso non è più giustificato alcun ritardo”.
Oltre alle fibrillazioni all'interno del Movimento 5 stelle sul Mes, c’è da fare i conti con il malessere di molti senatori del Pd che nella riunione del gruppo che si è tenuta martedì hanno rimarcato un crescente scollamento con il governo e sottolineato alcune criticità, a partire dalla carenza di misure legate sul Mezzogiorno.