Sono due i riconoscimenti conquistati da Davide Oldani sulla nuova Guida Michelin 2021, presentata questa mattina in diretta streaming. Il suo D’O di San Pietro all’Olmo (Mi) ha ricevuto la seconda stella (insieme all’Harry’s Piccolo di Matteo Metullio e al Santa Elisabetta di Rocco De Santis) e anche la “stella verde”, che premia l’impegno a favore della sostenibilità.
Oldani, unico cuoco presente fisicamente alle premiazioni a differenza dei suoi colleghi collegati da remoto, ha potuto ricevere il premio “green” direttamente dalle mani della campionessa olimpionica di nuoto Federica Pellegrini, scelta dalla Michelin come Ambassador.
Davide Oldani indossa la giacca con le due stelle
Già ambasciatore dell’Expo e cuoco del Villaggio Olimpico 2016, il 53enne Oldani è una forza della natura, una fucina di idee, un cuoco e imprenditore instancabile. Nel 2012 il pubblico lo ha premiato votandolo nel
sondaggio annuale di Italia a Tavola, eleggendolo
Personaggio dell’anno per la categoria Cuochi con 9.303 preferenze.
Tra i suoi ultimi progetti e obiettivi raggiunti, ricordiamo la
partnership con Camparino in Galleria a Milano dove ha sviluppato un innovativo concetto di cucina creato intorno al
cocktail pairing, l’ingresso nella
Guida Le Soste 2020, il rilancio di
Palazzo Borromeo d’Adda a Milano per dare vita ad un nuovo concetto di ospitalità all’italiana.
Questa la
motivazione della seconda stella assegnata oggi dalla Michelin: “Cenare nel suo ristorante significa conoscere Davide Oldani in una dimensione nuova, densa di ricordi gastronomici ed emozionanti esplorazioni”.
«Sto tremando - ha commentato a caldo Oldani - sono felice per i ragazzi che mi accompagnano in questa
avventura nata 17 anni fa con la cucina democratica. E sono orgoglioso per il riconoscimento sulla
sostenibilità che per me spazia dalla tracciabilità del cibo all’aiuto ai pescatori e ai cacciatori, oltre che nella valorizzazione di materie prime stagionali».
«Ho
investito tanto sui ragazzi - aggiunge Oldani - nel 2017 con la collaborazione all’apertura dell’Istituto alberghiero di Cornaredo, e poi al ristorante, dove imposto i turni in modo sostenibile. La domanda che mi sono sempre fatto, conoscendo i ritmi di questo mestiere, è: perché noi cuochi dobbiamo patire per un lavoro che amiamo? Io non voglio che i giovani si affaccino a questo mondo e pensino che avranno una vita dura, impossibile.
Voglio che abbiano del tempo libero, che facciano sport. Non sei un buon cuoco se lavori 15 ore al giorno, lo sei se rendi giustizia al tuo team».
Oldani conclude dicendo che questa seconda stella per lui «
vale come una laurea ad Harvard: io in quell’università ci sono stato, invitato per raccontare la case history del D’O, ristorante stellato ma accessibile. Oggi mi sembra di salire ancora più in alto».
Per informazioni:
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