C'è una certa logica nell'aprire un ristorante in un contesto già fertile per la gastronomia, in una grande città che sa apprezzare la ricerca culinaria. Milano, da questo punto di vista, rappresenta la meta naturale per chiunque voglia intraprendere il percorso della ristorazione fine dining in Italia. Negli ultimi anni, il capoluogo lombardo è diventato l’epicentro della sperimentazione, un laboratorio continuo di creatività e il simbolo di una cucina in costante evoluzione. Ma Stefano De Gregorio ha scelto una strada diversa, meno scontata, più coraggiosa. Per il suo Deg ha scelto Busto Arsizio (Va).
La sala del ristorante Deg
Una decisione che può sembrare controintuitiva per molti, data la vicinanza al capoluogo lombardo, dove le luci dei riflettori sono puntate su ristoranti stellati, chef rinomati e una clientela già abituata a un certo tipo di proposte. Eppure, proprio questo contesto, che potrebbe scoraggiare altri, è ciò che rende la scelta di De Gregorio così interessante. Busto Arsizio, a pochi chilometri dalla capitale italiana del fine dining, è una provincia che vive all'ombra della grande città, ma con una propria identità e, soprattutto, con un pubblico che lo chef ha deciso di valorizzare.
Deg, il ristorante che scommette sulla provincia
«Aprire a Busto Arsizio è stata una scelta ragionata», spiega De Gregorio, consapevole delle sfide che una alle porte di Milano comporta. «La provincia ha le sue problematiche, però credo fermamente che ci siano delle potenzialità enormi non ancora sfruttate». È proprio qui che la sfida diventa interessante. Busto non è una piccola realtà isolata, ma un luogo con una propria forza. «Volevo investire nella città in cui vivo, e farlo portando qualcosa di diverso», dice lo chef.
In un certo senso, la vicinanza con Milano rende la sfida ancora più complessa. Mentre la città attrae clienti da ogni parte del mondo, Deg deve lavorare con un bacino d’utenza più ristretto, che spesso non ha la stessa dimestichezza con il mondo del fine dining. Busto Arsizio, con i suoi circa 90mila abitanti, è una città industriale, dove la cucina di ricerca non è ancora parte del panorama quotidiano. «La gente qui non è sempre abituata a certi tipi di proposte gastronomiche, ma questo rende il nostro lavoro ancora più stimolante», afferma De Gregorio.
La sfida, quindi, non è solo quella di portare un fine dining di qualità a Busto, ma di farlo in modo che il pubblico locale possa apprezzarlo, capirlo e, soprattutto, farlo proprio. «Non volevo semplicemente copiare quello che succede a Milano. Volevo creare qualcosa di unico, che parlasse anche a chi non è abituato a queste esperienze», spiega lo chef. La scelta di investire nella provincia non è stata dettata da una logica di compromesso, ma da una visione chiara: quella di costruire una cucina che dialoghi con il territorio, con i suoi abitanti, ma che al tempo stesso sappia guardare oltre.
Lo chef Stefano De Gregorio del ristorante Deg
La cucina democratica di Deg: un dialogo con il territorio
L'idea di Stefano De Gregorio di una "cucina democratica" non è uno slogan vuoto. È una filosofia che cerca di bilanciare l'elevato standard del fine dining con un’esperienza più accessibile e comprensibile per il pubblico. «Non volevo che il mio ristorante fosse un posto esclusivo, dove solo un certo tipo di clientela potesse sentirsi a proprio agio», racconta. L’obiettivo è quello di creare un ambiente in cui il cliente possa vivere un contesto raffinato senza sentirsi alienato. «L’esperienza gastronomica deve essere partecipativa, comprensibile, e non solo un esercizio di tecnica».
In questo senso, la "cucina democratica" di De Gregorio diventa un ponte tra ciò che è radicato nel territorio e ciò che può spingere oltre i confini. Il concetto stesso di ospitalità è parte integrante di questa filosofia: «Volevo che la gente si sentisse a casa. Vengo da una famiglia in cui il pasto era un momento di condivisione, e volevo riportare questa sensazione nel mio ristorante», racconta lo chef.
