Nei supermercati e ipermercati è aumentato l’assortimento di referenze sulle cui etichette è esplicitata la provenienza da una specifica regione italiana, che sono arrivate a rappresentare ben l’11% dell’insieme dei prodotti alimentari e delle bevande in vendita. È quanto emerge dall’analisi Coldiretti sui dati dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy nel 2021.
In termini di volume di affari nella classifica delle regioni la prima posizione – sottolinea la Coldiretti - spetta al Trentino-Alto Adige con oltre 359 milioni di euro di vendite (1,1% di quota) sostenuta dall’aumento degli acquisti soprattutto di spumante, latte fresco, vini Doc e Docg, speck. Al secondo posto – continua la Coldiretti - si classifica la Sicilia con 326 milioni di euro grazie ai vini Doc e Docg, i sughi pronti, le arance e le birre, la limonata, la pasta fresca ripiena e i prodotti da forno da ricorrenza mentre a seguire il Piemonte con 301 milioni di euro grazie soprattutto ai vini rossi Doc e Docg, la carne bovina (hamburger), la crescenza, la robiola, il primo sale e le uova di Pasqua. A seguire nell’ordine Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, Sardegna, Puglia e Umbria nei primi dieci posti.
L’indicazione volontaria in etichetta della provenienza regionale evidenzia un profondo cambiamento nelle abitudini di consumo degli italiani che in tempo di pandemia e tensioni internazionali – sottolinea la Coldiretti – premiano negli acquisti le produzioni legate al territorio, anche per sostenere l’economia locale.
Una tendenza confermata dal boom dei cibi a chilometri zero con quasi 4 italiani su 10 (37%) a caccia di prodotti locali, che risultano al primo posto della classifica sulle intenzioni di spesa per i prossimi mesi, secondo l’analisi Coldiretti sulla base del rapporto Coop 2022 che fotografa gli effetti sul carrello della spesa della difficilissima situazione internazionale, con l’inflazione su valori record e la crisi degli approvvigionamenti di gas.
Oltre a garantire la maggiore freschezza dei prodotti e tagliare gli sprechi – spiega Coldiretti – la filiera corta riduce anche i tempi di trasporto e, con essi, il consumo di carburanti e le emissioni in atmosfera, tagliando le intermediazioni con un rapporto diretto che avvantaggia dal punto di vista economico agricoltori e consumatori. Al secondo posto tra le intenzioni di acquisto degli italiani per i prossimi mesi – continua Coldiretti – ci sono peraltro i cibi 100% italiani, che precedono gli alimenti con packaging sostenibile e quelli che garantiscono il rispetto dell’ambiente, per un netto aumento complessivo della spesa green.
Nel carrello sembrano, invece, destinati a calare i prodotti pronti, l’etnico, anche perché più energivoro a causa dei lunghi trasporti, e quelli premium a causa delle esigenze di risparmio per la riduzione del potere di acquisto. Strategie rese necessarie da un balzo dell’inflazione che, secondo una stima Coldiretti, costerà nel 2022 alle famiglie italiane 650 euro in più soltanto per la spesa alimentare, a causa della guerra in Ucraina, che colpisce soprattutto le categorie più deboli che riservano una quota rilevante del proprio reddito all’alimentazione.
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