In queste ore nella Capitale d’Italia si dibatte sul tema della malamovida romana e per contrastare fenomeni di degrado e abusivismo sono allo studio dell’Amministrazione comunale alcune ipotesi, tra cui quella di anticipare la chiusura notturna dei locali all'una e consentire la vendita di bevande alcoliche da asporto entro le 20, accogliendo così le richieste dei presidenti dei municipi I e II. Tra le zone più calde il centro storico, con i rioni Trastevere, Testaccio, Monti e Campo de’ Fiori, e altre zone delicate come San Lorenzo, il Pigneto nel Municipio V e Ponte Milvio nel Municipio XX. E mentre i minisindaci premono per una serrata totale, compresa la chiusura degli esercizi di vicinato tra cui i minimarket alle 22, divide la proposta di chiudere anticipatamente i locali all’una di notte poiché l’eventuale stretta penalizzerebbe esercenti ed operatori del food&beverage che invece da sempre rispettano le regole. Si è in attesa di un ulteriore vertice in Prefettura alla presenza delle Istituzioni e delle associazioni di categoria, per un’ordinanza che potrebbe protrarsi oltre un mese e che coinvolgerebbe ristoranti, bar, pub e street food.
Un locale aperto di sera a Roma
Baristi e ristoratori contro l'ipotesi dell'ordinanza di chiusura anticipata
Italia a Tavola ha sentito come la pensano alcuni esercenti del centro storico di Roma che rischiano di rientrare nel provvedimento coprifuoco. «Non si capisce perché ad essere penalizzati debbano essere sempre bar e ristoranti, un comparto che crea economia per la città e posti di lavoro - ha commentato Simone Starace, titolare dello storico ristorante Da Oio a Testaccio - Chiusure di questo tipo andrebbero nel segno opposto. Faccio anche un’altra riflessione: cibo è cultura e condivisione e se questa è la modalità per rilanciare Roma anche sotto l’aspetto turistico…allora non saremo mai all’altezza delle altre capitali europee che invece sanno far coincidere sicurezza pubblica e divertimento».
Il bar del Cinque a Roma (Foto presa dal profil oFacebook del locale)
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Un piatto tipico del ristorante Da Oio di Roma (foto dal profilo Facebook del locale
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Il Piperno di Roma (foto dal profilo Facebook del locale)
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«Un’eventuale ordinanza rappresenterebbe un suicidio d’impresa per le tante attività del centro storico, tra cui i ristoranti già in sofferenza in questo anno e mezzo di restrizioni e lockdown. Se chiude un locale si ferma un’intera filiera, dalla produzione alla logistica e in una città come Roma significa penalizzare aziende e occupazione», ha spiegato Pierpaolo Boni, proprietario di Piperno a Monte Cenci Ghetto.
«Sarebbe l’ennesimo colpo basso alle attività del territorio. Un provvedimento di questo tipo andrebbe a penalizzare i bar, come se noi, poi, fossimo alleati della cosiddetta malamovida - ha sottolineato Alessandro Pulcinelli del Bar del Cinque a Trastevere - Siamo i primi a chiedere maggiore sicurezza ma per colpa di una minoranza che invece di pensare al sano divertimento preferisce l’illegalità si finisce che a rimetterci sono le attività commerciali che rispettano le regole. E’ giusto far coincidere sicurezza e quiete pubblica, ma anche provare a garantire - in questo momento più che mai - un servizio di bar e ristorazione al pubblico proprio a quella categoria di imprese già fortemente falcidiate dall’emergenza pandemica».