Il termine Fine dining in inglese significa “mangiare raffinato”. Si tratta di un’esperienza sensoriale che coinvolge tutti i sensi, caratterizzata da una cucina ricercata, con un uso di ingredienti di altissima qualità e una presentazione fantasiosa, un servizio impeccabile e attento, con un personale qualificato che sa consigliare piatti e vini più confacenti al cliente. Un locale elegante e confortevole e un branding formale, sia negli abiti, che nei comportamenti.
Massimiliano Romano
Il Fine dining sta avendo una crescita notevole (+64% di fatturato del 2022 e un po’ meno nel 2023): scegliere un ristorante “fine dining” significa valorizzare la produzione tradizionale, seppure capita che ci si ritrovi davanti a veri e propri esercizi di abilità un po' troppo fine a se stessi. Luxury food e’ il titolo di un recente libro (abilmente scritto da Annalisa Leopolda Cavaleri) dedicato al lusso nell’ambito food, ove si sottolinea che non necessariamente lussuoso significhi costoso: la direzione è quella di uno sviluppo più consapevole del concetto di esclusivo, senza un aumento eccessivo o sproporzionato dei prezzi.
Sostenibilità a tavola: la cucina italiana si adegua alle nuove esigenze
Quindi i prodotti di qualità e più costosi lasciano il posto a prodotti sempre qualitativamente superiori, ma meno costosi, (spesso a km zero o addirittura di un orto proprio dello stesso ristorante), attingendo ad un serbatoio enorme di ricette tradizionali tipiche dei territori italiani. Bando quindi a bolle di vaniglia stabili, realizzate con un ossigenatore per acquari e albumina. D'altronde la vocazione turista della nazione italiana spinge a dedicarsi alla prevalente attesa verso gusti tradizionali, per cui il fine dining sarà comunque una frazione pressoché marginale del business.
Ed è in questo frangente che è possibile lavorare molto e bene, su una cucina che, partendo dalla tradizione, lanci tutta una serie di proposte innovative, tutte basate sul principio olistico della salvaguardia della salute (uno dei temi più scottanti del futuro). La cucina olistica si basa su alimenti naturali (verdura, frutta, cereali, legumi, semi, uova, pesce, carne e latticini) possibilmente bio e consumati con criterio.
Zàgarà: il ristorante di Massimiliano Romano che rivoluziona la cucina siciliana
In questa nuova dimensione si iscrive Zàgarà, il ristorante dello chef e patron Massimiliano Romano a Lentini (Sr), che, dall’Istituto professionale, iniziando la sua carriera al ristorante dell’Hotel San Domenico a Taormina, e poi a quello del Palace Hotel di Siracusa, nel 2020 entra nella brigata di Gordon Ramsay al Savoy Grill di Londra, dove rimarrà per ben tre anni, durante i quali impara ad esaltare la materia prima ai suoi massimi. Nell’agosto del 2024, insieme alla moglie Federica Russo (maitre) e con la collaborazione di Thomas Santocono (junior maitre), apre Zàgarà, come una contigua costola del bistrot (Sicilia Nostra MR), già aperto nel 2010 dalla sua famiglia.
La sala interna del ristorante Zàgarà di Lentini (Sr)
Grossa enfasi viene posta sulla lavorazione della pasta e sulla necessità di recuperare lo storico (ormai difficilmente apprezzabile) aroma e la digeribilità (con contenuto bassissimo di glutine), ponendo l’attenzione su due priorità: il benessere e la qualità, attraverso un rigoroso “controllo qualità” delle semole utilizzate con il 12-13% per 100 grammi di proteine, e una essiccazione a bassissime temperature e per lungo tempo. Altrettanta grossa enfasi viene posta sulla selezione dei fornitori attenti al reperimento dei prodotti migliori da usare.
