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Pizzaioli italiani all’estero, che “eroi” Mixano cultura tricolore e gusti locali

È street food, occasione di convivialità, è mitica: è la pizza. Realtà non soltanto italiana; realtà mondiale. E mentre delle pizzerie italiane presumiamo di sapere quasi tutto, ignoriamo le pizzerie italiane all’estero. Quante pizzerie italiane, ovvero con proposte di pizze della tradizione italiana, esistono nel mondo?.

22 ottobre 2017 | 09:15
Pizzaioli italiani all’estero, che “eroi” 
Mixano cultura tricolore e gusti locali
Pizzaioli italiani all’estero, che “eroi” 
Mixano cultura tricolore e gusti locali

Pizzaioli italiani all’estero, che “eroi” Mixano cultura tricolore e gusti locali

È street food, occasione di convivialità, è mitica: è la pizza. Realtà non soltanto italiana; realtà mondiale. E mentre delle pizzerie italiane presumiamo di sapere quasi tutto, ignoriamo le pizzerie italiane all’estero. Quante pizzerie italiane, ovvero con proposte di pizze della tradizione italiana, esistono nel mondo?.

22 ottobre 2017 | 09:15
 

È street food, occasione di convivialità, è mitica: è la pizza. Realtà non soltanto italiana; realtà mondiale. E mentre delle pizzerie italiane presumiamo di sapere quasi tutto, ignoriamo le pizzerie italiane all’estero. Quante pizzerie italiane, ovvero con proposte di pizze della tradizione italiana, esistono nel mondo?.

Ordine di grandezza: le decine di migliaia. Quante di queste sono veramente portatrici della grande tradizione della pizza napoletana? Laddove per “veramente” vuole intendersi: competenze diffuse (forno e sala), utilizzo di prodotti italiani con congrua periodicità di approvvigionamento (si pensi soprattutto al fresco), tensione alla formazione continua, gradimento da parte di clientela esigente. Insomma, in breve, quante (ordine di grandezza) sono le vere eccellenti pizzerie italiane all’estero? Ordine di grandezza: la decina.

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

A fronte di overview e survey, meticolosa l’analisi e laboriosa la sintesi, si presenta un interessante scenario delle vere eccellenti pizzerie italiane all’estero. Survey in 4 continenti su 36 pizzerie italiane. 13 in America, 7 in Asia, 4 in Oceania, 12 in Europa. Delle 13 americane, ben 8 negli Usa, di cui 3 a San Francisco. Le 7 asiatiche sono localizzate 3 in Cina e 4 in Giappone. L’Oceania è praticamente identificata con l’Australia, di cui ben 3 a Sydney. 10 i Paesi europei.

Survey guidato da approccio metodologico che ha voluto privilegiare sguardo attento sui principali stakeholders, primi fra tutti i fornitori, suddivisi tra fornitori Non food e fornitori Food. Nell’ambito del Non Food emerge la presenza di prodotti italiani, principalmente per forno a legna, impastatrice, abiti da lavoro. Laddove possibile si acquista in filiera corta direttamente dal produttore, altrimenti ci si rivolge a rivenditori locali.

Ben precise le informazioni che ci fornisce Anthony Mangieri, patron della pizzeria Una Pizza Napoletana, in San Francisco: «Il forno e le oliere sono stati acquistati direttamente dai produttori. Le pale di legno ed il banco di lavoro sono stati da me ideati e costruiti. I calici ed i piatti provengono dall’Italia».

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

Per quanto attiene al Food, non varia l’impostazione prevalente, ovvero approvvigionamenti direttamente dall’Italia ma diviene più frequente, soprattutto nelle realtà asiatiche, la presenza di warehouse, ovvero di grossisti rivenditori. In particolare, di pressoché esclusiva provenienza dall’Italia sono le farine, la Mozzarella di Bufala, i Prosciutti ed i Pomodori San Marzano. Verdure ed ortaggi, in funzione di reperibilità e disponibilità, necessariamente in loco.