Come è il ristorante Deg
Il locale stesso è stato progettato per riflettere questa idea di equilibrio tra raffinatezza e informalità. Con i suoi 34 coperti, suddivisi tra una sala principale e una saletta con cucina a vista, da Deg si respira un ambiente curato ma non opprimente. La cucina a vista permette di vivere un'esperienza più intima, nel corso della quale il cliente può osservare direttamente il lavoro dello chef e del suo gruppo.
Da Deg il tonno come filo conduttore
Uno degli elementi centrali nella cucina di Stefano De Gregorio è il tonno, un ingrediente che rappresenta molto di più di una semplice materia prima. «La mia passione per il tonno è nata grazie a Luigi Pomata (chef dell’omonimo ristorante a Cagliari, ndr) e a suo padre, che mi hanno insegnato tutto quello che so su questo pesce», spiega lo chef. Il tonno, nel Mediterraneo, ha una valenza simbolica che trascende il semplice uso gastronomico. Viene spesso definito “il maiale del mare” proprio per la sua versatilità: ogni parte può essere utilizzata, nulla viene scartato. «Per me, il tonno rappresenta la quintessenza della cucina mediterranea, e mi permette di esplorare nuove strade senza perdere di vista le mie radici».
La passione di chef De Gregorio per il tonno
Nel suo menu, il tonno ha un posto privilegiato. Il piatto con cui ha vinto il Girotonno a Carloforte nel 2019 (Parma - Modena – Carloforte: tonno croccante con pane e prosciutto, brodo di prosciutto e cuore di tonno, soia all’italiana al balsamico e gelato di tonno) è uno dei capisaldi del ristorante. «Sono sempre alla ricerca di nuove interpretazioni del tonno, attraverso l’utilizzo di parti meno conosciute come il cuore e il salame», spiega. L’idea è quella di spingere i clienti a conoscere nuove dimensioni di un ingrediente che spesso viene ridotto solo a tartare o filetto. «Il tonno è molto di più, e mi piace l’idea di educare i clienti a scoprire nuovi tagli e nuovi sapori», afferma De Gregorio. Questo approccio si inserisce in una visione più ampia della cucina. «Non voglio stravolgere la cucina mediterranea, voglio portare dentro influenze nuove ma mantenendo salde le mie radici», sottolinea.
Il piatto Parma-Modena: Carloforte con il quale Deg ha vinto il Girotonno 2019
Contaminazioni asiatiche e mediterranee nei piatti di Deg
Se il Mediterraneo è il cuore della cucina di De Gregorio, l’Asia rappresenta un’influenza altrettanto forte. Non si tratta di una moda passeggera, ma di un’ispirazione che lo chef coltiva da anni. «Sono sempre stato affascinato dalla cucina giapponese, non solo per la tecnica, ma per la sua filosofia», racconta. L’essenzialità, la pulizia e la profondità dei sapori asiatici trovano un’eco naturale nei piatti mediterranei, dove la sapidità e l'acidità giocano un ruolo chiave. «Voglio che le due culture si incontrino, non forzatamente, ma in modo naturale, come se fossero destinate a completarsi».
Nel nuovo menu autunnale di Deg, De Gregorio sta introducendo piatti che spingono ancora di più su queste connessioni. La contaminazione, quindi, non è solo una questione di ingredienti, ma di concetto: «Le due cucine si parlano, si influenzano a vicenda, e questo dialogo è ciò che mi interessa portare nel piatto».
