La pandemia, come ben sappiamo, ha modificato radicalmente le abitudini d’acquisto segnando a tutti gli effetti un momento di profonda discontinuità nel retail. Da una parte la corsa impetuosa degli acquisti online (aumentati nell’ultimo anno del 117%), dall’altra, una risalita dei discount. Fino alla variabilità negli acquisti, dove per molti mesi la parte del leone l’hanno fatta i prodotti “da cuochi a casa” come i lieviti di birra, farine, ingredienti per pasticceria, uova fresche e basi per dolci e pizza.
I punti vendita nei piccoli centri urbani e in provincia gioveranno dei nuovi modelli d’acquisto
Nel 2021 il supermercato moderno di VéGéÈ in quest’ottica di cambiamento e sguardo al futuro che il
Gruppo VéGé ritornerà alle origini. La Cooperativa conta oltre 11,2 miliardi di fatturato e tra i marchi più riconoscibili, tra gli oltre 3.500 punti vendita, possiede Bennet, Tosano, Decò e Migros. Con Metro Italia, lo scorso gennaio, ha stretto un’alleanza focalizzata sul mercato dei consumi fuori casa.
L’obiettivo nel 2021 è il
rilancio della storica
insegna VéGé su un centinaio di
supermercati, con la creazione di un
nuovo format di supermercato moderno: «La volontà è quella di interpretare sempre di più le variegate esigenze del cliente» ha detto al
Corriere della Sera, l’amministratore delegato
Giorgio Santambrogio.
Risaliranno i punti vendita nei piccoli centri urbaniUna strada che è anche una necessità, perché è ormai il cambiamento del modo di fare acquisti non si potrà più fermare: «Da un lato ne gioverà chi ha punti vendita nei piccoli centri urbani e in provincia - continua Santambrogio - Lo
smart working strutturale diminuirà, infatti, sensibilmente gli accessi nei market in centro e a perderci sarà maggiormente chi è posizionato su questo particolare segmento».
Per i freschi si predilige l’acquisto direttoDall’altro appunto c’è la crescita esponenziale della
spesa online, anche per effetto delle misure di distanziamento, proiettando la quota del canale e-commerce nel settore
grocery però ancora a un marginale 1,8% sui volumi totali, con un orientamento su acquisti di beni «commodity» per la
casa e per la
persona (detersivi, shampoo e non deperibili): «Molto meno sui
prodotti freschi,
dell’ortofrutta, dell’
ittico, della
macelleria, dove la consulenza di un
gastronomo resterà decisiva per spiegare ad esempio la provenienza e la qualità della filiera», dice Santambrogio.
Giorgio Santambrogio. Fonte: gdoweek.it
Coordinarsi a livello comunitario contro Amazon e companyIn ogni caso, non possiamo più non tener conto del canale online. Anzi, occorre trovare il modo di competere (e proteggersi) dai colossi (
Amazon in primis) che possono avere più occasioni di vendere
prodotti sottocosto, impoverendo la filiera, sfruttando anche le maggiori marginalità determinate dalle triangolazioni fiscali di gruppi con attività sovranazionali. Per questo Santambrogio «sarebbe necessaria un’azione coordinata a livello comunitario».
Errore le chiusure dei centri commerciali nel weekendRegole condivise dunque. A maggior ragione in periodo con norme in continuo cambiamento e sempre diverse se non contraddittorie che mettono in estrema
difficoltà gli
imprenditori della
distribuzione, con limitazioni alle vendite, spesso imprecise, ma soprattutto mettendo in crisi gli assortimenti di prodotti freschi e freschissimi, rischiando di causare inutili sprechi: «La
chiusura dei centri commerciali nel week end è un ulteriore errore, perché sono luoghi con maggior controllo e di possibile contingentamento dei clienti, e lasciarli aperti avrebbe consentito una migliore e maggiore distribuzione della clientela tra centro e periferia».