Gong, non la solita cucina orientale Qui la qualità è un mix di influenze
Fusion, la chiameremmo, cucina fatta di elementi tratti da diverse tradizioni. Ma al Gong Oriental Attitude questo mix riesce comunque a presentarsi con una propria evidente identità
23 agosto 2019 | 14:59
di Marco Di Giovanni
Gli interni del Gong: un'atmosfera tra l'elegante e l'orientale
Se già il progetto conquista, la sua realizzazione lo conferma: la proprietaria e giovane imprenditrice Giulia Liu ha fatto centro con la sua idea. Seppur nata in Cina, Giulia ha vissuto qui in Italia molti anni; una volta incontrato il marito Lorenzo, decide di aprire quest'attività. Come sempre sono un po' i casi della vita a determinare le nostre scelte, e con esse il nostro destino: un po' l'amore per il marito, per Milano, per l'Italia... un po' la profonda conoscenza - e affezione, naturalmente - per la tradizione della sua famiglia... Insieme, queste due "parti" hanno permesso di creare un "tutto" davvero invidiabile.
Inizio estate, mercoledì sera, Milano. E il Gong è pieno, tanto che c'è la fila fuori. Giulia si dimostra, oltre che preparata e determinata, davvero accogliente e gentile, il patron ideale. Bastano due chiacchiere in amicizia per distrarsi giusto quei cinque minuti prima che venisse servito l'aperitivo. Accompagnati, doverosamente, da Champagne, ecco un King crab - il granchio reale - con salsa al kumquat, Ostriche con gel di tosatzu e, per concludere, Wonton con manzo e foie gras. Se la presentazione "alla francese" già ci dimostra scrupolosa cura nel servizio, i palati di certo non restano delusi: il gusto intenso ma delicato del granchio reale si accompagna perfettamente ai sentori di agrumi orientali con cui è servito; il sapore deciso dell'ostrica viene introdotto dalla dolcezza del gel, creando un equilibrio gustativo sorprendente; il Wonton con manzo e foie gras punta tutto - e ci prende - sul gioco di consistenze.
Come si dice, quando si chiude una porta si apre un portone? Perché un po' a malincuore abbiamo scoperto che l'aperitivo non si sarebbe ripetuto in loop. Ma ci rassicuriamo quando in tavola ci viene servito un Cheung fun di seppia (non preoccupatevi se alcuni nomi non vi sono chiari, una volta assaggiati questi piatti, perfino le denominazioni cinesi vi rimarranno ben stampate in testa). Un cannellone a base di seppia, servito con baccalà, crema di piselli, aceto cinese e una chips di tapioca e nero di seppia: il gusto stuzzicante della seppia ben si sposa con la delicatezza del baccalà, mentre il gioco di consistenze è garantito dalla chips - di quelle che se ne vendessero al Supermercato al posto delle Rustiche, ne faremmo scorta a non finire.
Cheung fun di seppia
Se Libertà 2018, il rosato dei Vigneti Massa, ci ha accompagnato durante l'abbinamento seppia-baccalà, è un Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Riserva firmato Broccanera a introdurre Le tre vie del tonno. Qui il pesce è condito con salsa di soia, bottarga e scaglie di tonno essiccato. Il gusto della materia prima è la carta vincente, di altissima qualità, gli altri elementi, tra giochi di consistenze e gusti bilanciati, intrigano senza mai prevaricare.
Le tre vie del tonno
Ci spostiamo nella Valle della Loira per trovare il giusto vino che ben si sposi con la Ceviche orientale di spigola. Subito risalta la freschezza del pescato, rafforzata da ingredienti come il sudachi (agrume giapponese), la cipolla rossa e lo scalogno orientale, in perfetto equilibrio tra loro. La forte personalità del piatto regge bene il confronto con il vino francese, speziato e persistente; anzi, la stessa punta di piccantezza della ceviche viene lavata dalla freschezza nel calice.
