Dopo il debutto di ottobre, arriva anche il raddoppio per Kuiri, servizio di kitchen sharing che apre il suo secondo laboratorio milanese in via Melchiorre Gioia, a cavallo fra Palazzo Lombardia (sede della Regione) e Porta Nuova (iconico quartiere direzionale meneghino).
Il punto vendita Kuiri in via Melchiorre Gioia
Il format innovativoAll’interno di una
struttura di circa 400 mq, da aprile saranno presenti le prime otto smart kitchen ripartite su due livelli. Pattuglia che potrebbe presto crescere di due unità dedicate ai brand sperimentali. Obiettivo: arrivare a un totale di 20
virtual brand, due per ogni postazione di preparazione.
A
differenza dei format più tradizionali, Kuiri si caratterizza per una
cucina a vista che abilita il servizio di asporto oltre che il solo delivery. Un format che replica quello utilizzato per la prima apertura di ottobre in zona Solari. All’interno, lo spazio è suddiviso in
postazioni da 15 mq ciascuna dotate delle migliori tecnologie a supporto. Le cucine preallestite, infatti, comprendono aree per il lavaggio, per lo stoccaggio, servizio di sorveglianza, pulizia e assistenza per l’utilizzo del software gestionale. Un
pacchetto completo che ha già riscosso successo, viste le 200 richieste ancora pendenti per altrettanti brand.
Un'idea nata in accademyA guidare questa avventura imprenditoriale è
Paolo Colapietro, ceo di Kuiri, con dieci anni di esperienza nel mondo del
food iniziata con un accademy «che mi ha permesso di conoscere le diverse dinamiche del mondo food e far nascere l’idea di un coworking culinario».
Kuiri, infatti, si differenzia dagli altri format per aver abbracciato in maniera netta il modello
cloud kitchen, ossia: spazi ben visibili e identificabili che ospitano un numero determinato di brand virtuali, ognuno con la sua postazione, le sue preparazioni e la propria brigata. A fattor comune, uno spazio e dei servizi in linea con le richieste del settore. Per accedere a questo laboratorio, l’
affitto di partenza costa 2.500 euro al mese e può variare in base alle dimensioni della cucina. «Noi forniamo una postazione pre-allestita con cappa d’aspirazione, reparto di refrigerazione, banco in acciaio inox per le lavorazioni, ecc. Poi il
layout definitivo lo definiamo insieme ai nostri
partner per adeguare le disposizione della cucina alle loro specifiche esigenze», spiega Colapietro.
Asporto o delivery? Meglio tutti e dueIl servizio al
cliente avviene poi in due modi: delivery o asporto. Nel primo caso, Kuiri si affida alle capacità di aggregazioni delle
piattaforme: «Per fare certi numeri le piattaforme sono essenziali. Per questo cerchiamo una collaborazione anche con questi operatori al fine di offrire ai nostri partner le convenzioni migliori possibili», rivela Colapietro. Nel caso dell’asporto, invece, l’ambizione è più alta: «Il
take away è una scelta strategica. Abbiamo scelto location molto trafficate e residenziali perché vorremo diventassero delle vere e proprie cucine di
quartiere. Facili da raggiungere, riconoscibili, i laboratori di Kuiri sono sempre presidiati da un nostro store manager che interagisce con la clientela, tiene la cassa, prepara i sacchetti per la consegna», afferma Colapietro.
Prossimi sviluppiE con l’accelerazione della
digitalizzazione avvenuta durante il 2020, c’è spazio per crescere. «Nei prossimi 24 mesi puntiamo a completare la nostra
presenza su Milano con una terza cloud kitchen per poi muoverci a Roma, Bologna e Torino. Ormai, anche la clientela più tradizionale ha familiarizzato con le piattaforme di ordinazione online. La domanda c’è e sarebbe esplosa anche senza pandemia. Ora tocca a noi saper
rispondere alle esigenze dei clienti magari con un brand mix che, accanto a marchi nuovi, sperimentali affianchi anche firme più conosciute; come nel caso di
Rossopomodoro all’interno del punto vendita in Solari».