Uber Italia commissariata Indagini chiuse sui rider sfruttati
12 ottobre 2020 | 13:06
Dopo il commissariamento, ora è arrivata la chiusura delle indagini. Nuovi sviluppi nella vicenda dell’inchiesta su Uber Italy, la filiale del colosso americano che era stata commissariata il 29 maggio 2020, un provvedimento mai preso in passato contro una piattaforma di delivery. L’accusa è quella di caporalato sui rider per le consegne di cibo a domicilio (Uber eats) e reati fiscali.
Come riportato dall’Ansa, nella lista dei 10 indagati c’è il nome di Gloria Bresciani, manager di Uber Italy. I rider, si legge nell'avviso di chiusura indagini, erano «pagati a cottimo 3 euro a consegna», oltre che «derubati» delle mance e «puniti». Stralciata la posizione di Uber Italy, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa e che il 22 ottobre deve affrontare un'udienza alla Sezione misure di prevenzione.
Bresciani, intercettata, parlava così con un altro dipendente dell’azienda: «Davanti a un esterno non dire mai più “abbiamo creato un sistema per disperati”. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori». Il pm di Milano Paolo Storari ha scritto che «i rider venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber».
Come riportato dall’Ansa, nella lista dei 10 indagati c’è il nome di Gloria Bresciani, manager di Uber Italy. I rider, si legge nell'avviso di chiusura indagini, erano «pagati a cottimo 3 euro a consegna», oltre che «derubati» delle mance e «puniti». Stralciata la posizione di Uber Italy, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa e che il 22 ottobre deve affrontare un'udienza alla Sezione misure di prevenzione.
Bresciani, intercettata, parlava così con un altro dipendente dell’azienda: «Davanti a un esterno non dire mai più “abbiamo creato un sistema per disperati”. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori». Il pm di Milano Paolo Storari ha scritto che «i rider venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber».
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