Dopo aver parlato della difficoltà dei giovani cuochi di rimanere nelle cucine dei ristoranti a lungo, ora è la volta di chi tenta la carriera “in sala”, dove la situazione non sembra migliore. Anche in questo caso, colpa in buona parte dei falsi miti creati dalla televisione, ma anche della formazione nelle scuole, carente.
Come fatto per i cuochi e i ristoranti, anche in questo caso - aldilà di numeri, rapporti, indagini, sensazioni - non c’è niente di più efficace e concreto che andare direttamente da chi vive tutti i giorni queste situazioni per farsi raccontare il reale stato dell’arte del settore.
Per
Andrea Luri, direttore generale di CastaDiva Resort &Spa, 5 stelle lusso a Blevio, sul lago di Como, se un dipendente non funziona la prima cosa da chiedersi è quali errori ha fatto il manager. «Il problema di fondo - spiega - è però a monte. Le scuole alberghiere non formano più e ormai la stragrande maggioranza degli studenti si iscrive inseguendo il falso mito di una notorietà a portata di mano, dietro l’angolo. Certo è che quando troviamo addetti in gamba li teniamo stretti. In linea di massima andiamo alla ricerca di persone con una sviluppata intelligenza emotiva, empatiche, oneste e in grado di capire cosa chiede l’ospite. Trovati questi fondamentali, siamo noi a sviluppare le caratteristiche tecniche. Questa è una professione delicata, che richiede flessibilità e senso di adattamento. Purtroppo il concetto di servizio, quello tradizionale di servire gli altri, per molti è duro da digerire».
Andrea Luri
Formazione e sviluppo delle risorse umane sono punti fermi anche per
Ezio Indiani, delegato nazionale European hotel managers associaton e general manager dell’Hotel Principe di Savoia di Milano. «La nostra area Risorse umane - racconta - dispone di 5 professionisti che si dedicano alla selezione e alla seguente formazione del personale nell’ambito di un piano articolato, specifico, a seconda delle mansioni. È comunque fondamentale che la filosofia aziendale venga assorbita. Nella pratica, “l’engagement”, il singolo coinvolgimento, è importantissimo per sapersi rapportare all’ospite. Quando si valuta un candidato, le esperienze pregresse vengono soppesate, ma non sono vincolati. Di rilievo invece le attitudini come la positività, l’apertura mentale, la predisposizione nei confronti della clientela. La tecnica si insegna, ma un’indole caratteriale può essere un problema. Per questo, in fase di selezione, i candidati devono superare diverse soglie di sbarramento».
Ezio Indiani
«Il personale qualificato è difficile da trovare - ribadisce
Alessandro D’Andrea, presidente Ada, Associazione direttori albergo, e general manager del Senato Hotel Milan - soprattutto oggi, con una clientela sempre più globale ed esigente, è necessario vantare competenze specifiche. Inoltre in molti, a torto, ritengono che alcune mansioni alberghiere siano facili. Per questo ci si deve tutelare con selezioni accurate e colloqui approfonditi per evitare di fare passi falsi. La gestione “amministrativa” del personale in Italia è molto complicata e penalizzante. Un altro aspetto da sottolineare è la gestione delle risorse umane sul luogo di lavoro. Bisogna creare un ambiente sereno dove ci si possa esprimere senza stress, in modo fluido, impostando un circolo di virtuoso benessere con l’ospite. Un benessere diffuso».
Alessandro D'Andrea
Anche
Silvio Moretti, direttore area relazioni sindacali, previdenziali e formazione della Fipe Federazione italiana pubblici esercizi, sottolinea la difficoltà nel reperire personale qualificato, in particolare per quanto riguarda le mansioni di cuoco, pizzaiolo e addetto sala. «I nostri associati - commenta - lamentano il fatto che spesso i corsi di formazione non immettono sul mercato professionisti in grado di essere subito operativi. Il che implica per l’azienda una perdita di tempo e di risorse per effettuare corsi interni dedicati. Soprattutto in alta stagione l’esigenza è quella di reperire personale già pronto». Il comun denominatore che emerge da queste testimonianze riporta alla natura dell’universo Horeca, così segmentato che anche chi ha già lavorato nel settore non rappresenta necessariamente una garanzia per un datore di lavoro. Le prove sul campo, manuali o attitudinali che siano, sono le carte che devono giocare tutti.
Silvio Moretti