La Giordania oltre Petra: cosa non perdere in un viaggio nel Paese mediorientale

Il monte Nebo dove Mosè vide per la prima volta la Terra Promessa, Jerash conosciuta come la Pompei d’Oriente, le rovine di castelli crociati, i mosaici di Madaba e resti di anfiteatri romani . La magia di questa terra non si limita alla magnifica Petra e ai paesaggi lunari del Mar Morto, ma nasconde delle gemme nascoste di inestimabile bellezza

13 settembre 2023 | 16:47
di Beatrice Tomasini

Chiedete un posto vicino al finestrino, soprattutto se volate di notte, perché atterrare ad Amman è l’inizio di un turbinio di emozioni: migliaia di luci che brillano a perdita d’occhio, i fari delle macchine che disegnano infiniti serpentoni sfocati, sui grattacieli del modernissimo quartiere di Boulevard puntini rossi intermittenti sembrano lì quasi a scandire i vostri battiti.

Amman, come Roma una capitale su sette colli

Enorme e caotica: la capitale della Giordania ospita cinque dei 12 milioni di abitanti del paese ed è la perfetta sintesi di quello che vi attende in un viaggio alla scoperta del regno di Rania e Abdullah II - due figure che vi accompagneranno sempre, perché le loro foto e gigantografie sono appese ovunque: in aeroporto, negli alberghi, nei musei, sui palazzi. Di recente si sono aggiunte anche quelle dei novelli sposi Hussein, il principe ereditario, e Rajwa Al Saif, la moglie saudita.

Antico e moderno, tradizione e globalizzazione: le rovine dell’antica Cittadella e i centri commerciali, venditori ambulanti di spezie e i fast food occidentali. Benvenuti nella capitale di uno degli stati più moderati del Medioriente, nato strategicamente come Transgiordania nel 1921 per assicurare stabilità alla regione e riconosciuto ufficialmente due anni dopo dalla Gran Bretagna che ne fece un suo protettorato fino al 1946.

La visita di Amman è come l’introduzione di un libro che non si vede l’ora di leggere: qualche pagina da sfogliare velocemente prima di arrivare dritti al cuore del romanzo, in questo caso Petra. Quasi sempre il motivo principale di un viaggio in Giordania.

Ed effettivamente la capitale non richiede tanto tempo: il suo “verso” più significativo sono le rovine romane della Cittadella che si trovano sulla collina più elevata di Amman, dove la vista spazia senza ostacoli a 360 gradi interrotta solo da un pennone da record (126 metri) che fa sventolare una bandiera gigante da 60x30 metri. Qui un tempo sorgeva l’antica Rabbath-Ammon e a essere le più fotografate sono le due imponenti colonne del Tempio di Ercole, costruito sotto Marco Aurelio.

Da quassù si vede anche il Teatro Romano da 6.000 spettatori, eretto pare nel II secolo d.C., che ancora oggi ospita in estate spettacoli e rappresentazioni: la testimonianza più grandiosa della Amman di quell’epoca, chiamata Filadelfia in onore di Tolomeo II Filadelfo.

Se si ha ancora del tempo a disposizione, si può fare una rapida tappa alla moschea dedicata al re Abdullah I: dall’architettura moderna (fu costruita nel 1989), la sala dedicata alla preghiera può contenere fino a 7.000 fedeli.

Non mancate di fare una passeggiata a Weibdeh, il ricco quartiere borghese di Amman dove vivono espatriati, stranieri e diplomatici se non altro per una sosta gastronomica che merita la deviazione: qui si trova Rakwet Arab, ristorante tradizionale molto frequentato dai locali dove assaggiare tante (e buonissime) meze a base di carne e verdura. L’hummus va raccolto dalla ciotola di portata aiutandosi con un pezzo di khubz (o pita, il tipico pane dei paesi mediorientali) da pizzicare con due dita, l’halloumi (formaggio fritto o al forno, prodotto con latte di capra o pecora) mangiato ben caldo prima che diventi gommoso e il mansaf (piatto unico a base di riso, agnello e yogurt) rigorosamente con le mani. In tavola non mancano mai anche kebab di montone, falafel (polpette di ceci con cumino) e pollo o agnello marinato con spezie.

Salt, camminando nella Storia

A una trentina di chilometri da Amman, in direzione nord ovest, si raggiunge Salt o as-Salt (circa 100.000 abitanti), sito Unesco riconosciuto come “Place of Tolerance and Urban Hospitality” per la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani (il 96% della popolazione).