Ceviche orientale di spigola
Ancora una volta la presentazione non delude: i Dum Sum di black cod sono piccoli ravioli realizzati con farine di frumento e fecola di patate, ripieni di merluzzo nero dell'Alaska, in aggiunta crema di bottarga. Se la pasta del raviolo è spessa, d'altra parte è anche delicata, lasciando alla bottarga e alla dolcezza del merluzzo il vero ruolo di protagonisti nel piatto. In accompagnamento un Sauvignon 2016 di Villa Job, una cantina sotto Udine, da cui il sommelier (già da Bartolini, ora fisso al Gong) spesso sceglie diverse etichette per il vasto assortimento di vini del Gong.
Dim sum di black cod
Un veloce fuori carta è il Raviolo d'oro, un omaggio a Milano. Rimango sempre affascinato dall'espressione di un concetto così ampio, quale è l'identità di una città, ad esempio, attraverso un piatto - figuriamoci se di una cultura completamente diversa. Sono quei tentativi che riescono una volta su 100. Naturalmente non è questa una frase che è bene scrivere nei 99 casi rimanenti, ma questo al Gong fortunatamente non lo è: il raviolo è da mangiare in un sol boccone, e mentre i denti affondano dalla pasta al ripieno, tutta Milano si fa sentire. Prima arriva la pasta allo zafferano, che lentamente si amalgama al gusto del sugo di ossobuco. Anche qui un buon abbinamento con un bianco Goriziano, in prevalenza Chardonnay, poi 30% Friuliano e 30% Malvasia.
Raviolo d'oro - Omaggio a Milano
L'Anguilla. L'anguilla servita al Gong è certamente il miglior piatto della serata, forse uno dei migliori provati in questo 2019. Anguilla, base di soia e miele, scaloppa di foie gras; scaglie di mela Fuji, succo di barbabietola; crema di wasabi e foglie di senape. Grassezza vs freschezza, dolcezza vs acidità, tutti contrasti, e senza aver ancora messo a confronto le consistenze - anguilla, scaglie di mela, crema di wasabi e foglie di senape. Certi piatti nascono per restare in carta. Tutto l'anno.
L'anguilla incontra il foie gras
Se l'anguilla ci ha lasciato senza parole per il gusto, il piatto successivo ci lascia senza parole anche solo a sentirne il nome: Tagliata di Wagyu classe A5. Una vittoria facile, chiaro. Ma la modalità di servizio è qualcosa che dà quel tocco distintivo. È Giulia che, sempre presente nel corso della serata, ad assicurarsi che la cena proseguisse nel migliore dei modi, fetta dopo fetta fa cuocere la tagliata su una piccola griglia portata accanto al tavolo. Un po' come i grandi maitre di una volta col flambè, per intenderci.
Un buon Sorbetto di mandarino con petali di rose essiccati anticipa poi il dessert: Wafer di cacao, mousse di cioccolato fondente, infusione di tè nero, cenere finta (in realtà è crumble di sedano) e semifreddo alla cannella. È il Black tea seagar, una dolce conclusione, ancora più gradita con un Rivesaltes 1945 Chateau Las Collas nel calice.
Black tea seager
Seppur gran merito va a Giulia, per il Gong in toto, un cenno lo merita indubbiamente la cucina. Stiamo parlando di due elementi: il primo è Keisuke Koga, dal 2015 al 2017 colonna portante del ristorante, chef giapponese contraddistinto per rigore, essenzialità ed eleganza. Nel 2017 però, ad affiancarlo - e a segnare quindi un ulteriore step evolutivo per il locale - arriva Guglielmo Paolucci, giovane chef romano con esperienze stellate (tra cui quella al fianco del due stelle Michelin del Mandarin di Milano, Antonio Guida). Oggi i due chef lavorano fianco a fianco e alla pari per unire tecniche giapponesi e creatività italiana all'anima cinese, sempre salda, che caratterizza il Gong.
Forse è proprio questo il segreto, una sorta di castello di carte, dalle fondamenta all'attico, in cui tutto funziona: piatti ragionati, creativi e incentrati sull'alta qualità della materia prima a far da punta dell'iceberg; un senso democratico tra cucina e sala, tra cibo e vino, tra cuochi e staff, che rende il lavoro umanamente uniforme; e a terra, a tener tutto in piedi, una donna dalla personalità umile ma con un'idea ambiziosa. Direi ampiamente realizzata.
Per informazioni: www.gongmilano.it
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Alberto Lupini