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Dietro le quinte di Identità Milano I piatti «puliti e decisi» di Rinaldi

Alessandro Rinaldi, resident dell'hub di Identità, non fa solo assistenza ai grandi stellati che passano per la sua cucina: i suoi piatti sono tradizione rivisitata attenta all'antispreco.

di Marco Di Giovanni
 
26 novembre 2019 | 17:23

Dietro le quinte di Identità Milano I piatti «puliti e decisi» di Rinaldi

Alessandro Rinaldi, resident dell'hub di Identità, non fa solo assistenza ai grandi stellati che passano per la sua cucina: i suoi piatti sono tradizione rivisitata attenta all'antispreco.

di Marco Di Giovanni
26 novembre 2019 | 17:23
 

Ha recentemente compiuto un anno l'hub di cucina gastronomica Identità Milano, ricettacolo di gran soddisfazione per i due "padri fondatori" Paolo Marchi e Claudio Ceroni. 100 chef in 52 settimane, internazionali e italiani, una vera e propria pioggia di stelle Michelin, tutte a ricreare le loro proprie cucine, con l'assistenza della cucina "di casa", coordinata dalla già stella Michelin Andrea Ribaldone (I Due Buoi e I Due Camini, a fianco di Schingaro).

All'interno di Identità Golose Milano (Dietro le quinte di Identità Milano I piatti «puliti e decisi» di Rinaldi)
All'interno di Identità Golose Milano

Ma... in cucina, per tutto il resto del tempo - vale a dire dal lunedì al venerdì a pranzo e il lunedì e il martedì la sera - chi c'è? Il resident chef, Alessandro Rinaldi. Giovane, origini campane, innamorato del suo lavoro fin da piccolo e pieno di aspirazioni per il futuro. Alessandro fa due lavori: «Dal mercoledì al sabato accogliamo colleghi stellati ospiti da qualsiasi parte del mondo, io e la mia brigata seguiamo il servizio, facciamo affiancamento, garantendo un servizio di qualità».

Alessandro Rinaldi (Dietro le quinte di Identità Milano I piatti «puliti e decisi» di Rinaldi)
Alessandro Rinaldi

Quando lo stellato esce, con un pienone alle spalle, pronto per ripartire, la porta di Identità Milano rimane socchiusa: è proprio entrando da qui che si scopre la cucina di uno chef promettente, che passo dopo passo sta imparando come conquistare i palati della "Milano da mangiare" con piatti, come direbbe lui, «puliti e decisi» e - aggiungo io - con un'attenzione spiccata ed originale rivolta ad aspetti come l'importanza della tradizione e la cucina anti-spreco.

Si comincia con quattro finger: Animella (leggermente scottata alla base), alici di Cetara e porcino; Rochè di baccalà, molto ben abbinato a un gel di limone; Zucca, zucca e ancora zucca (all'interno una purea di zucca, all'esterno semi fatti essiccare, il tutto in un brodo fatto da un'estrazione di succa), bell'esempio di antispreco e stagionalità del prodotto; Parmigiana di melanzane, un bell'esempio di tradizione rivisitata, in finger in questo caso.


Già qui possiamo parlare dell'importanza della tradizione per Rinaldi, una "verità" che comincia dai suoi 11 anni: «A quell'età ho cominciato a fare questo lavoro, diciamo. Ho iniziato a muovere i primi passi in cucina, con mio padre e mia madre nel ristorante di famiglia. Sgusciavo i frutti di mare, tagliavo i primi pomodori... Stavo a terra a giocare con la pasta secca nelle pentole. Il tempo passava, stavo dietro a mia madre e a mia nonna, le guardavo mentre preparavano il pane, facevano il sugo di pomodoro, le conserve. Per me la cucina è questo, è tradizione, è da lì che tutto ha inizio. Noi non dobbiamo fare altro che perfezionare quei "piccoli sbagli" che facevano i nostri genitori, i nostri nonni... Ma alla fine quello che conta in cucina è il gusto. La cucina dev'essere buona».