Per sei mesi Salt è stata capitale della Giordania, la prima della sua storia quando nel 1921 fu fondato l’emirato di Transgiordania, riconosciuto ufficialmente nel 1923 sotto il re hashemita Abd Alla´h.

Durante la dominazione ottomana questa città sull’altopiano di Balqa divenne un importante snodo commerciale, con carovane di mercanti in arrivo da Nablus, dalla Siria e dal Libano: così da centro rurale, Salt si trasformò in una ricca città dall’architettura neocoloniale.

E proprio il suo piccolo centro storico merita una visita, anche veloce, soprattutto dopo essere stato oggetto di un recente progetto di riqualificazione che ha interessato le case costruite tra fine Ottocento e i primi del Novecento con una particolare pietra gialla calcarea tipica della zona.

Fate una tappa anche al suo coloratissimo e ordinato mercato: un trionfo di frutta, verdura e spezie che i venditori più affabili vi faranno assaggiare dietro a un grande sorriso. Non mancate anche di provare uno spuntino come pane con olio e zaatar, una miscela a base di timo e sesamo già apprezzato ai tempi del faraone Tutankhamon (nella sua tomba ne sono state rinvenute delle tracce).

Umm Qays, antiche vestige tra una meze e l’altra

Proseguendo verso il nord del paese, quasi al confine con la Siria, c’è Umm Qyas (chiamata anticamente Gadara, dal miracolo dei maiali dei Gadareni raccontato nelle Bibbia): da qui la vista si perde sul lago di Tiberiade, le alture del Golan e il monte Hermon.

Ma oltre al panorama spettacolare, il motivo per cui gli amanti dell’archeologia dovrebbero inserire questa tappa del Jordan Trail - itinerario escursionistico di 650 chilometri che parte da qui e arriva fino ad Aqaba - nel loro itinerario di viaggio sono due.

Innanzitutto il sito archeologico con rovine di epoca greco e romana in basalto nero, tra cui quelle di due teatri e una strada colonnata, e i resti di un villaggio ottomano datato tra il XVIII e il XIX secolo.

E poi per le iniziative di turismo comunitario che hanno l’obiettivo di attirare visitatori in questa località certamente meno famosa (e conservata) di Jerash ma altrettanto affascinante, soprattutto nel periodo primaverile per via delle fioriture selvatiche: al centro di questo progetto c’è il coinvolgimento della comunità con iniziative e laboratori che ne fanno conoscerne meglio usi e costumi.

Tra le più interessanti e uniche la possibilità di consumare un pasto a casa di una delle famiglie di Umm Qays che hanno aderito all’iniziativa, come quella della signora Roufena (un marito e 7 figli) che cucina pietanze locali - dagli immancabili hummus e babaganoush (crema di melanzane) ai warak enab (involtini di foglie di vite ripieni di riso e carne macinata), passando per il mansaf, il piatto nazionale giordano, offerto durante i matrimoni e le grandi occasioni- da mangiare tutti insieme seduti per terra attorno alla tavola.

Un’esperienza che traccia il confine tra l’essere viaggiatori o turisti, un modo per conoscere e comprendere meglio le tradizioni del Paese che si visita, annullare le barriere linguistiche e culturali. Quello che si percepisce è un grande spirito di accoglienza e generosità da parte delle famiglie del posto che fanno sentire gli stranieri per un attimo a casa loro: come scriveva Pablo Neruda, basta un sorriso ad aprire tutte le porte.

Jerash, la Pompei d’Oriente

Insieme a Petra, l’altra meraviglia da includere assolutamente nel proprio itinerario di viaggio è Jerash: città romana tra le meglio conservate di tutto il Medio Oriente che si può visitare anche in giornata da Amman (le separano una cinquantina di chilometri).

Il momento migliore per girarla è al tramonto quando il caldo, seppur asciutto, si fa meno opprimente ma soprattutto la luce tinge di rosa le rovine disseminate su un’area piuttosto vasta: le più affascinanti sono quelle del Foro, una piazza delimitata da 56 colonne ioniche erette su un lastricato di pietra calcarea, del Tempio di Zeus, costruito nel 162 d.C. sulla sommità di una collina che ne fa un ottimo punto panoramico, l’ippodromo (un tempo poteva ospitare 15.000 spettatori) e lo splendido e integro Teatro sud dove ancora oggi si tengono spettacoli e concerti. Come quello che di recente ha visto protagonista Riccardo Muti in occasione della rassegna Le Vie dell’Amicizia organizzata dal Ravenna Festival.

