Capitale della Cultura... a tavola: Val d'Astino e Polenta e osei
La Val d'Astino, luogo di natura e spiritualità, e Polenta e osei, nella sua versione salata: due simboli di Bergamo e del territorio che raccontano al meglio la Capitale della Cultura
Prosegue la nostra rubrica Bergamo e Brescia tra storia e cibo, nata per celebrare le due città, le loro tradizioni e la loro cucina nell'anno della Capitale della Cultura. Un excursus che lega un monumento storico di ognuna delle due città ad un piatto o un prodotto tipico andando a creare una sorta di fil rouge tra Cultura e Cucina perché, come diciamo da sempre, la Cucina con la C maiuscola è un aspetto fondamentale e fondante della Cultura di una città e del suo territorio, così come lo sono la storia e i monumenti che punteggiano e definiscono il tracciato urbano.
Questa volta è il turno, per Bergamo, di Val d'Astino e Polenta e osei.
Il monastero, la chiesa e Napoleone
Non ci avevano visto male i monaci vallombrosani quando nel lontano 1107 hanno scelto la Val d’Astino, adagiata tra il bosco dell’Allegrezza e il colle della Benaglia, per costruire il loro monastero e la chiesa annessa, chiamata del Santo Sepolcro. Tra questi edifici religiosi e il territorio si è da subito creato un legame strettissimo, al punto che il nome Astino viene oggi usato indistintamente per indicare la valle o il complesso monumentale che vi sorge.
Il monastero di Astino nella seconda metà del Quattrocento acquisisce terreni in tutta la provincia. Nel 1170 viene consacrata la chiesa, che dal 1540 circa fino alla fine del secolo è ristrutturata e rinnovata: si completano l'ala est, le sale interne dell'ala sud e si costruisce il possente torrione angolare di sud-ovest, che ancora oggi svetta alto in mezzo alla valle.
La chiesa annessa, del Santo Sepolcro, ha una particolare struttura a croce commissa (pianta con un’unica navata che termina nel transetto) modificata dall’aggiunta di un coro profondo durante il Rinascimento. Chi la visita vi può trovare non uno, ma ben tre altari: quello maggiore, in posizione leggermente sopraelevata, poi l’altare di San Martino e quello degli Evangelisti, entrambi anteriori al 1140. La storia del complesso subisce una svolta con l'arrivo di Napoleone, nel 1797: viene soppresso e trasformato in manicomio prima e in azienda agricola poi; nel 1923 è infine venduto ai privati.
Capitale della Cultura... a tavola: Accademia Carrara e Polenta e osèi
Capitale della Cultura... a tavola: Il Capitolium e i casoncelli alla bresciana
Capitale della Cultura... a tavola: Teatro e Torta Donizetti
Capitale della Cultura... a tavola: Rovato e il manzo all'olio
Capitale della Cultura... a tavola: la Brescia Romana e il Bossolà
La rinascita nel 2013
Nel 2007 viene acquistato dalla Congregazione della Misericordia Maggiore, che ha restaurato integralmente la chiesa nel 2013 e sta completando il ripristino del monastero, riportando alla luce la bellezza di molte sale conventuali e degli affreschi finora celati sotto uno spesso strato di intonaco bianco steso tra Otto e Novecento. Tra questi, la raffinata Ultima Cena, eseguita per il refettorio del monastero dal fiorentino Alessandro Allori.
Nell’occasione della manifestazione di Expo 2015, il monastero è tornato un luogo vissuto e molto visitato: è stato infatti sede di numerosi eventi, mostre e iniziative legate al tema del cibo, del vino e della nutrizione in generale che hanno visto la partecipazione di tantissime persone.
Gli ampi prati attorno agli edifici religiosi sono stati pacificamente invasi da chi voleva godersi l’incanto di questa valle, mentre i campi circostanti costituiscono un ottimo esempio di come la biodiversità possa essere una strada concretamente percorribile nell’agricoltura moderna.
Bergamo e Brescia, terre di vino: viaggio tra Doc e Docg
Nasce "La Via delle Sorelle", il cammino di 130 km che unisce Bergamo e Brescia
In 2 milioni vogliono visitare Bergamo e Brescia, prossime tappe Pesaro 2024 e Agrigento 2025
Capitale della Cultura, Bergamo e Brescia parlano attraverso TheGate2023
I migliori vini di Bergamo e Brescia? Un concorso per deciderli
Polenta e osei, il territorio nel piatto
Polenta e osei è un piatto tipico della cucina bergamasca e bresciana. Con questo nome vengono denominate due preparazioni molto diverse tra loro. Infatti ne esiste sia una versione dolce che una salata. In questo articolo vi illustreremo la preparazione della seconda. Questo piatto ha per protagonisti, da una parte la polenta preparata nel modo classico e dall'altra gli osei, ossia uccellini come allodole, beccafichi o tordi. Questi vengono cotti insieme in una casseruola con il burro (abbondante) e la salvia.
Una pietanza molto bella da vedere, tipica delle cene invernali, di solito presentata su un grande piatto di portata con al centro gli uccellini circondati dalla polenta. Per preparare la polenta e osei bastano pochi, selezionati ingredienti. Prima di tutto la farina di mais e l’acqua bollente (500 gr di farina per 2 litri di acqua), ai quali va aggiunto un cucchiaio raso di sale grosso.
Poi servirà procurarsi gli uccellini: allodole, beccafichi o tordi. Si possono trovare già pronti per la cottura, che dovrà avvenire in un bel tegame ampio con burro e salvia. Se le dimensioni degli uccellini non sono troppo grosse, dieci minuti a fuoco medio - girando e rigirando di tanto in tanto - basteranno per portare a cottura la carne.
Il tutto andrà servito ben caldo, in un piatto comune.
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini