A qualcuno potrà anche sembrare strano trovarsi immerso in una natura così rigogliosa a così pochi chilometri da Roma. Incastonata tra il verde della campagna romana e i Monti Tiburtini sorge Tivoli, un gioiello unico e tutto da scoprire. L’antica Tibur, Tibur Superbum per Virgilio, che nella sua Eneide racconta della lotta tra il re Turno, con il quale Tivoli era alleata, ed Enea, e narra del coraggio dei suoi abitanti, può vantare una data di fondazione addirittura precedente a quella di Roma (Roma nacque nel 721 a.C., Tivoli nel 1215 a.C). Una storia antica che rivive a pieno nelle vie del suo centro storico e nelle sue ville, due delle quali, Villa Adriana e Villa d’Este, sono inserite tra i Patrimoni mondiali dell’Unesco.
Veduta del centro storico di Tivoli
Villa Adriana e Villa d’Este, i gioielli di Tivoli
Un viaggio a Tivoli non può quindi che partire dalle sue ville. Villa Adriana si trova fuori dal centro storico cittadino, immersa nel verde. Fu residenza imperiale, realizzata dall’imperatore Adriano che, pare, volle riprodurre nella sua villa i luoghi e i monumenti che più lo avevano colpito durante i suoi numerosi viaggi. Qui infatti erano presenti palazzi, terme, templi, caserme, teatri, giardini, fontane e ninfei. La villa si estendeva per 120 ettari.
Oggi, degli antichi fasti, è possibile ammirarne "soltanto" 40, che testimoniano però ancora perfettamente la grandezza del progetto. Di Grande rilievo il Teatro Marittimo, uno dei monumenti più noti e rappresentativi di Villa Adriana e uno dei simboli dell'unicità e della concezione innovativa dell'impianto architettonico dell'intero complesso residenziale.
Villa Adriana
Villa Adriana | Largo Marguerite Yourcenar 1 - 00010 Tivoli RM | Tel 0774530203
Villa d’Este, invece, sorge proprio ai margini del centro storico ed è uno dei simboli del Rinascimento italiano. Voluta dal Cardinale Ippolito II d'Este, storico governatore di Tivoli e figlio di Lucrezia Borgia, è opera dell'ingegnoso architetto Pirro Logorio che, verso il 1550 diede il via ai lavori durati all'incirca 20 anni. L'acqua che zampilla dalle numerose fontane e che ancora oggi si può ammirare viene presa direttamente dal fiume Aniene attraverso un canale sotterraneo lungo 600 metri. L'intero complesso si estende per 4 ettari e comprende, oltre al palazzo residenziale, un giardino ornato da viali alberati e siepi, e da numerose fontane, vere e proprie opere d'arte. Tra queste, anche la Fontana del Bicchierone, opera di Gian Lorenzo Bernini e le cosiddette "fontane musicali", la Fontana degli Uccelli e la Fontana dell'Organo, dotate di alcuni congegni azionati dall'acqua che riproducono armonie musicali.
Villa d'Este a Tivoli
Villa d'Este | Piazza Trento 5 - 00019 Tivoli RM | Tel 07745589
Villa Gregoriana, protetta dal Fai
Se Villa Adriana e Villa d’Este possono contare sulla “benedizione” dell’Unesco, Tivoli può vantare anche un’altra villa, che non è considerata Patrimonio dell’umanità, ma è comunque un vero e proprio gioiello. Stiamo parlando di Villa Gregoriana, un parco naturale che sorge ai piedi dell’antica Tibur. Voluta da papa Gregorio XVI intorno al 1834, questo splendido luogo incontaminato fu meta imprescindibile di artisti ed aristocratici che nell'Ottocento arrivarono per il Grand Tour. Dal 2005 l'intero territorio della villa è sotto la tutela e la gestione del Fai (Fondo Ambiente Italiano). Villa Gregoriana è famosa in tutto il mondo sia per la Grande Cascata, scenografico e fotografato getto d'acqua creato dal fiume Aniene, sia per le Grotte di Nettuno e Grotte delle Sirene, caverne erose dallo stesso fiume poste sotto la zona del Tempio di Vesta e raggiungibili attraverso una strada alberata ornata da una grande varietà di piante.