Vero che negli anni tutt’attorno si è sviluppato un grande nucleo urbano, la Gerasa moderna, ma ciò non sottrae fascino all’antica città che toccò il massimo del suo splendore all’inizio del III secolo, quando divenne una colonia di Roma: per accedervi si passa sotto al monumentale Arco di Adriano, edificato per commemorare la visita dell’imperatore nel 129 d.C. Il punto di confine tra il passato e il presente. L’inizio di un indimenticabile viaggio indietro nel tempo.

Tutto il misticismo del monte Nebo

Luogo di pellegrinaggio già per i primi cristiani di Gerusalemme, soprattutto dopo la visita di papa Giovanni Paolo II nel 2000, il monte Nebo (in aramaico, profeta) è diventato meta di turisti e fedeli da tutto il mondo. A neanche dieci chilometri da Madaba, è un vero e proprio tuffo nella Storia: pare che da quassù Mosè vide per la prima volta la Terra Promessa, dove tuttavia non arrivò mai, e che proprio nei dintorni si trovi la sua tomba, non ancora rintracciata dagli studiosi.

Si parla del Nebo anche nel diario di viaggio Pellegrinaggio in Terra Santa scritto da Egeria (una nobildonna o forse una monaca) che nel IV secolo affrontò da sola l’ascesa al monte dopo aver superato altre imprese nelle regioni del Sinai, della Giudea e in Egitto.

Ripensando a tutto quello che ne è stato nei secoli e al misticismo che trasuda, la vista da questa altura (700 metri) è ancora più emozionante: un cartello aiuta ad orientarsi col panorama e indica, a ovest, il Mar Morto e Betlemme, al centro, Gerusalemme e Ramallah, a est, Nablus e il lago di Tiberiade.

Alle spalle del belvedere si erge una basilica - costruita nel 597 d.C. sulle fondamenta di una piccola chiesa del IV secolo a commemorazione della morte di Mosè, l’edificio ospita all’interno splendidi mosaici bizantini - e nel cortile del parco archeologico gestito dai francescani si riconosce la sagoma di un bastone in bronzo a forma di croce avvolto da un serpente, in ricordo di quello appartenuto a Mosè.

Madaba, la cartina-mosaico nella chiesa di San Giorgio

Madaba - dall’aramaico Medeba, terra di acqua e frutta - si trova 33 chilometri a sud di Amman: il suo nome è menzionato anche nella stele di Mesha (ritrovata nel 1868 a Dhiban, sul Mar Morto, e ora custodita al Louvre) considerata la fonte più importante per lo studio della lingua moabita.

In questa località, conosciuta come la città dei mosaici, è possibile vedere con i propri occhi una testimonianza storica dal valore unico: nel 1896 durante la costruzione della chiesa greco ortodossa di San Giorgio, sui resti di una precedente di epoca bizantina, fu ritrovato sul pavimento un grande mosaico del VI secolo raffigurante una mappa della Palestina (la più antica giunta ai giorni nostri).

Oggi ne restano visibili solo alcune sezioni ma in origine questa cartina gigante pare si componesse di oltre due milioni di tessere rendendola all’epoca il più prezioso e accurato documento topografico per i pellegrini diretti verso la Terra Santa.

 

Al tempo di Google Maps, dove sono rilevanti solo le località di partenza e arrivo in termini di tracciato più veloce, fermarsi invece qualche minuto di fronte a questa opera dell’ingegno umano aiuta a ricordare di quanto non sia importante solo la meta ma anche il viaggio, di tutto ciò che c’è nel mezzo: storie di persone, di territori, di culture diverse. L’antitesi del freddo e immediato (seppur geniale) algoritmo di Dijkstra.

E allora delle 157 località riportate - tra Palestina, Giordania, Egitto - si possono riconoscere la Gerusalemme romana cinta da mura e attraversata da cardo e decumano, Betlemme, Gerico, la valle del Giordano e il Mar Morto così come apparivano tra il 542 il 570 a.C.

