Chi lo ha fatto anche durante la pandemia, almeno un po’ è riuscito a lavorare. Senz’altro ha mantenuto quel contatto con i clienti che tornerà utile (anzi, utilissimo) al momento della riapertura. Lanciare il proprio ristorante sui social e attraverso i social far correre idee, spunti e occasioni per farsi conoscere, è stata per molti ristoratori una chiave per sopravvivere anche nei mesi più bui della pandemia. E lo sarà ancora quando, nelle prossime settimane, si tornerà finalmente ad aprire.
Lorenzo GaglianoNe è convinto
Lorenzo Gagliano, 28 anni, giovane
food blogger fiorentino, che la passione per il cibo ce l’ha innata, tanto da farne quasi una professione, grazie ai suoi 40mila followers che lo seguono ogni giorno su Instagram. Il mondo nel 2020 è cambiato un po’ anche per lui, abituato a girare, testare e giudicare locali. In questi mesi ha continuato a collaborare con ristoranti e aziende, inventandosi nuove forme di commercio online, dall’hamburger scomposto, consegnato crudo a domicilio in una
Burger Box, alla cena per due (con tanto di istruzioni per la cottura) a base di gnocchi,
costata fiorentina, vino, amaro e cantucci forniti da più aziende toscane che si sono messe insieme, riuscendo così a vendere i loro prodotti anche fuori regione.
Lorenzo Gagliano, il futuro della ristorazione passerà necessariamente attraverso lo sbarco sulla rete? I social sono fondamentali e me ne sono reso conto in questi mesi; lo saranno ancora di più in futuro: chi avrà una struttura e una strategia anche online, sarà in grado di portare al proprio locale le persone che lo seguono, senza troppi condizionamenti. Sui social è possibile promuovere una campagna, coordinare il lancio dei propri prodotti, creare un’attesa, coinvolgere le persone.
Lorenzo Gagliano con il suo libroQual è l’errore che non si deve fare?
Improvvisarsi. Il settore quest’anno si è dovuto riadattare. Parlo dei
ristoranti, ma anche delle aziende e di tutto ciò che ruota attorno alla ristorazione e, più in generale, all’agroalimentare. L’hamburgeria di Arezzo con la quale abbiamo lanciato la Burger Box, per esempio, si è riorganizzata per fare fronte al grande lavoro che è riuscita ad avere, grazie anche al fatto di aver raggiunto una nicchia di persone diversa dai suoi clienti abituali. Ma l’improvvisazione non va bene: durante la pandemia è riuscito a lavorare soprattutto chi aveva già investito in questo senso, creando una
community che seguiva ogni giorno la pubblicazione dei suoi contenuti. Nel social, poi, serve mettersi a nudo e bisogna farlo con semplicità e con chiarezza, per permettere a chi ti segue di vivere il tuo locale. Per questo è un’attività che va coltivata. In altre parole, non basta pubblicare il menu del giorno per sperare che qualcuno venga a trovarti.
I ristoratori sono preparati a questo passaggio? Ce ne sono tanti che per anni non hanno mai voluto saperne di investire sul loro brand né sull’online, perché erano abituati ad avere i locali pieni di turisti. Molti di questi, adesso, rischiano di morire, perché si sono fatti trovare impreparati. Senza una community di persone che li seguivano sui social, tanti ristoratori hanno perso il contatto con i loro clienti e non hanno più saputo come raggiungerli. E questo continua ad essere un problema per tanti ristoratori.
C’è un consiglio che ti senti di dare a chi intende aprirsi a questa opportunità? Si può partire anche senza basi, ma è importante costruirle e per fare questo ci vuole qualcuno che abbia già delle conoscenze, come un social media manager. Lanciarsi sui social significa dare struttura a un progetto, comunicare in maniera corretta, sapere come girano gli algoritmi. È un investimento, anche se in tanti lo considerano ancora come una spesa. L’errore più frequente è proprio quello di non fare una giusta comunicazione. D’altronde non possiamo dimenticare che un profilo social è davvero il biglietto da visita online del nostro locale e sono convinto che nessun ristoratore vorrebbe presentare il suo locale sporco o in disordine.
Qual è il social più adatto? Direi
Instagram, ma
dipende dal target di riferimento. I più giovani, per esempio, non vanno su Facebook e le storie di Instagram sono molto più dirette e utili, quindi, a far vivere il proprio locale, quasi come se si fosse in diretta.
Lorenzo Gagliano con la Ciccia BoxPer un ristorante di provincia ha un senso investire sui social? Certo, basta fare operazioni con cognizione di causa. Bisogna inserire gli hashtag di riferimento in grado di catturare una certa nicchia di persone; le pubblicazioni sponsorizzate vanno fatte bene, filtrando il target per luogo: è inutile che la pizza del tuo locale di Firenze la vedano a Siracusa. Per questo continuo a dire che non bisogna mai improvvisare.
Come si fa a dire ai ristoratori che devono investire proprio in questo momento? Lo so. Questa situazione, però, ha cambiato molti imprenditori, che si sono resi conto, vivendolo sulla loro pelle, che chi era già organizzato, o lo ha fatto nel frattempo, è riuscito comunque a lavorare un po’. Tanti altri hanno avuto la possibilità di rifletterci e hanno iniziato a investire sulla loro immagine online.