Ristoranti-esperti Cts, incontro positivo: Le aperture graduali sono la strada giusta
Allo stesso tavolo gli scienziati del Comitato tecnico scientifico e i rappresentati dei pubblici esercizi che hanno presentato le proprie proposte: protocolli più stringenti e aperture per le superfici maggiori
21 gennaio 2021 | 18:11
Parola data e mantenuta. Il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha dato seguito alle promesse fatte a Fipe e Fiepet che, unitariamente, avevano cercato un confronto con le istituzioni e i mebri del Comitato tecnico scientifico. Al centro, la questione del rapporto fra restrizioni sanitarie e aperture/chiusure dei pubblici esercizi. Ristoranti, bar, pub, ecc. nel corso dell'anno hanno seguito pedissequamente le istruzioni impartite dai vari Dpcm. Una lealtà che, nonostante i vari decreti ristori, è stata pagata a caro prezzo dall'intero comparto che ora chiede un salto di qualità nell'affrontare la pandemia. Detto diversamente: costruire, velocemente, le condizioni necessarie a ripartire. Perché, come si è visto, di solo asporto e delivery non si vive.
L'incontro, presieduto dalla sottosegretaria Alessia Morani, ha riunito (il 21 gennaio) allo stesso tavolo i vertici di Fipe Confcommercio e Fiepet Confesercenti assieme ad alcuni membri del Cts assistiti da rappresentati dell'Inail e dell'Istituto superiore di sanità. «Durante l'incontro, le due associazioni datoriali hanno presentato alcune proposte per una possibile e graduale riapertura in sicurezza delle attività di somministrazione. Il Cts ha manifestato grande attenzione e si è riservato di valutare le proposte nel merito già nel corso della prossima settimana», si legge in una nota diramata dalle due associazioni.
Le richieste delle associazioni
L'incontro con gli esperti del Cts, successivo a quello con lo stesso ministro, ha permesso alle associazioni di categoria di presentare le proposte già sottoposte al ministro Patuanelli in materia sanitaria: rafforzare i protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e, almeno di giorno, in quelle arancio quei locali che per superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”. Una proposta che è prima di tutto una sfida per l'intero settore, che nell'ultimo periodo è stato attraversato da moti di insofferenza (a rischio la chiusura di 50/60mila imprese, con conseguenze drammatiche anche per quanto attiene ai livelli occupazionali), come la manifestazione #ioapro; sostanzialmente fallita. Esito che ha aperto lo spazio per un rinnovato confronto fra i soggetti interessati. D'altronde, appesi all'evoluzione e all'auspicata rimodulazione delle misure di sicurezza non ci sono solo i proprietari dei locali, ma un intero indotto che va dal turismo all'agroalimentare.
Scendendo più nel pratico, l'idea lanciata da Fipe e Fiepet si può sintetizzare così: non tutti i locali sono uguali e non tutti possono in effetti garantire margini di sicurezza verificabili e certificabili. Pensiamo solo a ristoranti con ampi spazi e possibilità di distanziare i tavoli, o al contrario a bar col solo bancone in ambienti piccoli. È evidente che si tratta di situazioni diverse e che al momento potrebbero prevedere tempi di riapertura differenziati e scaglionati nel tempo in base al diminuire della pandemia. Non si tratta certo di “sacrificare” qualcuno, ma solo di permettere a chi supera dei parametri oggettivi di poter riaprire, concentrando invece su chi è costretto a rimanere chiuso gli aiuti di sostegno. E per chi dovesse imbrogliarem aggiungiamo noi, basterebbe prevedere sanzioni rigidissime fino alla cancellazione della licenza.
E del resto non dimentichiamo che dei ristioranti oggi sono attivi comunque, indipendentemente dalla fascia di colore della regione, sono quelli degli hotel, che lavorando solo per gli ospiti possono mantenere distanze e sicurezze. Ampi spazi e prenotazioni (nonchè il numero limitato dei coperti già previsto da alcuni Dpcm) permettererebbero di riapire in sicurezza a moltissimi ristoranti. Una volta accettato questo meccanismo, basato su livelli di assoluta garanzia, si deve subito poter riaprire e con nuove modalità. La proposta di Fipe e Fiepet è di consentire nelle “aree gialle” il servizio serale nei locali dove la somministrazione può avvenire con un «adeguato distanziamento e attraverso l’adozione di modalità gestionali più accorte (es. prenotazione obbligatoria, rilevazione temperatura all’ingresso, pagamenti solo elettronici, ecc.).
Le evidenze scientifiche
Base comune per il confronto con i membri del Cts non poteva che essere la scienza. A maggior ragione se, ad oggi, non c’è un solo studio scientifico che attesti l’esistenza di focolai significativi nel mondo dei pubblici esercizi, anzi. Una nuova indagine pubblicata da un pool di scienziati in Lombardia evidenzia lo scarso impatto dei pubblici esercizi nella creazione di focolai: 3/4 avvengono in casa, il resto a scuola/lavoro. Solo lo 0,8% nei locali. Eppure bar e ristoranti - che rispettano protocolli molto rigidi - sono le prime attività ad essere chiuse ad ogni nuovo decreto.