Restiamo negli Usa, ma dalla California andiamo nell’Illinois, precisamente a Chicago, nella pizzeria Forno Rosso il cui patron Nick Nitti precisa che: «La stragrande maggioranza delle forniture food sono acquistate tramite compagnie che lavorano con i produttori in Italia, favorendo così una migliore conservazione del prodotto nei loro warehouse ben organizzati con attrezzature adatte al mantenimento della freschezza dei vari prodotti che utilizziamo, quali il fiordilatte, la Mozzarella di Bufala (arrivi bisettimanali), la farina, i Pomodori San Marzano, altri formaggi vari, gli insaccati (prosciutti cotti e crudi) ed i prodotti secchi e sott’olio».

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

In Australia, e precisamente in Sydney, alla pizzeria Al Taglio Art of Pizza, il patron Enrico Sgarbossa evidenzia il trend in atto: «Anni fa, si trovava tanta spazzatura che veniva mandata dall’Italia per svuotare magazzini. Oggi invece, c’è molta più serietà, e maggiore attenzione alla qualità da parte dei ristoratori pizzaioli. Ovviamente la qualità si paga e purtroppo con circa due mesi di viaggio i costi sono superiori ed il prodotto può anche lievemente alterarsi. Si prenda il caso della farina: un container refrigerato ha un costo superiore a quello non refrigerato. La scelta del grossista / importatore, quindi, è dettata dalla sua etica professionale».

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

In Russia, a Mosca, ascoltiamo Valentino Bontempi patron della PiNzeria By Bontempi: «Anche a causa delle sanzioni, il fresco, verdure e carni, me ne approvvigiono qui in loco e posso garantire che la qualità è eccellente. Per ingredienti quali pomodori, olive, capperi, olio e farine, sono tutti rigorosamente italiani. Qualcosa importo personalmente ed altro compero qui da rivenditori». Altro stakeholder di importanza fondamentale: il personale. I numeri sono mediamente più alti della media delle pizzerie in Italia. Siamo nella media di 40 dipendenti. Negli Usa sono nella gran parte italiani già residenti. Anche in queste realtà, come in Italia, si palesa la difficoltà nel recruiting. Due le cause principali: l’incompetenza e l’assenza di passione. Ancora Valentino Bontempi: «Il personale viene prima selezionato, poi istruito ed infine inserito nel team. Ho una mia piccola scuola interna. Italiani siamo solo io in qualità di chef e mio fratello in qualità di pasticciere. Con me attualmente lavorano poco più di 50 dipendenti».

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

Altro stakeholder di importanza somma: il cliente. Pressoché in tutte le pizzerie vi è percezione che la clientela tragga il gradimento massimo dall’esperienza che vive nel locale. Vi è clientela affezionata, talvolta competente, con conoscenza anche dei prodotti Dop e talvolta, sebbene entusiasta, comunque incompetente. Ancora Valentino Bontempi: «La mia clientela è vasta ed in prevalenza medio alta. Il personale diplomatico delle ambasciate viene da me frequentemente. Il mio cliente russo è molto preparato in quanto, viaggiando spesso in Italia, sa oramai distinguere un prodotto di buona qualità da un prodotto scadente. Percepisco un buon indice di gradimento».

Interessante anche la numerica delle pizze sfornate quotidianamente. I numeri, sebbene non altissimi, sono comunque nella media ragguardevoli: circa 250. In molte pizzerie il picco lo si tocca il sabato sera, sebbene in qualche realtà cominci invece ad aversi picco il venerdì sera. Clientela composita: coppie, doppie coppie, famiglie, tavolate. Ritorniamo a Chicago, ma questa volta da Jonathan Goldsmith, patron della pizzeria Spacca Napoli: «Io inforno tra le 300 e le 650 pizze al giorno. È il sabato, soprattutto in estate, il giorno più affollato. La pizza più richiesta? La margherita, senza dubbio alcuno». La margherita risulta essere ovunque la pizza più venduta.