La Grande Cascata di Villa Gregoriana
Villa Gregoriana | Largo Sant'Angelo 1 - 00019 Tivoli RM | Tel 0774332650
La storia in tavola: le eccellenze di Tivoli
Se Tivoli, come avrete capito, è scrigno di storia e cultura, è anche casa di molte eccellenze enogastronomiche e prodotti unici per storia, appunto, e qualità. Uno dei simboli, in questo senso, è l’Uva Pizzuttello o uva corna, come viene chiamata in città. Si tratta di un presidio SlowFood, un’uva bianca da tavola polposa, croccante, dagli acini allungati, la buccia leggerissima e il colore verde pallido. Per capire quanto quest’uva si sia radicata nella cultura locale, racconta la Fondazione SlowFood, basti sapere che in occasione del giubileo episcopale di Leone XIII (1878-1903) Tivoli offrì al Pontefice una barca artistica, ornata di parecchi quintali di Pizzutello, mentre più di 400 chili ne vennero impiegati per eseguire il magnifico stemma pontificio offerto dai tiburtini a Pio X (1903-1914) in occasione del giubileo sacerdotale.
Le favorevoli condizioni ambientali, con un clima asciutto d’estate e mite d’inverno, hanno consentito la diffusione della coltivazione del Pizzutello, che arrivò a occupare circa 120 ettari nel secondo dopoguerra. Al di fuori di questo lembo di paesaggio bagnato dalle acque canalizzate del fiume Aniene, il Pizzutello di Tivoli non riesce a esprimersi con quei caratteri di finezza e di distinzione che gli sono da lungo tempo riconosciuti.
L'Uva Pizzuttello di Tivoli
Un’altra coltivazione che trova terreno fertile a Tivoli, grazie al clima della zona, è senza dubbio quella dell’ulivo. Nel territorio dell’antica Tibur si produce l’Olio extravergine Terre Tiburtine, una Dop che porta avanti una tradizione che affonda le proprie radici nell’Impero Romano. I Romani, infatti, conoscevano benissimo il famoso “Oleum Tiburtinum”. Caratterizzato da un colore giallo oro con sfumature sul verde, l’olio extravergine di oliva di Tivoli si caratterizza per il suo sapore fruttato e leggermente piccante. Oggi la produzione è, senza dubbio, ridotta rispetto al passato, ma ancora valida.
Ulivi a Tivoli
La pesca sull’Aniene
L’Aniene è uno dei simboli di Tivoli. Le sue acque hanno contribuito allo sviluppo della città, ma non solo. Per secoli, infatti, l’Aniene ha ospitato numerosi allevamenti di pesci e, in generale, lungo le sue rive è sempre stata molto diffusa la pesca, non soltanto a Tivoli ma in tutto il circondario. Nerone aveva fatto costruire due laghetti artificiali per allevare le trote nei pressi della sua villa a Subiaco. L’Imperatore Adriano, nella sua villa sotto Tivoli, il Console Manlio Vopisco, all’interno di Villa Gregoriana, ma anche le meno famose Ville di Cassio, Bruto, Quintilio Varo avevano le loro peschiere, e all’interno del Santuario di Ercole Vincitore è stato scoperto un laghetto con un diametro di oltre 20 metri. Il Cardinale D’Este, forse proprio per la sua passione per la storia della città, all’interno della sua Villa di Tivoli realizzò le Peschiere, che oltre a servire per allevare più specie di pesci d'acqua dolce, davano la possibilità a chi soggiornava presso la villa di dilettarsi nella pesca. Il pesce simbolo di questa zona è la Trota Fario, che vive solitamente in acque fredde e poco inquinate e con un’alta ossigenazione.
Trota Fario
I piatti della tradizione tiburtina
I piatti della tradizione tiburtina sono piatti essenzialmente contadini, legati al territorio che circonda Tivoli e al suo legame con la terra. Un esempio nitido, in questo senso, è la Scafata, che può essere considerata sia un piatto unico sia un contorno, sia una zuppa. Gli ingredienti sono carciofi, fave, patate e cipolla, a cui si aggiunge la pancetta a cubetti. In Umbria ha un altro nome, la chiamano baggiata, ma la preparazione è quasi identica.
Per le festività pasquali, invece, a Tivoli si prepara la Pizza Giulia o pizza cresciuta. Tra gli ingredienti utilizzati per la preparazione troviamo uova, zucchero, alchermes, vermouth bianco, olio di oliva, anice, limone ed arance. La preparazione prevede la lievitazione tradizionale molto lunga con lievito di birra in due fasi (una la sera e l'altra la mattina seguente) e solitamente si consuma la mattina di Pasqua con salame corallina. A Natale, di contro, la preparazione tradizionale è il pangiallo o pancialle. Le sue origini risalgono addirittura al gastronomo e cuoco dell’antica Roma imperiale Marco Gavio Apicio. Vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., nella sua raccolta di cucina aveva riportato la ricetta di un dolce molto simile all’attuale Pangiallo. Si tratta di un dolce composto da noci, nocciole, mandorle, uvetta, miele, canditi, scorza d’arancia e cioccolato fondente.