Quando si parla di “food” – o meglio, di Food and Beverage – oggi si fa riferimento alla cultura che sta dietro al piacere estetico e percettivo che un determinato piatto porta con sé: ma, ovviamente, ci si riferisce anche ai trend, ai ricavi e al tipo di comunicazione che un settore, su cui c’è sempre più attenzione e competizione, genera. Un discorso che riguarda soprattutto il cambio di paradigma di informazione generato dai social media e dal rapporto che le nuove generazioni – non più i consumatori di domani, ma di oggi – hanno con il cibo.
Oggi il settore della food economy è a tutti gli effetti uno dei più importanti settori industriali del mondo sia in termini di fatturato, (si calcola che rappresenti circa il 40% del PIL mondiale) sia in termini di forza lavoro che si aggirerebbe intorno al 35% dei lavoratori impiegati. Attualmente la food system economy sta attraversando un fase di profonda trasformazione, di innovazione, che avrà un profondo impatto sull’economia del pianeta sia in modo diretto, sia in modo indiretto attraverso cioè, le ripercussioni che il cibo esercita su aree importanti come la salute e l’ambiente.
Inoltre le nuove tecnologie hanno cambiato anche il modo di controllare gli alimenti. Basti pensare al ruolo della tecnologia blockchain che registra e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando la necessità di terze parti “fidate”. Non a caso, grazie a questa tecnologia sono state sviluppate soluzioni che permettono di portare la logica del “trust” anche nell’ambito delle transazioni, che hanno come oggetto “pacchetti” di dati rappresentanti l’identità di determinati prodotti e delle loro logiche di produzione.
In tal senso, la Blockchain al servizio della supply chain permette di disporre di nuovi strumenti capaci di garantire la migliore tracciabilità degli alimenti e di assicurare nuovi livelli di sicurezza alimentare, così come richiesto dall’industria di riferimento.
In aggiunta alla Blockchain, che permette di documentare in un registro decentralizzato le transazioni che – dalla produzione alla vendita – intercorrono tra i diversi operatori di una filiera (anche al fine di ridurre costi di trascrizione, ritardi e possibili errori umani), una serie di innovazioni stanno prendendo piede nel settore alimentare.
L’importanza dei social
Oggi i grandi protagonisti del mondo del food e beverage sono i social network. Nel grande gioco della comunicazione online non possiamo poi trascurare il fatto che si è gradualmente assistito ad una trasformazione da consumer a prosumer, ovvero a consumatore che produce contenuti. E questi contenuti sono condivisi sulle piattaforme digital. Può essere una pagina Facebook o una bacheca di Instagram. Ma può essere anche una recensione lasciata su Trip Advisor o un racconto scritto su un blog. Perché sono tanti i luoghi dove si fa digital marketing e lasciarli in mano totalmente ai clienti e ai consumatori non è una scelta intelligente e razionale.
Si prenda per esempio l’esplosione, conseguente alla crescita esponenziale di social votati a contenuti visivi come Instagram o Pinterest, della condivisione di foto di piatti, dai più semplici ai più elaborati, con l’hashtag #foodporn.
Perché dovrebbe interessarmi sapere cosa mangiano il mio amico o Chiara Ferragni?, potreste dire voi. Eppure a quanti, magari durante una cena in un ristorante stellato, viene ormai naturale estrarre lo smartphone dalla propria tasca e fare una foto a ciò che si ha nel piatto? Anche se per una condivisione privata, tra amici o in famiglia, quella foto segue lo stesso meccanismo che impazza sui social.
La chiave è proprio nella parola “condivisione” che sì, ormai è il mantra dell’era iperconnessa, ma trova radici più profonde, almeno per quanto riguarda il cibo. Preparare un piatto visivamente bello e buono all’assaggio non basta più: ai complimenti dei commensali ospiti, si va alla ricerca del rispetto e, perché no, della innocente invidia dei nostri follower perché ciò che stiamo mangiando è in realtà una vera e propria esperienza, di cui “concediamo” un assaggio virtuale.
Ecco spiegato perché il 63% di chi ha tra i tredici e i trentadue anni ha dichiarato di aver postato la foto di cibo almeno una volta nella vita, secondo una ricerca di YPulse: un dato da non sottovalutare, specie se si considera che solo il 47% della stessa categoria di riferimento condivide con i propri follower immagini di ciò che ha appena acquistato. Fotografare il cibo, secondo uno studio, aumenterebbe anche in maniera esponenziale la qualità dell’esperienza culinaria che stiamo vivendo. Senza considerare, ovviamente, le tante altre attività che si possono fare con gli smartphone come, ad esempio, giocare sui casino online o chattare, fino alla condivisione sui social dei piatti preferiti.