Cucina mediterranea d'autore Il tocco di Solofra al Savoy Beach

Giovanni Solofra, reduce da esperienze pluristellate in Europa, approda al 4 stelle di Paestum, portando un nuovo stile di cucina che, per l'anniversario della struttura, potrebbe portare alla conquista della stella

25 settembre 2020 | 06:40
di Marco Di Giovanni
Si è parlato per tutta l’estate di rinunce per chi parte, di crisi per chi ospita, di paura per chi si sposta. E se, qualcuno avesse voluto far di necessità, virtù? Quale sarebbe il risultato oggi? È sufficiente domandarlo alla famiglia Pagano, che con questo modus vivendi ha “rivoluzionato” l’offerta del Savoy Beach Hotel a Paestum (Sa). A cominciare dalla ristorazione.


Giovanni Solofra

Spazi grandi per dare un senso di sicurezza; un respiro più internazionale, più moderno, per intrigare sia i lontani americani (che fino all’anno scorso hanno occupato una fetta sottile della clientela proveniente dall’estero) sia i vicini italiani (abituati ad andare oltre confine, ma quest’estate “costretti” a casa propria); ma soprattutto, una nuova cucina, un nuovo concept di ristorazione.

La proprietà festeggia i 20 anni della struttura, in questo difficile anno di svolta. «La famiglia Pagano - spiega Chiara Pierro, marketing e comunicazione per la famiglia Pagano, che oltre al Savoy Beach conta l’hotel Esplanade, il Beach Club 93 e l’azienda agricola San Salvatore 1988 - ha voluto festeggiare questo ventennio con un nuovo posizionamento». Con Giovanni Solofra che prende le redini della cucina del Tre Olivi, niente di più facile.


Il locale

Giovane, umile e carismatico allo stesso tempo, campano di nascita, dal forte legame con la sua terra, con i suoi prodotti, con quella Dieta mediterranea che è nata qui. Talentuoso, fin da quand’era giovane, destinato a diventare grande in cucina, grazie anche alle esperienze (pluristellate) maturate nel corso degli anni.

«Sono originario vesuviano, ma professionalmente è la prima volta che rimetto piede nella mia Campania. Tutta la mia carriera è stata fuori regione» e probabilmente fuori regione sarebbe continuata, se non fosse stato per il felice incontro con la famiglia Pagano: «Auto-sostentamento, qualità del prodotto… Enzimi che han fatto da catalizzatori a questo sodalizio».

Profeta in patria, Giovanni, che mai se lo sarebbe aspettato, quando tempo addietro studiava diritto sui libri di Giurisprudenza. «Il fratello di mia madre aveva aperto a Perugia un’attività di ristorazione. Mi chiama per dare una mano. Andavo molto bene, anche mio zio lo vedeva, così da lì a poco mi regala uno stage in un 2 stelle Michelin in Spagna. È stato il mio “Sliding doors”». Continuare la carriera universitaria o cimentarsi in cucina per diventare grande? La scelta, non facile, ha premiato Giovanni.

Lo stage in Spagna prima, da Quique Dacosta (oggi 3 stelle), poi chef de partie per i secondi («affiancavo il sous chef») da Ciccio Sultano al Duomo (due stelle), poi da Heinz Beck a La Pergola (tre stelle). Infine, sempre sotto Beck, l’apertura del suo ristorante a Taormina, dove Giovanni va come executive – tempo solo qualche mese ed arriva la stella Michelin.

E rieccoci al Savoy. Conosciamo un po’ meglio Giovanni, ora. Sappiamo l’esperienza che ha la sua mano nel dipingere - utilizzando, però, solo i colori della sua terra. «Ho portato qui qualche piatto signature, com’è naturale che sia, ma la mia proposta rimane strettamente mediterranea». Una cucina super-mediterranea, ma d’autore.

«La mia è una cucina che segue i miei anni di crescita, la mia formazione, ma è anche una cucina che interagisce col posto, con la tradizione che il mondo invidia al Cilento… I dogmi della Dieta mediterranea, che non è solo olio e pomodoro, ma anche e soprattutto panificazione, gusto e salute, convivialità… Dalle colline alla pianura, dalle riserve protette al mare meraviglioso, una cucina a disposizione del cliente».

Chi prenota al Tre Olivi (che sia cliente dell’albergo o esterno curioso food lover) avrà tutta la sicurezza di cui ha bisogno in questo periodo covid. Entra nell’hotel, pochi passi ed è subito al ristorante gastronomico. Un ambiente tutto nuovo rispetto all’anno scorso: «Abbiamo approfittato del lockdown per sistemare apportare tante modifiche», ci anticipa Chiara. «Il cambiamento c’è, dalla cucina alla sala», chiarisce Giovanni. L’ambiente è più contemporaneo, quasi fuori dal tempo nel design; le ceramiche sono cambiate, la mise en place, anche la sala! Perché Giovanni ha portato con sé, qui al Savoy, oltre alla compagna Roberta Merolli, panificatrice e pastry chef (un vero talento), anche Valerio Vita, maitre oggi del Tre Olivi. «Il cliente si troverà di fronte non solo piatti, ma tutto un servizio completamente rivisto».

