Un interessante momento di cultura in cucina quello a cui si è potuto assistere ieri, alla
Designelementi di Milano. Protagonista assoluto ai fornelli,
Pietro Leemann (
nella prima foto), executive chef del ristorante
Joia (una Stella Michelin), ha dimostrato quanta abilità e quanta conoscenza servano per creare alta cucina naturale, e allo tempo stesso quanto sia sempre più importante districarsi su questa tavola “verde” così antica eppure così contemporanea, se correlata alla necessità tanto diffusa oggi di una dieta sana e salubre.
Pietro Leemann«Il gusto è vegetale»: queste le prime parole di Leemann. Mentre gli ospiti hanno sottratto una mezz'ora per un aperitivo “veloce” con i Franciacorta di
La Montina, la cucina a vista è stata preparata. Frutta, verdura, teglie, infiniti strumenti all’avanguardia, dai robot di cucina ai fermentatori. «Il gusto è vegetale - ribadisce Leeman - noi al Joia lo ricordiamo ogni giorno, e lo ribadiamo alla nostra Gourmet vegetarian school».
Una veloce presentazione per l’occasione: la Joia academy - Gourmet vegetarian school è stata fondata con l’intento di divulgare i valori della scienza vegetariana. Attraverso un ricco programma di corsi pratici e teorici aperti al mondo dei professionisti e degli appassionati, quest’academy è lo strumento ideale per riuscire a realizzare da soli, in totale indipendenza, una cucina sana e adatta a questo presente.
Ed è proprio per parlarci di questa cucina che lo chef stellato inizia le sue dimostrazioni. Dopo aver puntualizzato nuovamente quanto il gusto sia centrale e quanto esso sia imprescindibilmente legato all’olfatto, i due sensi che dobbiamo utilizzare quando cuciniamo, tra le mani dello stellato, una fava. È proprio una fava a diventare il soggetto per un istante, a fare da “cavia” per ricordarci quanto vasto sia il mondo del gusto a tavola: «Molto spesso noi lavoriamo in cucina su due gusti, il dolce e il salato, dimenticando però altre sfumature come l’amaro, l’astringente e il piccante!». E la fava comincia a girare tra gli ospiti, la si assaggia. Severamente biologica, naturalmente: Leemann vuole la qualità, non accetta compromessi in questo.
Stessa sorte tocca poi al daikon, mezzo stavolta per introdurre la prima fase del lavoro di un cuoco “vegetariano”: il taglio. L’importanza di rimuovere la buccia o la parte esterna degli ortaggi, e riutilizzarla poi, perché «noi in cucina non dobbiamo buttare via niente»; osservare il prodotto e farci aiutare da esso per capire come e dove tagliare; utilizzare coltelli affilati, così da non schiacciare la verdura fresca rischiando di perderne il succo, «in questo abbiamo molto da imparare dagli orientali, specialmente dai giapponesi, maestri nel taglio in cucina».
E una volta tagliata? È il momento di un postulato della cucina verde: «Certo, le verdure crude fanno bene. Tanti prodotti vegetali fanno bene, ma lo scopo primo dev’essere quello di aiutare l’organismo ad assorbirne le proprietà nutritive nella maniera più efficace. Non soltanto, ovviamente, aiutandolo noi stessi, fornendogli ogni giorni abitudini sane ed equilibrate a tavola e nella vita, quanto anche utilizzando degli accorgimenti per le nostre preparazioni, come la cottura, o, più semplicemente, il condimento». Un condimento che ben si addica al prodotto che andiamo a cucinare, quindi con un daikon, utilizzeremo un fondo di pane, un paté di borlotti e... il sale, soprattutto il sale, elemento fondamentale se vogliamo giocare con la dolcezza della rapa.
Altri accorgimenti? I consigli dello chef non finiscono: non scordarsi mai della mela, un frutto che ci ha accompagnato fin dagli albori della civiltà umana; un frutto che, una volta tagliato, se non mangiato subito, dev’essere cosparso con succo di limone, per evitare che si ossidi; un frutto che, se studiato nelle sue svariate tipologie, tutte con caratteristiche differenti, può essere utilizzato in interessanti e azzeccati abbinamenti con verdure per un piatto al ristorante oppure per ottimi centrifugati.
Insomma, Leemann ricorda con le sue parole quanto conoscere sia il primo passo per un'alimentazione e, di conseguenza,per una vita più sana. E a proposito di conoscenza e salute, una vera chicca: il fermentatore. Uno strumento spesso trascurato da coloro che non ne conoscono l'utilità, ma in realtà fondamentale per chi ha scelto la cucina green: una volta tagliata, la verdura viene lasciata in uno stato di fermentazione malolattica (in Oriente principalmente, prevede l’utilizzo del sale per stabilizzare i batteri nell’ortaggio) e pressata, in modo che i batteri che nuocerebbero alla sua conservazione - quelli presenti nell’aria - non possano contaminarla, mentre quelli presenti all’interno della verdura, che ne aiutano l’assimilazione, non si disperdano.
E questo è il risultato: «Scegliendo queste tecniche, garantiamo al nostro organismo un buon apporto di sostanze nutritive e vive! Perché quando mangiamo frutta e verdura, ci riempiamo di vitalità; la carne, diversamente, è qualcosa di morto quando arriva in cucina. Prendiamo le verdure, trasformiamole e mangiamole, sviluppiamo sensibilità e vitalità, perché il cibo ha lo scopo di darci forza, è sufficiente allora mangiarne poco ma che sia di qualità, che sia vivo! Lo spreco di oggi è dovuto al fatto che, mangiando alimenti morti come la carne, assimiliamo poca energia, e continuiamo quindi a mangiarne, sprecandone sempre di più. In realtà noi siamo natura… dobbiamo mangiare natura».
Ce ne andiamo soddisfatti, salutando lo chef e portando con noi qualche consiglio in più, qualche utile nozione da mettere in pratica dal campo alla tavola... e qualche germoglio di ravanello. Sì, perché per tutto il tempo #germoglidijoia è stato il fil rouge dei discorsi di Leemann; perché solo così possiamo capire quanto la natura sia vita e quanto con essa abbiamo in comune. Provare per credere, e quando i germogli saranno fioriti, una fotografia con l'hashtag non esiteremo a postarla!