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

Tutti hanno la carta dei vini e per tutti la scelta più ampia è costituita dai vini campani. Il Byob non sempre è praticato e, nei fatti, anche quando è praticato viene vissuto malvolentieri. Emblematico il caso di Daniele Salvo, patron della pizzeria Bottega a Pechino: «Hai toccato un tasto dolente. In Cina per legge il cliente può portarsi la bottiglia da casa ed il ristoratore è tenuto ad aprirla senza determinate condizioni di pagamento. Ma ultimamente, avendo costi fissi elevati, molti ristoratori si rifiutano di servire la bottiglia di vino, consapevoli del rischio di perdere il cliente. Si era arrivati al punto che l’80% della clientela locale portava vino al ristorante, spingendo i ristoratori ad alzare i prezzi del food».
 
Circa la metà delle pizzerie ha le gift card. Ed analizziamo, interessanti gli scenari, come si comportano i patron di queste pizzerie al cospetto della rete e dei social media. Invitati ad esprimere giudizio sul loro website, con voto da 1 a 5, due i 3, due i 4 e per tutti gli altri un high score. Effettivamente, sono siti ben fatti, accuratamente aggiornati e molti di essi, soprattutto negli USA; consentono la reservation online. A proposito di prenotazioni, c’è chi fruisce di Uber per prenotazione di take away e chi adopera Open Table dichiarandosi soddisfatto.

Il social più adoperato è Facebook; in Cina, sia wechat che weibo. In quanto a TripAdvisor, in molti lo ignorano ed altri, la minor parte, non solo lo seguono ma hanno social media manager che governa il fenomeno sia per risposte puntuali e sia per analisi tempestive sulla customer experience. Torniamo a Chicago da Nick Nitti che al riguardo di questo tema così si esprime: «Sicuramente oggigiorno aver cura dei mezzi di comunicazione tramite internet e quindi tramite i social network, è davvero qualcosa di molto importante. Il canale da noi utilizzato è principalmente Facebook ed ovviamente anche il nostro sito web (voto 4). I nostri clienti possono prenotare un tavolo online ed anche ordinare del cibo tramite diverse compagnie direttamente da casa, assicurandone la spedizione e l’arrivo in tempi brevi e veloci. Pensiamo inoltre che avere delle belle recensioni su internet tramite TripAdvisor o Yelp, possano essere un ottimo biglietto da visita per tutti coloro che vogliono provare per la prima volta l’esperienza nella nostra pizzeria».

Interessante, sul tema, l’esperienza di una famosa realtà di New York, Roberto Caporuscio, patron di Kestè Pizza & Vino: «Abbiamo webcam in streaming e facciamo quasi tutti i giorni live streaming mostrando come facciamo l’impasto sia sul nostro sito che su Facebook». Quale il punto di debolezza cagionato dal non essere in Italia e, di contro, quale il punto di forza? Risposte significative. Tra i dolenti punti di debolezza la reperibilità del fresco e talvolta la scarsa competenza della clientela. Ma, attenzione, l’incompetenza della clientela è stato individuato anche come punto di forza allorquando vissuto come opportunità di edutainment e quindi di valore distintivo rispetto ai competitors.

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

Altro punto di forza il supporto creditizio e finanziario, percepito come più agevole ed efficace rispetto alla realtà italiana. Il trend E&S (Eat & Shop), ovvero abilitare il cliente all’acquisto di alcuni degli ingredienti adoperati in pizzeria, è vivace e significativo. Sono in maggioranza a praticarlo, sebbene su subset piccolo e, a fronte di veti locali, al netto degli alcolici. E lo stakeholder “press” e, in accezione estesa “blogger”? Prevalentemente rapporti buoni e corretti, soprattutto con i giornalisti.