Già al tempo il tasso di salinità di questo specchio d’acqua era così elevato da impedire la presenza di vita: il mosaico riporta infatti anche l’immagine di un pesce che, nel tentativo di risalire il Giordano, torna poi indietro. Un inequivocabile avvertimento per tutti i suoi simili (e non solo).

Alla scoperta di un’antica fortezza crociata, Shobak

Se si chiudono gli occhi, oltre a sentire ben distinto il suono del vento che si incanala nei cunicoli e nei passaggi segreti di questa fortezza arroccata su una collina a 1.400 metri di altezza, con un po’ di fantasia si può immaginare cosa fosse Shobak al tempo dei crociati.

Frecce scagliate dalle feritoie, assedi estenuanti e combattimenti feroci: voluto dal re crociato Baldovino I nel 1115 per controllare le rotte delle carovane tra la Siria e l'Egitto il castello di Shobak - una trentina di chilometri a nord di Wadi Musa, nel mezzo di un paesaggio a tratti lunare - dovette soccombere definitivamente agli attacchi delle armate di Saladino una settantina di anni più tardi dopo un accerchiamento durato 18 mesi.

Il momento migliore per visitarlo è al tramonto, quando il caldo si fa più sopportabile, il cielo è terso e la luce più nitida. È allora che si notano ancora di più le iscrizioni coraniche in caratteri cufici sull’esterno del torrione nord del castello e, dirigendosi verso sud, l’incisione di una croce dei crociati sopra una porta lungo il perimetro orientale del complesso.

Meno battuto di Karak - presente in quasi tutti gli itinerari turistici come tappa successiva a Madaba - il castello di Shobak è altrettanto affascinante, se non altro perché si riesce a girare tra i suoi ruderi senza folla. Il che regala un maggiore senso di suggestione.

Petra, la città rosa che è una delle Sette meraviglie del mondo

Chissà cosa deve aver provato Johann Ludwig Burckhardt quando nell’agosto del 1812 si trovò di fronte agli occhi la città abbandonata di Petra, antica capitale del regno dei Nabatei.

Fu proprio il giovane esploratore svizzero, fingendosi un pellegrino musulmano diretto alla Mecca, a riscoprire il sito archeologico più famoso di tutta la Giordania, fino ad allora tenuto nascosto dai beduini che temevano gli assalti delle tribù rivali.

La vita di Burckhardt è tutta un’avventura: orientalista, imparò l’arabo e forse si convertì anche all’islam, girò in lungo e in largo tra Siria, Palestina, Giordania ed Egitto cambiando il suo nome in Ibrahim ibn Abdallah per destare meno sospetti, scoprì Petra a dorso di un dromedario e morì al Cairo nel 1817 per le complicanze di una forte dissenteria a un mese dal suo 33esimo compleanno.

Quasi la trama di un film. Ma se all’epoca non c’erano cineprese, la penna arguta di Burckhardt immortalò immagini e sensazioni nel libro (pressocché introvabile) Viaggio in Giordania con gli occhi increduli di un esploratore dei primi dell’Ottocento.

Fu il cinema a far conoscere al mondo intero la meraviglia di Petra: 172 anni dopo la scoperta di Burckhardt, Spielberg ambientò le scene finali di Indiana Jones e l’ultima crociata nel Tesoro. Il monumento simbolo dell’antica città nabatea.

Il momento più emozionante (soprattutto durante la visita di notte, sotto al cielo stellato) è quando una volta percorso il Siq - gola formatasi a seguito di movimenti tellurici, lunga un chilometro, stretta e alta fino a 200 metri - si apre improvvisamente una spianata dove svetta imponente questa facciata ellenistica scavata nell’arenaria.

Se le pareti verticali del Siq sono state modellate nei secoli dall’acqua e dal vento (la superficie è liscia come la buccia di una pesca con qualche screziatura più scura dovuta alla presenza di minerali), il Tesoro è rimasto quasi del tutto indenne perché costruito in un punto protetto dalle intemperie.

Scolpito dall’alto verso il basso, questo edificio funerario costruito per ospitare la tomba del re nabateo Aretas III (87-62 a.C.) è un capolavoro che lascia senza fiato: sei colonne sormontate da capitelli con motivi floreali, un timpano triangolare, al di sopra del quale ci sono delle nicchie che ospitano figure divine e mitologiche. C’è anche un calice a rappresentare la lavorazione della ceramica, di cui i Nabatei erano grandi esperti.

