Gli animalisti si schierano contro la norma, inserita nella legge di Bilancio dal Governo, che permette l'abbattimento di animali selvatici, tra cui i cinghiali, anche nei centri abitati e nelle aree protette.
Abbattimento di cinghiali in città: la contrarietà degli animalisti
L'associazione Gruppo d'intervento giuridico (Grig) ha inviato un reclamo alla Commissione europea e mette a a disposizione di singoli cittadini, associazioni, comitati un fac-simile di ricorso da completare e inviare alle istituzioni europee.
Inoltre, il Grig promuove una petizione popolare indirizzata alla Commissione europea, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e al ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
«Obiettivo: modificare le previsioni normative che rischiano - spiega Grig - soltanto di portare pericoli alla consistenza di specie faunistiche rare e fondamentali per gli habitat italiani (lupo, orso), di creare evidenti e intuitivi rischi per la sicurezza pubblica nelle nostre città e nei nostri paesi, prevedendo addirittura le ipotesi di abbattimento nelle aree naturali protette e in ogni periodo dell'anno, con pesanti riflessi negativi sulla riproduzione delle specie faunistiche e, non ultimo, sulle attività turistiche nelle aree d'interesse naturalistico e paesaggistico».
Tutti i piani di abbattimento - avvertono gli ecologisti - non saranno basati su alcun parere tecnico-scientifico, dato che l'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) verrà coinvolto solo per pareri obbligatori, ma non vincolanti. «Le richieste più ottuse abbondano - attacca Grig - come quella recentemente avanzata da 19 sindaci piemontesi di poter sparare al lupo cattivo. Senza pensare nemmeno che è il lupo il principale fattore di contenimento del cinghiale, individuato quale principale pericolo per i danni arrecati in agricoltura e alla circolazione stradale, senza averne realistiche stime sulla consistenza e sull'entità dei danni effettivi e, soprattutto, senza voler neppure considerare che l'aumento della presenza del cinghiale è dovuto a cause umane».
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