Al ristorante col passaporto (vaccinale)
A livello più generale, e di prospettive, i rappresentanti dei pubblici esercizi italiani hanno affrontano anche il tema della campagna di vaccinazione. Un'operazione che vede l'Italia ai primi posti in Europa e che rappresenta la svolta decisiva per la battaglia al virus. Certo, ci vorrà del tempo per arrivare alla tanto sospirata immunità di gregge (raggiungibile con il 70% della popolazione nazionale vaccinata) ma in attesa che il siero dispieghi tutti i suoi effetti l'idea, sostenuta a più riprese anche da Italia a Tavola e ora in circolazione anche a livello politico europeo, è quella del passaporto vaccinale. Questo documento permetterebbe ai vaccinati di circolare liberamente e frequentare ristoranti, bar, pub, osterie ma anche cinema, teatri, palestre e via discorrendo.
L'incontro tra Fipe, Fiepet e Cts si è tenuto il 21 gennaio
L'incontro, presieduto dalla sottosegretaria Alessia Morani, ha riunito (il 21 gennaio) allo stesso tavolo i vertici di Fipe Confcommercio e Fiepet Confesercenti assieme ad alcuni membri del Cts assistiti da rappresentati dell'Inail e dell'Istituto superiore di sanità. «Durante l'incontro, le due associazioni datoriali hanno presentato alcune proposte per una possibile e graduale riapertura in sicurezza delle attività di somministrazione. Il Cts ha manifestato grande attenzione e si è riservato di valutare le proposte nel merito già nel corso della prossima settimana», si legge in una nota diramata dalle due associazioni.
Le richieste delle associazioni
L'incontro con gli esperti del Cts, successivo a quello con lo stesso ministro, ha permesso alle associazioni di categoria di presentare le proposte già sottoposte al ministro Patuanelli in materia sanitaria: rafforzare i protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e, almeno di giorno, in quelle arancio quei locali che per superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”. Una proposta che è prima di tutto una sfida per l'intero settore, che nell'ultimo periodo è stato attraversato da moti di insofferenza (a rischio la chiusura di 50/60mila imprese, con conseguenze drammatiche anche per quanto attiene ai livelli occupazionali), come la manifestazione #ioapro; sostanzialmente fallita. Esito che ha aperto lo spazio per un rinnovato confronto fra i soggetti interessati. D'altronde, appesi all'evoluzione e all'auspicata rimodulazione delle misure di sicurezza non ci sono solo i proprietari dei locali, ma un intero indotto che va dal turismo all'agroalimentare.
Scendendo più nel pratico, l'idea lanciata da Fipe e Fiepet si può sintetizzare così: non tutti i locali sono uguali e non tutti possono in effetti garantire margini di sicurezza verificabili e certificabili. Pensiamo solo a ristoranti con ampi spazi e possibilità di distanziare i tavoli, o al contrario a bar col solo bancone in ambienti piccoli. È evidente che si tratta di situazioni diverse e che al momento potrebbero prevedere tempi di riapertura differenziati e scaglionati nel tempo in base al diminuire della pandemia. Non si tratta certo di “sacrificare” qualcuno, ma solo di permettere a chi supera dei parametri oggettivi di poter riaprire, concentrando invece su chi è costretto a rimanere chiuso gli aiuti di sostegno. E per chi dovesse imbrogliarem aggiungiamo noi, basterebbe prevedere sanzioni rigidissime fino alla cancellazione della licenza.
E del resto non dimentichiamo che dei ristioranti oggi sono attivi comunque, indipendentemente dalla fascia di colore della regione, sono quelli degli hotel, che lavorando solo per gli ospiti possono mantenere distanze e sicurezze. Ampi spazi e prenotazioni (nonchè il numero limitato dei coperti già previsto da alcuni Dpcm) permettererebbero di riapire in sicurezza a moltissimi ristoranti. Una volta accettato questo meccanismo, basato su livelli di assoluta garanzia, si deve subito poter riaprire e con nuove modalità. La proposta di Fipe e Fiepet è di consentire nelle “aree gialle” il servizio serale nei locali dove la somministrazione può avvenire con un «adeguato distanziamento e attraverso l’adozione di modalità gestionali più accorte (es. prenotazione obbligatoria, rilevazione temperatura all’ingresso, pagamenti solo elettronici, ecc.).
Le evidenze scientifiche
Base comune per il confronto con i membri del Cts non poteva che essere la scienza. A maggior ragione se, ad oggi, non c’è un solo studio scientifico che attesti l’esistenza di focolai significativi nel mondo dei pubblici esercizi, anzi. Una nuova indagine pubblicata da un pool di scienziati in Lombardia evidenzia lo scarso impatto dei pubblici esercizi nella creazione di focolai: 3/4 avvengono in casa, il resto a scuola/lavoro. Solo lo 0,8% nei locali. Eppure bar e ristoranti - che rispettano protocolli molto rigidi - sono le prime attività ad essere chiuse ad ogni nuovo decreto.
Al ristorante col passaporto (vaccinale)
A livello più generale, e di prospettive, i rappresentanti dei pubblici esercizi italiani hanno affrontano anche il tema della campagna di vaccinazione. Un'operazione che vede l'Italia ai primi posti in Europa e che rappresenta la svolta decisiva per la battaglia al virus. Certo, ci vorrà del tempo per arrivare alla tanto sospirata immunità di gregge (raggiungibile con il 70% della popolazione nazionale vaccinata) ma in attesa che il siero dispieghi tutti i suoi effetti l'idea, sostenuta a più riprese anche da Italia a Tavola e ora in circolazione anche a livello politico europeo, è quella del passaporto vaccinale. Questo documento permetterebbe ai vaccinati di circolare liberamente e frequentare ristoranti, bar, pub, osterie ma anche cinema, teatri, palestre e via discorrendo.
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Alberto Lupini
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