La ricerca della sapidità nei piatti di Deg
Un altro tema centrale nella cucina di De Gregorio è la sapidità, ma non quella semplice, ottenuta con l’uso di sale. La sua ricerca si concentra su come ottenere profondità di sapore attraverso processi di fermentazione e lavorazione delle materie prime. «Mi sono ispirato alla colatura di alici, che ho conosciuto grazie a Pasquale Torrente», spiega lo chef. «L'idea di ottenere sapidità attraverso la fermentazione mi ha affascinato subito, perché permette di aggiungere complessità ai piatti senza l'uso eccessivo di sale». Il sale, per lo chef, è solo un punto di partenza, un esaltatore di sapore che può essere sostituito da ingredienti che, lavorati con cura, sviluppano una sapidità propria.
La sapidità, quindi, non è mai qualcosa di semplice o scontato. Ogni piatto è il risultato di una riflessione approfondita su come gli ingredienti possono interagire tra loro, su come le tecniche di fermentazione e lavorazione possono far emergere nuovi strati di sapore. «La cucina è un lavoro di pazienza», dice De Gregorio. «Non si tratta di trovare scorciatoie, ma di dedicare tempo e attenzione a ogni dettaglio».
La sfida del menu autunnale di Deg
Il nuovo menu autunnale di Stefano De Gregorio, previsto per metà ottobre, segna un ulteriore passo avanti nella sua ricerca sull’equilibrio tra sapidità e acidità. «Sarà un menu più spinto dal punto di vista del gusto», spiega lo chef, anticipando alcuni dei piatti che caratterizzeranno la proposta. Tra questi, l’agnello avrà un ruolo centrale. «Sarà un piatto conviviale, ispirato al Mediterraneo, perché il Mediterraneo ha sempre portato la convivialità a tavola». Il piatto sarà preparato in modo da richiamare proprio queste culture: prima cotto nel fieno e poi rifinito alla brace, condito non con sale, ma con una selezione di spezie mediterranee. A completare il piatto ci saranno albicocche fermentate, preparate durante l’estate, hummus di ceci e un pane ispirato alla tradizione turca, pensato sia per essere mangiato come un panino sia per essere condiviso con gli altri commensali.
Linguine alla brace del ristorante Deg
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Linguine al sapore di mare con limone fermentato del ristorante Deg
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Lingua, scampi, salicornia e lime del ristorante Deg
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Tagliatella di seppia, bufala, limone, capperi e shichimi del ristorante Deg
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Crema pasticcera all’Umeshu del ristorante Deg
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Questa idea di condivisione è centrale nella filosofia di De Gregorio, che cerca di riportare in ogni piatto quell’esperienza di convivialità che per lui è sempre stata legata al cibo. Il menu autunnale non si limita però alle proteine animali. «Stiamo lavorando su nuovi piatti vegetali», afferma lo chef, e spiega come la sua cucina tenda a privilegiare la pasta rispetto al riso, un omaggio alla tradizione mediterranea. Uno dei nuovi piatti sarà una contaminazione tra il Mediterraneo e l’Asia, un tema ricorrente nella cucina dello chef: si tratterà di una preparazione a base di cime di rapa, accompagnata da rafano e tè matcha. Un altro piatto è la scarola (come se fosse ripassata), un omaggio alla cucina contadina ma con un tocco moderno. «La scarola viene cotta interamente alla brace, condita con polveri e salse complesse», racconta De Gregorio, che sottolinea come la semplicità degli ingredienti possa essere esaltata da tecniche più sofisticate, come l’uso della colatura vegetale, una preparazione che richiede tempo e pazienza.
Per l'inverno, invece, lo chef ha in serbo una novità legata alle sue radici. «Sto lavorando su un piatto di passatelli, un piatto a cui sono molto legato per la sua connessione con la mia famiglia», rivela De Gregorio. La ricetta, ispirata da sua madre, sarà reinterpretata in una chiave moderna, contaminata dalle influenze asiatiche che caratterizzano il suo stile. Il piatto vedrà i passatelli serviti in un brodo ispirato al ramen giapponese.
