Secondo un’analisi effettuata dal
Sole 24 Ore, le aziende lamentano la carenza di personale qualificato, soprattutto per ricoprire i ruoli più tecnici. Si parla, in particolare, di esperti di marketing, social media manager e tecnici specializzati in Ict.
Ma non va meglio all’interno dei ristoranti, dove sono di difficile reperimento figure professionali chiave per il comparto, come cuochi, addetti di sala o ai piani, camerieri, account executive, per cui i ristoratori sono costretti a tamponare, almeno in parte, con personale straniero. Emerge tuttavia una contraddizione: a fronte di una richiesta del mercato che cresce, oggi le iscrizioni agli istituti alberghieri sono in calo, compresi quelle negli istituti a indirizzo turistico e commerciale.
Attualmente in Italia il turismo dà un impiego, indotto compreso, al 14,7% della forza lavoro un dato più elevato di Francia e Spagna, ma inferiore a Grecia, dove il turismo attrae il 24,8% dell’occupazione, Croazia (23,5%) e Portogallo (20,4%). La buona notizia, legata proprio al fatto che il comparto si prevede in crescita anche nei prossimi anni, è che la percentuale in Italia salirà al 16,5% nel 2028.
La questione è stata discussa nel corso della tre giorni dedicata alla formazione e al lavoro nel turismo, organizzata da FareTurismo all’Università Europea di Roma. È emersa la necessità di lavorare soprattutto sulla formazione scolastica, dagli istituti superiori alle università, cui spetta il compito di qualificare sempre più l’offerta e la preparazione degli operatori. Secondo
Giorgio Palmucci, presidente di Enit, l’Ente Nazionale per il Turismo, «è necessario investire nella formazione tecnico-pratica, rafforzando le competenze linguistiche e professionali», mentre per
Giuseppe Roscioli, vicepresidente di Federalberghi, «se non puntiamo sulla qualità, rischiamo di uscire dal mercato».