Il caso Qui!Group prosegue. La Commissione Bilancio della Camera ha dichiarato l’inammissibilità delle imprese della ristorazione ai 20 milioni di euro previsti nel Ddl Concretezza. Fondi quelli rimasti riservati alle amministrazioni “vittime” del crack della emettitrice di buoni pasto fallita.
In particolare, in
discussione è il rimborso relativo al servizio sostitutivo di mensa che gli esercenti hanno reso in favore dei dipendenti pubblici.
«Questa decisione della Commissione Bilancio della Camera, motivata dalla “mancanza di coperture”, è incomprensibile e ingiustificata - ha dichiarato
Roberto Calugi, direttore generale di
Fipe - non ha logica parlare di assenza di copertura in quanto il fondo dei 20 milioni di euro è alimentato dalle somme escusse dalla cauzione rilasciata in fase di assegnazione della gara. In questo modo, come si capisce, non vi è alcun esborso di denaro pubblico. Fipe ha seguito fin dal primo istante la vicenda Qui!Group e si è adoperata per salvaguardare i diritti delle imprese della ristorazione. Abbiamo incontrato tutte le forze politiche, abbiamo spiegato la grave situazione in cui versano le imprese che hanno fornito pasti ai dipendenti pubblici a fronte della presentazione di buoni emessi da Qui!Group, la società scelta dalla Consip. In cambio della serietà con cui hanno continuato a servire pasti ai dipendenti pubblici nonostante le inadempienze di Qui!Group, le nostre imprese vengono ancora una volta lasciate a se stesse».
«Le imprese della ristorazione e
Fipe che le rappresenta - ha aggiunto
Aldo Cursano, vice-presidente della Federazione - si aspettavano dal governo un atteggiamento diverso: è lo Stato che ha creato il problema, con la gestione di gare Consip al massimo ribasso del valore facciale del buono e ci aspettiamo dallo Stato un’assunzione di piena responsabilità. Oggi, purtroppo, questa decisione della Commissione della Camera mette a dura prova la nostra fiducia nella politica. Oggi, vengono calpestati i diritti di imprenditori e lavoratori che per anni hanno lavorato e fornito un servizio al loro meglio e oggi si trovano defraudati, nessun riconoscimento del loro lavoro, e un bilancio d’impresa al quale mancano i denari di un servizio prestato che nessuno gli riconosce. Chiediamo che venga riattivato immediatamente il tavolo di crisi al Ministero dello Sviluppo Economico, fermo ormai dallo scorso settembre e mai più riconvocato, nonostante le promesse».