I piatti di Deg che non lasciano il menu: capisaldi e variazioni stagionali
Nel percorso di uno chef, ci sono piatti che diventano parte integrante della sua identità, tanto da non poter essere più tolti dal menu. Stefano De Gregorio lo sa bene, e alcuni dei suoi piatti sono ormai legati non solo alla sua visione, ma anche all'affezione dei clienti. «Ci sono piatti che non toglierò mai dal menu, non solo perché io stesso sono legato a loro, ma anche perché i clienti abituali si sono affezionati. Non posso immaginare di togliere il brulé di capasanta, ad esempio», racconta lo chef. Il brûlé di capasanta è una preparazione articolata: la capasanta viene frullata, flambata con zucchero muscovado e finita con un brodo dashi che ne esalta la dolcezza naturale.
La sfida è portare il fine dining in provincia, a Busto Arsizio
Un altro piatto imprescindibile è la linguina alla brace, una vera firma di De Gregorio. «È un piatto simbolico per me, mi ha accompagnato in diverse fasi della mia carriera, anche quando ho partecipato al Girotonno a Carloforte. Non posso pensare di toglierla dal menu». Anche il tagliolino al gambero rosso rimane un pilastro del menu, un piatto che ha conquistato il cuore dei clienti fin dalla prima volta che è stato servito. Lo stesso vale per il piatto di lingua, scampi, salicornia e lime, una preparazione in cui la freschezza e la sapidità naturale della salicornia incontrano la lingua e la delicatezza degli scampi, bilanciata dal tocco acidulo del lime. Ma non solo piatti salati, anche i dolci hanno un posto speciale nel cuore dello chef e dei clienti. Un esempio è la crema pasticcera all'umeshu, servita con una crema salata allo yuzu e tè matcha, accompagnata da un croccante di sesamo. «Questo dolce è stato presente fin dall'inaugurazione, ed è uno di quelli da cui non mi separerei mai. Ha un legame speciale con il ristorante e con la nostra storia», spiega lo chef.
Deg, la crescita costante di chef Stefano De Gregorio
Se c'è un elemento che caratterizza il percorso di Stefano De Gregorio, è la crescita continua. Non c'è spazio per l’immobilismo nella sua cucina. «Non voglio stravolgere tutto subito», afferma, «preferisco fare piccoli passi, inserendo piatti nuovi gradualmente, in modo che i clienti possano abituarsi al cambiamento e apprezzare l'evoluzione del menu». La partecipazione ai The Fork Awards, che ha inserito Deg tra le 60 nuove aperture da seguire a livello nazionale, è stato un riconoscimento importante, ma per De Gregorio è solo un punto di partenza. «Penso che abbiamo fatto bene finora, ma il vero obiettivo è continuare a crescere», dice lo chef. «Voglio che il ristorante diventi un punto di riferimento, non solo per chi è appassionato di cucina, ma anche per chi cerca un’esperienza diversa, fuori dai soliti circuiti». Questo significa, per De Gregorio, non solo migliorare costantemente l'offerta, ma anche creare un ambiente che sappia accogliere e coinvolgere i clienti in modo autentico e naturale.
Deg, un ristorante che racconta una storia
Il percorso di Stefano De Gregorio con il suo Deg Ristorante è un viaggio che non si accontenta di seguire le mode del momento o di cercare riconoscimenti facili. La sua cucina è un atto di pazienza, di ricerca e di evoluzione costante, nella quale ogni cosa è il risultato di una riflessione approfondita e di un dialogo continuo con il territorio, ma anche con influenze che arrivano da lontano. «Non mi interessa fare cucina solo per stupire», conclude lo chef. «Voglio che ogni piatto sia un'esperienza che i clienti possano portare con sé anche dopo aver lasciato il ristorante». Il futuro di Deg sembra già scritto, ma non in modo rigido: un futuro in cui la crescita sarà graduale, passo dopo passo, piatto dopo piatto, senza mai perdere di vista l'obiettivo principale: creare una cucina che sia in dialogo con chi la vive, una cucina che sappia evolversi senza mai dimenticare le sue radici.
Deg
Via Gioacchino Rossini 29 - 21052 Busto Arsizio (Va)
Tel 334 385 4612