Turismo di massa in montagna: il Veneto si prepara al numero chiuso?
La Regione Veneto sta prendendo in considerazione il numero chiuso per il turismo in montagna, come già fatto dal Trentino Alto Adige, a causa dell'overtourism. Ma non tutti gli addetti ai lavori sono d'accordo
Il modello tracciato dal Trentino Alto Adige, con l'introduzione del numero chiuso per il turismo in montagna (per affrontare con interventi concreti i problemi generati dal turismo di massa e la proliferazione incontrollata degli affitti brevi, che hanno aggravato la crisi abitativa di molte città), sta facendo breccia. O, per meglio dire, farebbe breccia. Se oggi appare difficile immaginare restrizioni di questo tipo, in futuro potrebbe diventare una scelta obbligata. Soprattutto in Veneto perché l'overtourism sembra non riguardare solo Venezia o Verona ma anche il lago di Sorapis, le Tre Cime di Lavaredo e il lago artificiale di Mosigo, reso famoso dalla fiction "A un passo dal cielo". Questi luoghi, tanto apprezzati dagli influencer per la loro "instagrammabilità", vedono affluire grandi folle, ma il territorio ne trae pochi benefici. Non si è ancora arrivati a transenne, biglietti o prenotazioni obbligatorie, ma la possibilità non è esclusa. Anche il Veneto, quindi, senza fretta, sta iniziando a riflettere sull'adozione di un sistema di "numeri chiusi".
Ma quali sono i dati attuali? Il 2023 è stato un anno d'oro per il turismo in Veneto, con 4,5 milioni di presenze in montagna, registrando un aumento del 13% rispetto al 2022. Questi numeri sono molto inferiori rispetto a quelli del turismo balneare, con quasi 26 milioni di presenze, e a quelli delle città d'arte, con 24 milioni. Tuttavia, è soprattutto il periodo estivo, tra luglio e agosto, a evidenziare problemi di gestione in montagna.
Il Veneto verso il numero chiuso in montagna?
«Il futuro del turismo va in questa direzione ma prima di qualsiasi intervento è necessario fare studi, analisi e trovare servizi alternativi - ha affermato l'assessore regionale al turismo, Federico Caner, in un'intervista al Corriere della Sera. Il numero chiuso è la fine di un percorso, non l'inizio, ma in determinate situazioni ci arriveremo. In particolare per il mese di agosto quando flussi troppo intensi rischiano di avere l'effetto contrario, ovvero di allontanare i visitatori».
«I numeri crescono, la nostra regione è attrattiva, e una gestione dei flussi può essere auspicabile - ha aggiunto Caner. Non per forza con dei ticket. Pensiamo ai Serrai di Sottoguda, appena riaperti. Hanno il vantaggio di avere un ingresso e un'uscita, facili da monitorare. Oggi è prevista la prenotazione, e l'idea è di mantenerla anche al termine del cantiere oggi aperto».
Non tutti sono (al momento) favorevoli al numero chiuso in montagna
Ma non tutti sono della stessa idea. Perché al momento, secondo Roberto Padrin e Walter De Cassan, non c'è la necessità: «Magari avessimo il problema di overtourism - ha dichiarato Padrin, presidente della provincia di Belluno - per avere introiti, indotto e garantire i servizi per i residenti. Il tema sarà affrontato nel momento in cui dovessero esserci flussi eccessivi, che mettono a rischio la conservazione dei siti o la sicurezza dei visitatori. Nella consapevolezza che in montagna è difficile se non impossibile imporre il numero chiuso. Le nostre montagne non hanno ancora subito l'assalto che si vede altrove: è un punto di forza e vogliamo rimanga così».
«Nella nostra provincia ci sono luoghi iper-sfruttati, in periodi limitati dell'anno dovremo iniziare a regolamentare i flussi - ha aggiunto De Cassan, presidente degli albergatori bellunesi. Ma facciamolo senza fretta, riunendo attorno a un tavolo tutte le categorie. Pensando, soprattutto, a promuovere località e siti meno noti». Meno "aperturista" è Stefano Pirro, presidente degli albergatori cortinesi: «Il problema del numero chiuso al momento non ci riguarda, ma non credo che misure troppo rigide potrebbero fare bene alla nostra montagna. E imporre limiti sarebbe davvero difficile».
Ticket sulle Dolomiti, luci e ombre
Il famoso alpinista Reinhold Messner aveva già lanciato la proposta di introdurre un ticket per la città di Cortina in particolare e, più in generale, per i principali luoghi delle Dolomiti per preservare le montagne da un turismo “aggressivo”. Il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi, aveva però frenato, sottolineando come la fragilità della montagna andasse gestita in modo differente, senza precludere l'accesso a chi arriva in città «perché non si può chiudere e basta». Per Lorenzi è necessario studiare «un progetto ampio che comprenda anche le modalità di gestione di queste chiusure e dell'eventuale ticket da pagare».
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Alberto Lupini
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