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A Bergamo 400 tamponi al giorno Il virologo Farina: siamo al limite

Il Dipartimento di microbiologia del Papa Giovanni è uno dei centri individuati dalla Regione per l'analisi virologica. La maggior parte dei test effettuati sono positivi. Il direttore Claudio Farina: «Lo sforzo di tutti è enorme e commovente, ma temo per la tenuta dei miei colleghi».

di Sergio Cotti
 
18 marzo 2020 | 07:15

A Bergamo 400 tamponi al giorno Il virologo Farina: siamo al limite

Il Dipartimento di microbiologia del Papa Giovanni è uno dei centri individuati dalla Regione per l'analisi virologica. La maggior parte dei test effettuati sono positivi. Il direttore Claudio Farina: «Lo sforzo di tutti è enorme e commovente, ma temo per la tenuta dei miei colleghi».

di Sergio Cotti
18 marzo 2020 | 07:15
 

Di tamponi, ogni giorno, al Dipartimento di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ne arrivano a centinaia e la maggior parte sono positivi al Covid-19. Da quando, una decina di giorni fa, la Regione Lombardia ha affidato anche ad altri ospedali (oltre a Bergamo, Brescia, Milano Niguarda, Monza e altri ancora), il compito della diagnosi virologica per il coronavirus, il Dipartimento del Papa Giovanni diretto da Claudio Farina si è attrezzato con un pool di specialisti che si sono concentrati unicamente sull’analisi dei tamponi in arrivo non solo dalla provincia, ma anche da altre zone della regione.

Un'operatrice al lavoro nel Dipartimento di Miicrobiologia del Papa Giovanni XXIII - A Bergamo 400 tamponi al giorno Il virologo Farina: siamo al limite

Un'operatrice al lavoro nel reparto di Microbiologia del Papa Giovanni XXIII

Dottor Farina, in che misura è cambiato il vostro lavoro in queste ultime settimane?
Siamo partiti in una fase di stabilizzazione dei dati verso l’alto. In questo momento è fondamentale conoscere l’andamento dei numeri. La maggior parte dei campioni che riceviamo sono positivi: appartengono perlopiù a persone ospedalizzabili o che potrebbero essere dimesse, perché guarite. In questo momento, la Regione ha focalizzato l’attenzione su questi soggetti e le assicuro che bastano e avanzano. Poi ci sono altri centri che fanno controlli, anche per conto di Ats, su altri soggetti potenzialmente a rischio.

Quanti tamponi vi arrivano ogni giorno?
Mediamente 400, anche da altre strutture e noi li processiamo tutti in giornata. È un numero veramente notevole: il lavoro è molto complesso, c’è tutto l’impegno tecnico, di laboratorio e, non ultimo, del personale amministrativo.

Claudio Farina - A Bergamo 400 tamponi al giorno Il virologo Farina: siamo al limite
Claudio Farina

Prevede che questo numero si possa ulteriormente alzare? È possibile; avendo però allargato il numero di laboratori, c’è una maggiore distribuzione del lavoro; è impensabile che ciascuno faccia per sé. I numeri del nostro Dipartimento sono stabili, lavoriamo molto anche per gli altri, per cui se da noi dovesse ridursi il volume di attività, la nostra quantità di lavoro resterebbe stabile. Non è importante sapere da dove arriva un tampone, è importante dare una risposta nel più breve tempo possibile”.

Come vi siete organizzati nel vostro Dipartimento? Anche in questi giorni, il laboratorio deve avanti anche per altre attività, anche se l’ospedale ha convertito molte delle sue unità in reparti dedicati al coronavirus. Le altre infezioni continuano a esistere, purtroppo. Noi abbiamo distaccato un gruppo di persone che fanno i turni, ma non abbiamo possibilità infinite di produttività. Bisogna organizzare il lavoro per ottimizzare i tempi. Siamo arrivati ad analizzare fino a 500 campioni in un giorno, ma questo è davvero il massimo che ci è consentito.

Cosa fa più paura di questo virus?
Il fatto che si conosce poco perché è nuovo. L’uomo conosce poco il virus e viceversa. Ne abbiamo appreso l’esistenza solo due mesi e mezzo fa e ancora non sappiamo moto dal punto di vista del rapporto con l’essere umano, dell’immunologia, delle capacità di risposta. Si sa che problemi dà, ma ancora in modo generico. I comportamenti che ne derivano sono quelli delle regole generali dell’epidemiologia e della prevenzione.

Sgombriamo il campo dai dubbi: si tratta di un virus dell’influenza?
No, quello è noto e, nonostante possa cambiare, è molto più conosciuto, per cui possono essere formulati dei vaccini adeguati. Questo invece è un virus che non esisteva prima nell’uomo. Molto probabilmente era un virus animale e ha fatto un salto di specie, come capita con una certa frequenza”.

E allora qual è l’eccezionalità di questo?
È molto diffusivo, si propaga molto rapidamente, anche perché la popolazione non ha alcuna difesa nei suoi confronti. In questo momento il virus ha davanti praterie.

È possibile che in tanti l’abbiano contratto e siano guariti, magari senza neppure accorgersi?
Di cose se ne dicono tante, questo non lo sappiamo. Può darsi che, visto il numero di persone ricoverate, ce ne siano tante che l’hanno contratto e superato o con sintomatologia modesta. Quello che lascia perplessi è che questo virus comporta un numero eccezionale di ricoveri in terapia intensiva ed è difficile pensare che molti prima l’abbiano fatto e che nessuno sia stato in ospedale. Il buonsenso fa pensare che il fenomeno sia recente.

Le misure adottate dal Governo, secondo lei, saranno efficaci?
Sono le uniche che possono funzionare, non ce ne sono altre. È stata una scelta coraggiosa e la gente sta rispondendo in modo consapevole. Alternative non ce ne sono”.

Le pensa che il 3 aprile potremo finalmente uscire di nuovo di casa?
Si ragiona molto giorno per giorno, le cose cambiano con una repentinità tale che non è possibile dirlo ora. L’incubazione del Covid-19 è di due settimane e in questo periodo potrebbe essere dato un colpo significativo alla sua diffusione. Il problema è che tutto ciò non è matematico. Dopo le prime due settimane di isolamento si potranno valutare i dati. Quello che verrà deciso, verrà deciso alla luce dei numeri. Queste sono due settimane di attesa e di speranza, al termine delle quali si dovranno verificare gli effetti reali di quanto è stato fatto.

In questo momento, cosa la preoccupa di più? La tenuta dei colleghi, perché il livello di dedizione è stato da subito, ed è tuttora, commovente. Ma certi ritmi e certe pressioni non sono sopportabili a lungo. Mi preoccupa che qualcuno possa crollare all’improvviso perché la tensione è elevatissima. Si lavora tanto ed è uno sforzo davvero difficile da valutare e da tenere sotto controllo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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