Sci e ristoranti, per non chiudere in "arancione" si apre solo a vaccinati e guariti?

Neanche il tempo di preoccuparsi per l'arrivo di zone gialle (Friuli-Venezia Giulia e Bolzano le più a rischio) che già si guarda a un ulteriore peggioramento. L'ipotesi è di adottare il modello tedesco delle "2G". Il Governo continua a rifiutare invece la strategia dell'Austria. Il Natale si avvicina, farlo con restrizioni severe sarebbe un colpo da ko

17 novembre 2021 | 12:17

E adesso, che succede? A poco più di un mese dal Natale la curva dei contagi in Italia si sta pericolosamente alzando e il mondo della ristorazione e del turismo inizia seriamente a vacillare. La Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli-Venezia Giulia si stanno avvicinando inesorabilmente alla zona gialla, retrocessione che rischia di aprire le porte al baratro.

Perché la storia delle ondate insegna che placare un “arrossimento” delle zone è molto complicato, quasi sempre si arriva verso il fondo. Vero che oggi ci sono le vaccinazioni, vero che si parte dalla miglior zona - quella bianca - ma è altrettanto vero che al Natale mancano 38 giorni, tempo per rimettersi in riga ce n’è poco e la posta in palio è altissima: il rischio è che possa saltare - o essere falcidiata - un’altra stagione invernale.

 

Che significa un montante da ko per gli impianti di sci e per tutto il sistema montagna, soprattutto per quanto riguarda Bolzano che fa del turismo invernale uno dei suoi principali motori e che grazie alle sue eccellenze in questo campo porta all’Italia grandi numeri di turisti. Le altre regioni stanno a guardare, cercando di correre ai ripari in ogni modo per evitare il tracollo, ma le ipotesi su cosa fare in caso di peggioramento sono già tante.

 

No al modello austriaco

La premessa è che il modello Austria (che prevede una sorta di zona rossa “italiana” solo per non vaccinati) proposto dai governatori Massimiliano Fedriga (Friuli-Venezia Giulia) e Giovanni Toti (Liguria) - appoggiati poi anche dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dal leader del Pd, Enrico Letta e dal ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Mara Carfagna - non piace al premier Mario Draghi e nemmeno al governatore del Veneto, Luca Zaia che ha parlato di «necessità di dialogo per convincere i non vaccinati» perchè il modello Austria «ha limiti costituzionali». Il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia ha scritto sui social: «Ad oggi non sono necessarie ulteriori restrizioni: è sufficiente far rispettare le regole esistenti. Tuttavia se la situazione della diffusione del virus in alcune regioni dovesse aggravarsi, fino ad arrivare alla zona arancione, è evidente che il prezzo delle eventuali chiusure non lo possano e non lo debbano pagare i vaccinati».

Possibilista anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che a RaiNews24 ha detto: «Più libertà ai vaccinati in caso di passaggio in area arancione, con maggiori restrizioni solo per i no-vax? Condivido la proposta dei governatori. Qualora ci fosse il passaggio in zona arancione, si potrebbe valutare una sorta di differenziazione fra vaccinati e chi non lo è. È un percorso che dobbiamo valutare. La maggioranza degli italiani che responsabilmente si è vaccinata non può subire all’infinito restrizioni a causa di una minoranza che non lo ha fatto. Sono favorevole ad allargare l’obbligo vaccinale per alcune categorie».

Anche il collega, Paolo Sileri ha parlato di possibilità di valutare restrizioni solo per i non vaccinati, ma chiarendo che al momento i numeri non lasciando intendere la necessità di prendere questa decisione».

 

Zona arancione: aperture solo a vaccinati e guariti

Cosa significa? L’ipotesi più calda al momento è che in zona arancione o rossa, possa essere applicato il modello tedesco del green pass 2G: negli alberghi, nei ristoranti e sulle piste da sci possono entrare solo vaccinati (geimpft) e guariti (genesen). A sostenere la proposta sono Lega e Forza Italia. Se non dovesse passare questa misura, sarebbe la catastrofe. Le ultime norme prevedono che gli impianti di sci restino chiusi in zona arancione e rossa; stessa sorte per i ristoranti che dovrebbero tornare ad arrangiarsi con delivery e asporto. Stop anche agli spostamenti tra Comuni.

