Nasce a Chicago Vinitaly Usa 2024. Dall'International Wine Expo in corso nella capitale della regione del Midwest, Vinitaly è presente con oltre 200 aziende e più di 1.000 etichette. «Il lavoro di squadra attivato da tempo con le istituzioni ci ha dato ragione e possiamo dire di aver vinto una sfida importante e complessa, di aggregare con il brand Vinitaly tutte le progettualità per creare un forte momento promozionale a favore del settore enologico italiano negli Usa» ha detto Federico Bricolo, presidente di Veronafiere.
Nasce a Chicago Vinitaly Usa 2024
La conferma arriva da Matteo Zoppas, presidente di Ice Agenzia: «Le fiere sono strategiche per il business matching delle imprese, in particolare delle piccole-medie. E con Veronafiere Vinitaly, che si era già mosso in modo accurato su questo mercato, Ice sta valutando insieme ai ministeri degli Esteri, dell'Agricoltura, ad Assocamerestero il progetto per fare di Vinitaly Usa 2024 il principale appuntamento strategico per questo fondamentale mercato». Per l'Ad di Veronafiere, Maurizio Danese, «Vinitaly Usa 2024 seguirà anche le indicazioni del nascente comitato degli importatori con i quali condivideremo le strategie e i comuni interessi per lo sviluppo del vino italiano. L'obiettivo è rendere ancora più proficuo il rapporto con il mercato che esprime grande attenzione per i vini premium e al contempo cerca sempre nuove proposte. E l'Italia con i suoi 540 vitigni è in grado di offrire una scelta unica nel suo genere al mondo in grado di soddisfare le esigenze del settore horeca, degli importatori e dei distributori».
La scelta di Chicago come sede della nuova iniziativa fieristica nel 2024 non è casuale visto anche che la comunità italiana è molto presente e radicata in quest'area degli Stati Uniti d'America. Secondo l'Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato i dati relativi alle vendite nel “fuori casa” (on-trade) oltre che in grande distribuzione e retail (off-trade), nei primi 8 mesi di quest'anno il gap tendenziale dei volumi consumati negli Usa segna un -7,5%, frutto in particolare delle difficoltà riscontrate in off-trade (-8,3%) solo parzialmente moderate dal risultato nella ristorazione e nei locali (-2,1%). Dall'analisi dell'Osservatorio a base SipSource - che monitora oltre il 75% delle vendite presso gli esercizi commerciali - emergono molte differenze sui trend di consumo di vino da parte degli user Usa. Per i vini locali, che si confermano nettamente in testa con il 71% dei consumi totali, la contrazione (-8,2%) è leggermente superiore alla media. Seguono a distanza i vini italiani, che rappresentano il 10,2% della domanda complessiva e il 35% dei vini d'importazione; in questo caso il bicchiere è mezzo pieno, se si considera che la perdita non supera il 3,2% e che nell'on-trade - quindi il canale a maggior valore aggiunto - segna addirittura luce verde (+1,2%).
Secondo l'Osservatorio Uiv-Vinitaly, inflazione, costo delle materie prime e destoccaggio stanno mettendo in difficoltà le esportazioni delle imprese italiane verso gli Stati Uniti, ma, segmentando i dati e guardando ai consumi effettivi in volume, emerge come, alla prova dei consumi, gli americani rinunciano con maggior fatica al made in Italy sia rispetto ai vini a stelle e strisce che a quelli di altri importanti Paesi produttori. In particolare, il canale horeca - segmento più rappresentato tra i 350 buyer dell'International Wine Expo - nei primi 8 mesi di quest'anno ha visto una presenza tricolore nell'on-trade Usa pari a quasi il 44% del totale dei vini d'importazione, di gran lunga superiore allo share dei prodotti francesi, 13,8%, e neozelandesi, al 10,7%.
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