In Sicilia c'è un nuovo Presidio Slow Food: è il carciofo di Niscemi

01 aprile 2022 | 11:59

C’è un nuovo Presidio Slow Food in Sicilia: si tratta del carciofo di Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Con questo, l’isola si conferma la regione italiana con più progetti di tutela della biodiversità targati Slow Food: sono 51.

«Storicamente Niscemi è la capitale del carciofo, qui sono tantissimi i produttori che si dedicano a questa coltivazione», racconta Valentina Maria Vacirca, fiduciaria della Condotta Slow Food Niscemi - Terre del Maroglio. E allora perché avviare un Presidio Slow Food per difenderlo? Perché oggetto del Presidio è un ecotipo particolare, quello autoctono della città: lo chiamano nostrale per distinguerlo dalle varietà che negli ultimi decenni hanno preso il sopravvento nei campi della zona, come il violetto di Provenza e il carciofo romanesco. 

«Il nostrale è un carciofo che non ha avuto la fortuna commerciale degli altri, semplicemente perché è delicato - prosegue Vacirca - Quando viene raccolto dev’essere consumato entro due o tre giorni, altrimenti il suo aspetto tende a guastarsi». 

Il carciofo di Niscemi, anticamente soprannominato vagghia`rdu (“gagliardo” in dialetto) per l’aspetto vigoroso della pianta, non presenta spine; i capolini hanno la forma di un calice, le brattee, cioè le “foglie”, sono di colore verde chiaro con sfumature violette. Il cuore del carciofo è compatto, dal sapore delicato e dolce, e la presenza di pappo o “barba” è scarsa, motivo per il quale gli scarti sono molto ridotti. 

In cucina si può consumare crudo, in insalata, oppure bollito e poi intinto in un condimento di olio extravergine d’oliva, aceto e peperoncino, o ancora in risotti, ad esempio abbinato alla menta. La ricetta tradizionale, però, prevede di consumare i carciofi arrostiti: cotti sulla brace e poi conditi con olio e sale, eventualmente con l’aggiunta di pepe, aglio e prezzemolo. Una tradizione tramandata da decenni: i contadini erano soliti mangiare i carciofi arrostiti nei campi, cuocendoli sul carbone prodotto dai piccoli fuochi accesi per riscaldarsi nelle fredde mattine di lavoro. Diffusa, infine, la tradizione della ‘a carciofina, la tipica conserva siciliana ottenuta dai cuori dei piccoli carciofi di marzo e aprile, i più tardivi.

 

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Alberto Lupini


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