Roma, protesta per la "zona nera". Ma i ristoranti non fanno squadra
In piazza S.Silvestro Mio e Ristoratori Toscani si sono uniti per «presentare il conto al Governo» di una situazione tragica per l'Horeca. Dito puntato contro le commissioni richieste per buoni pasto e delivery . Fipe e Fiepet dal canto loro hanno invitato i pubblici esercizi ad esporre il cartello "Basta!" indirizzato alle istituzioni
23 dicembre 2020 | 11:57
Oggi è l'ultimo giorno in cui l'Italia è colorata di giallo e i gli italiani possono circolare liberamente. Da domani si entra nel periodo natalizio variopinto con il rosso che non sarà simbolo di festa, ma di obblighi e restrizioni. Anzi, per qualcuno il colore predominante sarà il nero; lo hanno identificato come colore emblema del presente e del futuro Mio - Movimento imprese ospitalità, Ristoratori Toscana e Tni - Tutela nazione imprese che proprio in queste ore sono in piazza San Silvestro, a Roma per protestare contro le misure restrittive disposte dal Governo e le non misure di aiuto attuate nei confronti, soprattutto, del mondo della ristorazione e dell'accoglienza.
Parallelamente Fipe-Fiepet in accordo hanno redatto un manifesto che evidenzia la contrarietà dei pubblici esercizi in questa situazione di grave crisi e mancanza di ristori. "Basta!" il grido di vessazione esposto in vetrina.
Si preannunciava una presenza di migliaia di persone, così non è stato anche se la partecipazione c'è stata. Paolo Bianchini (presidente di Mio) e Pasquale Naccari (Ristoratori Toscani) si sono confrontati con Gianluigi Paragone (ex M5S) che si è diviso tra ruolo di senatore e di moderatore.
«Non ci sentiamo più rappresentati per tanti motivi - hanno detto all'unisono Bianchini e Naccari - per questo oggi vogliamo far sentire la nostra voce. Si è deciso di staccare i fili del Pos nei nostri locali perchè per quanto ci riguarda smetteremo di versare le tasse a questo Stato. C'è in ballo una questione di identità nazionale: mentre le osterie italiane muoiono, vessate da commissioni esorbitanti, le piattaforme online si espandono senza versare tasse all'Italia. Anche sulla questione del delivery stiamo andando completamente incontro ad un pericolo enorme: basti pensare che 10 euro di pizza porta a casa la pizzeria deve versare il 38% delle commissioni alle piattaforme virtuali che non lasciano neanche un euro».
Una manifestazione che chiamava a raccolta le altre associazioni di categoria ma che, al contrario, ha generato una risposta e una replica piccata. Fipe e Fiepet infatti proprio nella giornata di martedì hanno annunciato un manifesto in cui dicono "Basta!" alle scelte governative che puniscono ingiustamente il mondo dei pubblici esercizi, invitando i gestori ad affiggere fuori dal locale un cartello con scritto, appunto, "Basta!".
«22 Dpcm, 36 decreti-legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato - dice Aldo Cursano, che di Fipe è vicepresidente vicario nazionale - per questo diciamo basta ad un governo che apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Siamo esausti e increduli».
Il risultato è un settore al collasso che ha deciso di rivolgersi direttamente ai cittadini. «Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza - prosegue Cursano - per questo nel manifesto ci rivolgiamo ai nostri clienti: chiediamo loro di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La loro gratificazione e` la nostra forza ed il nostro futuro».
Al governo, i pubblici esercizi chiedono invece un altro tipo di Dpcm: Dignità, Prospettiva, Chiarezza e Manovra. «La dignità di attività essenziali e sicure; la prospettiva di un piano di riqualificazione e sviluppo, magari attraverso un adeguato inserimento nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza; la chiarezza sui tempi di riapertura a gennaio; una manovra correttiva che garantisca indennizzi adeguati e ristori calcolati sulle effettive perdite, sostegno all’indebitamento, risoluzione dei problemi di locazione», spiega il presidente della Confcommercio fiorentina.
Idea che a Bianchini non è piaciuta tanto che in una storia pubblicata sul suo profilo Instagram di prima mattina ha criticato questa scelta ponendo molti dubbi sull'efficacia e disappunto per la mancata risposta all'invito di adesione.
Articolo in aggiornamento...
Parallelamente Fipe-Fiepet in accordo hanno redatto un manifesto che evidenzia la contrarietà dei pubblici esercizi in questa situazione di grave crisi e mancanza di ristori. "Basta!" il grido di vessazione esposto in vetrina.
La protesta di Roma
Si preannunciava una presenza di migliaia di persone, così non è stato anche se la partecipazione c'è stata. Paolo Bianchini (presidente di Mio) e Pasquale Naccari (Ristoratori Toscani) si sono confrontati con Gianluigi Paragone (ex M5S) che si è diviso tra ruolo di senatore e di moderatore.
«Non ci sentiamo più rappresentati per tanti motivi - hanno detto all'unisono Bianchini e Naccari - per questo oggi vogliamo far sentire la nostra voce. Si è deciso di staccare i fili del Pos nei nostri locali perchè per quanto ci riguarda smetteremo di versare le tasse a questo Stato. C'è in ballo una questione di identità nazionale: mentre le osterie italiane muoiono, vessate da commissioni esorbitanti, le piattaforme online si espandono senza versare tasse all'Italia. Anche sulla questione del delivery stiamo andando completamente incontro ad un pericolo enorme: basti pensare che 10 euro di pizza porta a casa la pizzeria deve versare il 38% delle commissioni alle piattaforme virtuali che non lasciano neanche un euro».
Una manifestazione che chiamava a raccolta le altre associazioni di categoria ma che, al contrario, ha generato una risposta e una replica piccata. Fipe e Fiepet infatti proprio nella giornata di martedì hanno annunciato un manifesto in cui dicono "Basta!" alle scelte governative che puniscono ingiustamente il mondo dei pubblici esercizi, invitando i gestori ad affiggere fuori dal locale un cartello con scritto, appunto, "Basta!".
«22 Dpcm, 36 decreti-legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato - dice Aldo Cursano, che di Fipe è vicepresidente vicario nazionale - per questo diciamo basta ad un governo che apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Siamo esausti e increduli».
Il manifesto di protesta
Il risultato è un settore al collasso che ha deciso di rivolgersi direttamente ai cittadini. «Noi vogliamo e siamo in grado di lavorare in sicurezza - prosegue Cursano - per questo nel manifesto ci rivolgiamo ai nostri clienti: chiediamo loro di esserci vicini e di continuare a sceglierci, dove possibile, anche in queste difficili giornate. La loro gratificazione e` la nostra forza ed il nostro futuro».
Al governo, i pubblici esercizi chiedono invece un altro tipo di Dpcm: Dignità, Prospettiva, Chiarezza e Manovra. «La dignità di attività essenziali e sicure; la prospettiva di un piano di riqualificazione e sviluppo, magari attraverso un adeguato inserimento nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza; la chiarezza sui tempi di riapertura a gennaio; una manovra correttiva che garantisca indennizzi adeguati e ristori calcolati sulle effettive perdite, sostegno all’indebitamento, risoluzione dei problemi di locazione», spiega il presidente della Confcommercio fiorentina.
Idea che a Bianchini non è piaciuta tanto che in una storia pubblicata sul suo profilo Instagram di prima mattina ha criticato questa scelta ponendo molti dubbi sull'efficacia e disappunto per la mancata risposta all'invito di adesione.
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Alberto Lupini
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