I ristoranti delle zone regioni ad ora messe peggio (Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Liguria, Valle d’Aosta, Veneto e il timore è che a breve si aggiunga anche la Sicilia i cui dati sono in netto peggioramento) hanno spiegato in questo articolo che con la zona gialla si può ancora ragionare, ci saranno perdite e difficoltà ma almeno si continuerebbe a lavorare.

 

In previsione dell'immediato futuro, Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) non ha alcun dubbio: «La priorità e la speranza è di non chiudere - spiega il direttore generale, Roberto Calugi - sarà banale ma è fondamentale. Il punto oggi non è se vaccinarsi o meno, ma se lavorare o meno, se sopravvivere o morire di povertà. Cerchiamo di ricondurre la discussione a questa fase reale, di economia reale. Oggi c'è la totale evidenza che i vaccini funzionano, nessuno di noi è virologo, ci affidiamo ai professionisti che con i numeri dimostrano che la strategia funziona. Ecco perchè siamo d'accordo sulla possibilità di aprire bar e ristoranti solo ai vaccinati e ai guariti».

 

Sull'ipotesi di un Natale ancora a metà, Calugi spiega: «I dati di oggi ci dicono che non dobbiamo temere, potranno esserci alcune situazioni particolari - come Trieste - ma in generale siamo fiduciosi. La situazione non è grave come l'anno scorso dove il numero di morti e contagiati era nettamente superiore ad oggi».

 

Stato d'emergenza, fino a quando?

In ogni caso, si viaggia alla giornata. Mentre è arrivato il voto di fiducia al Green pass sullo stato di emergenza il Governo intende attendere l’ultimo momento. L’attuale provvedimento dice che lo stato d’emergenza scade il 31 dicembre e il Premier Draghi sembra intenzionato ad aspettare fino all’ultimo nella speranza di non doverlo prorogare.

I temi sono sia politici che tecnici. Le questioni politiche arrivano principalmente da Giorgia Meloni e Matteo Salvini: se si dovesse tornare a restrizioni severe o a modelli che farebbero pensare ad un fallimento dell’intensa campagna vaccinale, i due leader - da sempre cauti sul vaccino - attaccherebbero subito. Dal punto di vista tecnico, sono in corso valutazioni. Gli scienziati hanno chiarito che dopo sei mesi dalla seconda dose gli anticorpi del vaccino iniziano a calare. Nei prossimi giorni si chiederà al Comitato tecnico-scientifico di valutare se ridurre la validità della certificazione verde da 12 a 9 mesi, o addirittura fino a sei, per aumentare la sicurezza.

 

 

 

Accelerare sulla terza dose, disincentivare i tamponi

Strettamente legato a questo tema c’è quello della terza dose. Entro la fine della settimana dovrebbe arrivare il decreto con cui il ministro della Salute impartirà a tutto il personale medico e ai lavoratori che entrano nelle Rsa l’obbligo di sottoporsi alla terza dose o al richiamo del vaccino. Un traguardo che Roberto Speranza vorrebbe raggiungere a gennaio per tutti gli italiani. Alcune regioni stanno già partendo con la dose booster anche per la fascia tra i 40 e i 60 anni. Poi si allargherà a tutti. In Lombardia intanto, Guido Bertolaso ha annunciato il via libera alle prenotazioni per gli over 40 a partire dal 18 novembre con hub che saranno posizionati in metropolitane e centri commerciali.

E poi, la questione tamponi che sono sempre più nel mirino con l’obiettivo di disincentivare gli italiani a ricorrere ad essi piuttosto che al vaccino. Palazzo Chigi e Roberto Speranza discutono sulla possibilità di concedere il green pass solo ai guariti, ai vaccinati e a chi si sottopone a tampone molecolare, che dura 72 ore. L’ipotesi di togliere il tampone antigenico è al momento remota perché le farmacie sarebbero così escluse. Probabile che si scelga per una via di mezzo: mantenere il tampone rapido, ma dimezzarne la durata: da 48 a 24 ore.

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Alberto Lupini


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