Le prime staffette sono partite nelle scorse ore, altre ne seguiranno tra oggi e domani. In 48 ore anche gli ultimi turisti cinesi presenti in Italia saranno rimpatriati, così come nella giornata di ieri sono rientrati in Italia i circa 60 nostri connazionali che si trovavano nella zona di Wuhan, epicentro della propagazione del coronavirus.
Alex Ye e uno dei suoi temaki con riso rosso, salmone e alga bianca
Via i turisti cinesi (e chissà i prossimi quando li rivedremo), in Italia restano migliaia di cittadini asiatici che ancora in questi giorni stanno facendo i conti con la
psicosi da contagio che, nonostante le rassicurazioni delle autorità sanitarie, continua ad
allontanare i clienti italiani da locali e ristoranti etnici. Eppure di manifestazioni di sostegno, in questi giorni, non ne sono mancate, dal pranzo in via Paolo Sarpi, cuore della Chinatown milanese, alle iniziative singole o collettive di amministrazioni comunali e politici, che si sono fatti riprendere mentre mangiavano specialità cinesi.
La sala del ristorante Hong Kong di Lodi
A Lodi,
Alex Ye, giovane imprenditore cinese neppure quarantenne, è titolare di due ristoranti di stampo giapponese tra i più frequentati della zona: «Il calo si sente sicuramente - dice - e credo che sia così anche per tutti i miei connazionali. Il problema è la disinformazione: la gente sta cominciando a informarsi bene soltanto adesso. In realtà, per quanto ci riguarda, il problema non sussiste: nessuno di noi ha parenti o amici appena tornati dalla Cina e, come tutti, anche noi siamo esposti al rischio». Timori infondati, quelli di contagio - ormai lo ripetiamo da tempo - ma che vengono alimentati ancora attraverso una quantità impressionante di fake news diffuse sul web. Un fenomeno preoccupante, che nelle scorse ora ha spinto le autorità sanitarie internazionali a parlare di “infodemia”.
Tra i miti da sfatare c’è anche quello del cibo: i prodotti utilizzati dai ristoranti etnici, soprattutto quelli freschi, non provengono dalla Cina: «Il salmone - spiega ancora Alex Ye - arriva dalla Norvegia, il branzino dalla Grecia e il tonno è del Mediterraneo, mentre il riso è coltivato in Italia o nel resto dell’Unione Europea. Nessun pericolo di contagio, dunque, anche per quel che riguarda il cibo».
Ma come si sente un giovane cinese che vive in Italia e che sta ascoltando in questi giorni cosa accade nel suo Paese? «A me dispiace tantissimo di questa cosa. Sinceramente spero che i miei connazionali a Pechino la gestiscano un po’ meglio e spero che finisca il più presto possibile».