E allora spostiamoci a tavola. L’esperienza al Tre Olivi vale la tappa, non c’è che dire. Scopriamola.

Un Ruinart Rosé nel calice accompagna le piccole chicche d’ingresso di Solofra. Sono otto. Spiccano la Polpetta di brasato con tartufo estivo (intensa, avvolgente) e il Cono gelato con guacamole, scarola e tartare di gambero. Un plauso al Bacio, un entrée da condividere in un gioco tra commensali-congiunti (per dirla in periodo di covid), ma anche un gioco che fa presagire lo stile originale della cena tutta.


L'aperitivo

Brioches, grissini, taralli campani, pagnotta, baguette, focaccia e pane integrale ai semi sono opera di Roberta, abbinati a una piccola trilogia giocosa firmata Solofra: le Tre Olive (chiaramente un giocoso richiamo al ristorante), apparentemente frutti per eccellenza della Dieta mediterranea, in realtà nascondono al loro interno tre combinazioni differenti: un’insalata cilentana al nero di seppia; peperoni e olive; olio extravergine d’oliva in purezza (qualcosa di speciale).


Il paniere di Roberta

Già da qui vediamo delinearsi una dote dello chef: l’abilità di nascondere le difficoltà di preparazione dei suoi piatti per far emergere il gusto autentico del prodotto (e, per estensione, della terra in cui ci si trova), mediato però da un gioco che oscilla tra la scoperta e la sorpresa. Lo dimostra il Fontana o Pomodoro. Una preparazione coperta da un gel di Pomodoro, che tagliata (come fosse un taglio nella Tela, ecco da qui il nome del piatto in riferimento al grande artista argentino) svela una tartare di tonno rosso.

Tocca alla Prospettiva San Salvatore: Ricciola e bufalina, guacamole di verdure, olio evo dell’azienda e latte di bufala affumicato. Una nube nasconde il piatto, si dissolve e lascia spazio a Ricciola e bufalina protagonisti, poi il latte di bufala versato al tavolo: i gusti dei diversi prodotti arrivano al palato e subito si mixano piacevolmente, poi il vino (uno Chablis, il Saint Pierre, di Albert Pic) proposto dal sommelier Alessio Tritto ci mette lo zampino e rende l’esperienza a dir poco armonica.


Prospettiva San Salvatore

Il gioco non è più nel piatto ma al palato quando in tavola arrivano la Danza delle Menadi abbinata per contrasto a un Riesling. Tortellini con alici di Menaica presidio Slow Food insieme ad una mousse di erbe spontanee e zafferano si contro-bilanciano ad un bianco della Mosella.


Danza delle Menadi

L’ossidazione che facilmente si percepisce sorseggiando un’eccezionale Rebula (la nostra Ribolla Gialla) Opoka (linea che viene prodotta solo per le migliori annate) 2014 di Simcic (siamo nel Collio Sloveno) abbinata ad un Filetto di pezzogna (il pescato del giorno, come puntualizza Solofra: «Variamo a seconda della disponibilità, cercando di tenere sempre due scelte di pesce fresco da offrire ai nostri clienti, non per forza la classica Spigola) con salsa ai limoni (lime, limone di Sorrento e limone nero in cenere).


Filetto di Pezzogna

Alla conclusione della cena il pre-dessert, la Presentosa, composto da un cremoso di liquirizia e di fico bianco del Cilento, con sorbetto al limone e una cialda allo zafferano. Obiettivo manifesto è portare in tavola un pezzo di Abruzzo (terra di origine di Roberta) attraverso la rappresentazione del gioiello tradizionale femminile abruzzese. Un buon dolce, ma sempre un anticipo al principe dei dessert della stagione estiva 2020: il Lat(t)e Future, una zuppa di latte con tutto il gusto della colazione e ingredienti di palpabile genuinità. Mousse di latte, meringa di latte, frolla di pane, gelato al caffè e, naturalmente, espresso. Un piacere per i sensi, il buon esempio di chi ha compreso appieno che il dessert rappresenta l’ultimo ricordo della cena per il commensale.

Questo è il menu degustazione che, Solofra se ne è stupito, «è venduto ad un’altissima percentuale di clienti, più di quanti pensassi: a Taormina facevo molta più carta, ma qui la degustazione la vogliono provare in tanti, nonostante il ristorante non sia [ancora, aggiungiamo noi] uno stellato. Lo ordinano dai bambini di 14 anni agli adulti sopra i 60».


Piatto Fiore

A realizzare questo menu, non è solo un cuoco, Solofra ci tiene a ricordarlo, ma una squadra. Composta da Giovanni, Roberta e tutti la cucina (in totale, sono in 9); è un lavoro di gruppo, tra l’altro, under 28, questa l’età della brigata, che si spinge fino ai 21. La complementarità della sala (in 6) regala un’esperienza che, come abbiamo detto, può definirsi una «piacevole», anzi, piacevolissima «sorpresa».

Mail: communication@hotelsavoybeach.it

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Alberto Lupini


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