L’interno non è visitabile ma non è altro che una spoglia sala quadrata dove, secondo una leggenda, pare fu nascosto il tesoro di un faraone egizio (da qui il nome Tesoro).

Dei Nabatei - ricchissimo popolo di mercanti che vendeva spezie, mirra, incenso e soprattutto acqua (ecco perché lungo il Siq ci sono canali di terracotta che al tempo servivano ad alimentare delle cisterne) - non si conosce ancora bene la provenienza, ma è certo che furono loro a costruire l’immensa area archeologica di Petra (sotto tutela Unesco) che comprende anche la Strada delle Facciate, con tombe e case scavate nelle rocce, i resti di un grande teatro, le Tombe Reali e il Monastero. Nascosto tra le colline, quest’ultimo insieme al Tesoro è una delle perle più preziose: edificato nel III secolo a.C. pare anch’esso come tomba, lo si raggiunge dopo aver affrontato 800 gradini lungo un sentiero tra le rocce. Lo sforzo però sarà ampiamente ripagato.

Chi decretò la fine di un regno tanto potente e prospero? I romani: Petra iniziò a essere percepita come un pericolo quando i Nabatei si fecero i padroni indiscussi degli scambi commerciali della zona. Così, nel 106 d.C., all’imperatore Traiano bastò deviare le rotte delle carovane: da allora Petra fu condannata al silenzio e a secoli d’oblio.

Sul Mar Morto, viaggio al centro (più basso) della Terra

“You are at the lowest point on earth”: il Mar Morto, proprio come recitano i cartelli disseminati lungo le sue sponde (divise tra Giordania e Israele), è il punto più in basso della Terra.

Scendono i metri sotto al livello del mare, circa 400, e salgono le temperature che qui sono quasi una decina di gradi in più rispetto alle zone limitrofe.

Ma un tuffo tra le sue acque salatissime - la salinità media è del 23%, dieci volte tanto quella degli oceani - non sarà certo di grande refrigerio, basti pensare che d’estate superano ampiamente i 30 gradi.

Nonostante le condizioni estreme (non ci sono pesci, solo microrganismi) è senz’altro un’esperienza unica un bagno in questo lago - sì perché a dispetto del nome, è un bacino chiuso e l’acqua si disperde per evaporazione da clima secco e caldo. Motivo per il quale i sali sono più concentrati - perché si galleggia come da nessun’altra parte al mondo. La foto di rito è mentre si legge il giornale in acqua, magari con tanto di gambe incrociate, tanto è praticamente impossibile affondare!

Al di là dell’aspetto ludico, il Mar Morto è apprezzato in quanto enorme stazione termale (la sua superficie copre un'area di circa 980 kmq) grazie alle acque calde e curative - cariche di cloruro di magnesio, cloruro di sodio, cloruro di potassio, bromuro di sodio e solfato di calcio - e ai fanghi ricchissimi di minerali dall’azione drenante e idratante.

Ma attenzione, avventurarsi nelle sue acque senza avere a portata di mano una doccia potrebbe essere un’esperienza poco piacevole, per questo lungo la strada che costeggia le rive si possono incontrare baracchini che offrono bibite fresche e acqua corrente per sciacquarsi dopo un tuffo.

Quanto alle strutture ricettive che affacciano sul Mar Morto, c’è l’imbarazzo della scelta: oltre all’accesso diretto al mare, spesso hanno piscine, spa e centri benessere con prodotti naturali della zona. L’epilogo perfetto dopo un viaggio in giro per il paese, sulle orme di Lawrence d’Arabia.

Indirizzi da segnare

Sheraton Amman Al Nabil Hotel
5th Circle, Amman, 11184
Tel +962 6 593 4111

Petra Moon Hotel
Visitors center street, Tourism St, Wadi Musa 43345
Tel +96232156220

Mövenpick Dead Sea
Sweimeh, Dead Sea Road, Amman 11180
Tel+962 5 356 1111

Rakwet Arab Restaurant
Al-Baouneyah St. 11, Amman
Tel +962 6 461 1559

Zokak Coffee House
Jabal Al-Lweibdeh, Amman
Tel +962 7 9554 4217

Tawaheen Al-Hawa Restaurant
Wasfi Al Tal Street, Amman
Tel +962 6 534 9986

Iskandarani Café
Al-Hamam St As, As-Salt
Tel +962 7 9509 9702

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