E lo stakeholder “autorità ed organi ispettivi sanitari”? I controlli vengono considerati, nella gran parte dei casi, rigorosi ma nel contempo più semplici rispetto alla complicata realtà italiana. Entusiasmante lo scenario a proposito del forecast, ovvero di come vedono il futuro a breve. Ottimismo diffuso, con voglia/necessità di incrementare ulteriormente la qualità dei prodotti da acquistare e di conseguenza la qualità delle pizze servite alla clientela. Invitati ad esprimere valori per anno corrente e per anno imminente (2018), partendo dal 2016 posto a base 100, abbiamo un risultato frutto di media che è di 120 per il terminante 2017 e di 170 per il 2018. Valore minimo, di eccezionale pessimismo, è 70 per il 2017 e 90 per il 2018; valore massimo è di 150 per il 2017 e 300 per il 2018.

(Pizzaioli italiani all’estero, che eroi Rispettare tradizione e diverse culture)

Circa il fabbisogno formativo, in gran parte il soddisfacimento avviene “on the field”; non mancano i casi di temporanei ritorni in Italia proprio per aggiornarsi. Si esprime così Jonathan Goldsmith: «Vengo spesso in Italia, mi confronto sovente con i miei fornitori più importanti. In Italia mi rapporto tra gli altri con Attilio Bachetti e qui negli USA con colleghi di cui ho grande stima come, ad esempio, Roberto Caporuscio”.

Ed a proposito di Roberto Caporuscio, molto interessante la sua attività di formazione: «Abbiamo creato la Pizza Academy Foundation mediante la quale facciamo formazione di continuo da più di 10 anni e stiamo crescendo di anno in anno; ciò ci aiuta ad essere sempre migliori e sempre aggiornati».

Sagge e suadenti, da farne tesoro, le considerazioni finali di Roberto Caporuscio: «Mi ritengo molto fortunato. Faccio un lavoro che amo e che mi consente di far conoscere la pizza napoletana negli Usa. Tuttavia, non scordiamoci che sempre di pizza stiamo parlando. È un momento veramente importante e dovremo sempre essere uniti nel difendere l’autenticità della pizza napoletana perché ci sono troppe pizzerie neapolitan sounding e ciò è rischioso. Se noi non siamo uniti gli altri distruggono un patrimonio conservato per centinaia di anni: la vera pizza napoletana».

Ed ascoltiamo anche le considerazioni finali di Enrico Sgarbossa: «La mia pizzeria Al Taglio è nata come sfida personale, mi sento a volte Don Chisciotte contro i mulini a vento. Stiamo dando perle ai porci, a voler intendere che facciamo un prodotto di alta qualità con i migliori ingredienti ma non sempre e non ancora la clientela sa distinguere ed apprezzare. Ma comunque, sebbene lentamente, la clientela affezionata cresce sempre. La mia forza è la mia squadra: siamo compatti e determinati; la passione non ci manca e non ci abbandonerà mai. L’Australia è un paese bellissimo, io vivo qui da 8 anni e continuerò su questa strada. La pizza gourmet, ne sono certo, arriverà anche qui, e noi saremo stati i primi a farla conoscere».

Eccezionali questi pizzaioli italiani all’estero. Sono imprenditori e lavoratori nel contempo. Riscuotono il successo che ampiamente meritano a fronte di un lavoro tenace. Hanno la necessità di mantenere ed incrementare i contatti e le conoscenze dell’evolvente agroalimentare italiano senza mai perdere il polso del loro mercato locale. Si sono assunti l’oneroso compito di far vivere alla loro clientela la deliziosa esperienza di mangiare la vera pizza. Sono i paladini fattivi del vero made in Italy. Insomma, così come, al determinarsi di particolari condizioni, qui in Italia siamo avvezzi a parlare di viticoltori eroici, potremmo davvero definire queste belle persone, pizzaioli eroici.

Per informazioni:
www.unapizza.com
www.fornorossopizzeria.com
www.altaglio.com.au
www.pinzeria.ru
www.spaccanapolipizzeria.com
www.kestepizzeria.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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