Il menu di Zàgarà
Ma l’enfasi più ammaliante viene posta sulla storia dei piatti tradizionali di famiglia, reinterpretati da un pensiero innovativo, che abbraccia i ricordi di una Sicilia di altri tempi, profondamente influenzata dalle varie culture, che hanno attraversato l'isola nel corso della storia. Zàgarà deriva dalla straordinaria fragranza rilasciata dal fiore di agrumi “zàgara”, che deriva dall’arabo (zahra), che oltre a voler dire “fiore”, si utilizzava come sinonimo di “splendore, lucentezza e prosperità” alla vita nuova che nasce. Due i menu degustazione (anche se è possibile scegliere i singoli piatti): uno di mare (Profumo di salsedine) e uno di terra (Aria Fresca).
Come si mangia da Zàgarà
Ecco alcuni dei piatti dei due menu degustazione assaggiati. L'ostrica Gillardeau con mirepoix di mela Smith marinata all'anice, accompagnata da caviale di Beluga, offre una combinazione delicata di sapori intensificata dalla marinatura acida. Il flan di finocchietto dell’Etna con triglia di fango all’arancia, maya d'ostrica e tuille all'aglio nero, esalta il contrasto tra il pesce scottato e il vegetale stufato, arricchito da contorni di pesce e vegetali.
Ostrica Gillardeau, mirepoix di mela Smith marinata 48 ore all’anice e caviale di Beluga
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Battuto di Wagyu, millefoglie di patate, maionese wasabi e miele di castagno
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Plin al formaggio di capra, vellutata di piselli, crema al Parmigiano Reggiano e polvere di capperi
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Risotto alla Nerano, crema di Parmigiano Reggiano 36 mesi, tartare di Gambero rosso e finger lemon
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Risotto alla Nerano nella versione con fettine di Wagyu
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Gnocchi di cicoria, caprese liquida e ragù di coniglio
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Pane di perciasacchi e russello con la tecnica degli Iblei
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Piatti come il risotto alla Nerano, con crema di Parmigiano Reggiano 36 mesi, tartare di gambero rosso e finger lemon, o la versione con fettine di Wagyu, combinano il pesce e la carne in un perfetto equilibrio di sapori. Il filetto di cernia alla Wellington, reinterpretato con un tocco siciliano e servito con tartare di cernia e bietola al burnt butter, è un esempio di come la cucina tradizionale possa rinnovarsi con ingredienti locali.
Il battuto di Wagyu con millefoglie di patate, maionese wasabi e miele di castagno, crea un equilibrio straordinario tra dolce, salato, amaro e acido, mentre i plin al formaggio di capra con vellutata di piselli, crema di Parmigiano Reggiano e polvere di capperi offrono un’armonia perfetta tra l’umami del formaggio e le delicate acidità vegetali. Il flan di verdure di stagione con fonduta di tumazzu e tuille all'aglio nero gioca con le acidità vegetali, interrotte dalla morbidezza del formaggio e dalla delicatezza dell'aglio nero. La quaglia ripiena all’arancia, con crumble salato, maya di Tarocco rosso, mirtilli e arachidi, è una magistrale esecuzione che combina in modo raffinato l'acidità della frutta con la succulenza della carne.
Filetto di Cernia alla Wellington servito con la sua tartare e bietola al burnt butter
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Lumache di terra cotte in sous vide con maggiorana e alloro e spuma di zuppa di cipolle
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Flan di verdure di stagione con fonduta di tumazzu e tuille all’aglio nero
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Quaglia ripiena all’arancia, crumble salato, maya di Tarocco rosso, mirtilli e arachidi
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Predessert a base di more Ilgelato con il crumble ricavato dal medesimo tipo di frutta
5/6
Suprema intensa alla mandorla, spugna di babà al rhum e cremoso all’arancia
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Ogni piatto di questi menu, pur potendo essere scelto singolarmente, rappresenta una proposta completa che racconta attraverso i sapori una storia di territorio, passione e innovazione. Il viaggio gastronomico si conclude con un predessert a base di more, un gelato con crumble di frutta che chiude in bellezza l’esperienza sensoriale, seguito da una Suprema intensa alla mandorla, spugna di babà al rhum e cremoso all’arancia, un dessert che, pur nella sua consistenza coriacea, si fa apprezzare per la sua novità.
Via Etnea, 260 96013 Lentini (Sr)
Lunedì-mercoledì, venerdì-domenica 19:30-23:30