Una valanga di dubbi e timori: lo sci partirà a gennaio?

Il via l’8 dicembre è irrealizzabile. Si parla del 18 o metà gennaio. La presidente dell'Anef, Valeria Ghezzi: «Pensare di sciare è difficile». Rischio assembramenti, soldi da investire, tracciamento: le difficoltà

16 novembre 2020 | 11:31
È passata un’altra settimana e la stagione dello sci è ancora ferma, congelata e con il nero all’orizzonte. Due sono le preoccupazioni che tormentano i gestori degli impianti e tutto l’indotto che il turismo invernale genera attorno agli sciatori: la mancanza totale di neve e i Dpcm che frenano le aperture, oltre agli spostamenti, gli assembramenti, i ristoranti e tutto ciò che serve per mettere in moto la macchina di una località di montagna.


Che ne sarà quest'anno dello sci?

Quando si riparte? E con quali modalità?
E in questo 2020 infettato l’apertura classica dell’8 dicembre resterà con ogni probabilità un miraggio. Gli addetti ai lavori si sono messi il cuore in pace (per modo di dire) e hanno già fissato al 18 dicembre una data ipotetica per far partire impianti e piste. Ma la domanda è sempre la stessa: anche se fosse possibile riaprire, come lo si potrebbe fare? Con quali misure? E con quali prospettive? Ma soprattutto: si correrebbe ancora il rischio di assembramenti e nuove ondate? «Ipotizzare di poter sciare in queste condizioni è obiettivamente difficile. Ora come ora non mi sento di garantire l’apertura degli impianti». Sono le parole della presidente degli impiantisti Anef Valeria Ghezzi, intervenuta alla presentazione degli indicatori per il prossimo inverno di Skipass Panorama Turismo, l’osservatorio montano della fiera Skipass di Modena, quest’anno annullata per l’emergenza Covid. «Ci vorrebbe la sfera di cristallo per sapere se quest’inverno si scierà - ha aggiunto - con la curva dei contagi in aumento, la situazione è molto complicata: è comprensibile che da parte del governo ci sia timore a dare il via libera allo sci, pur con tutte le precauzioni di sicurezza che possiamo adottare noi impiantisti. E non è questione di pessimismo. Noi siamo pronti, alcuni investimenti strutturali sono già stati fatti: questo significa che ci crediamo. Ma in una situazione così difficile bisogna essere realisti».

Per qualcuno si ricomincia dopo l'Epifania
Tanti punti di domanda che nascondono anche qualche preoccupazione, che per qualcuno è quasi una certezza: in caso di lockdown generale, si riparte dopo l’Epifania, che significa metà gennaio. I problemi “tecnici” poi sono sempre gli stessi: le piste hanno bisogno di preparazione, a maggior ragione se la neve non arriverà e bisognerà lavorare quella artificiale. Si parla di milioni di euro, che certo non verrebbero investiti per una mini-stagione per di più con pochi turisti (dato che di stranieri non dovrebbe essercene traccia).

Il Cts bellunese ipotizza 150 sciatori per ski area
Nel Bellunese (con Cortina capofila delle località) il Comitato tecnico scientifico ha proposto 150 sciatori al giorno per ski-area, dimezzando la portata degli impianti - come già proposto anche in Trentino - e predisponendo app per il tracciamento dei contatti.
Alta Badia e Cortina, rischio porte chiuse per i grandi eventi
Poi ci sono quelle località che incrementano il proprio fatturato grazie ai grandi eventi. Come l’Alta Badia che il 20-21 dicembre ospiterà la celebre tappa di Coppa del Mondo per il classico gigante e lo slalom speciale sulla Gran Risa che, tuttavia, quest’anno si terrà a porte chiuse, cioè senza pubblico. Cortina è con il fiato sospeso perché nel 2021 ospiterà i Mondiali di sci alpino: un’occasione ghiotta per rilanciare l’immagine di una nobile che stava - secondo qualcuno - decadendo: ma se si svolgerà tutto senza pubblico, quale sarebbe il ritorno?

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Alberto Lupini


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