E decisamente "buono" era il piatto successivo: Arachidi alla base (una crema fermentata con l'aggiunta di sidro di mela Annurca), un bauletto di pere Abbate (di stagione) allo zafferano, a salire un'Anguilla arrosto e, a chiudere, uno scampo di Sicilia crudo, poi quadrifoglio e rapanello a decorare. Il numero di ingredienti abbinati lascia perplessi all'inizio, ed è proprio per quello che a fine cena questo piatto resta in testa, usciti dal ristorante: sacrificare, al boccone, uno dei prodotti significa perdere l'equilibrio perfetto che Alessandro è riuscito a creare in questo piatto, nella combinazione di ogni sua parte.


Altro signature è il piatto successivo, il Pane Cunzato. Un piatto che da solo merita una tappa - il lunedì o il martedì sera - da Alessandro Rinaldi. Per realizzare questo primo «ho preso tutte le briciole del pane, il pane che, tra l'altro, facciamo noi in casa». Il pane che Rinaldi fa portare in tavola nasce dal recupero di grani antichi deboli di glutine e da lievito madre alla 4ª generazione, un pane perfetto se abbinato con un olio imbottigliato a pochissimi giorni dalla spremitura delle olive - «è un amico a fornirmelo, lo do ai miei clienti come fossero amici, perché chi viene da me è amico mio, è come parte di una grande famiglia, un senso di ospitalità che sento mio per tradizione».

Pane Cunzato (Dietro le quinte di Identità Milano I piatti «puliti e decisi» di Rinaldi)
Pane Cunzato

Le briciole del pane Alessandro le raccoglie quando il pane viene tagliato in cucina, «le trasformo in farina, e questa farina la rendo uno scrigno che accoglie del primo sale di pecora e bufala all'interno, poi tre tipi di pomodoro, un cuore di bue sorrentino, un ramato e un datterino, il tutto ridotto a concassé poi condito con un'acciuga sott'olio; con l'acciuga faccio anche una salsa di accompagnamento; infine come condimento e parte acidula ho preparato un olio aromatizzato all'origano fresco, direttamente dalla Campania».

Il piatto, in tavola, è un buonissimo esempio di alta cucina del futuro. Una cucina di recupero, un modello di antispreco al 100%. L'idea di recuperare le briciole del pane tagliato prima del servizio è incredibile. Una cucina che davvero riporta ai sapori della tradizione, lo si percepisce chiaramente in bocca, con quell'intensità di gusto che toglie spazio alla più moderna delicatezza per far riassaporare l'origine vera dei prodotti di qualità.


Dopo un Crudo e cotto di ricciola, zucca, croccante di cima di rapa, crema calda di mandorla di Noto, si passa al dessert, che merita anch'esso un posto nei ricordi da conservare. Un Babà cotto a vapore, una crema simile alla veneziana e un sorbetto al rum. Si può definire un babà scomposto, da mangiare per ordine, culminando con un sorbetto ricco di gusto e che pulisce il palato.

A chiudere il giovane e bravo barman Flavio Cotza con Na tazzulella e cafè, un drink ispirato alla nota canzone di Pino Daniele, a base di rum scuro, succo di lime, liquore al caffè home made (fatto con vodka e chicchi di caffè), sciroppo di zucchero, caramello (per donare dolcezza) e liquore di fave di cacao. Perché siamo intorno ai 35 gradi, a fine serata e dobbiamo metterci alla guida, altrimenti sarebbe da finire e ordinarne un altro!

Ripetiamo, quindi: tradizione (da rivisitare), stagionalità, territorio e antispreco, per una cucina fatta di piatti che siano puliti e decisi. Così Alessandro ci ha detto, così ha fatto. È bello scoprire, alle volte, quante cose belle siano celate, "dietro le quinte".

Per informazioni: www.identitagolosemilano.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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