Ripresa, via le "aziende zombie". I ristoranti ripartano dal personale

Tanti locali rischiano di chiudere a causa della crisi e questo è il momento per fare un bilancio della propria attività e provare a rilanciarla, puntando su nuovi modelli di business . Giacomo Pini, amministratore di Gp Studios, dà alcuni consigli a chi vuole investire nel libro «Risto Boom - Crea il successo del tuo locale»

15 febbraio 2021 | 08:30
di Sergio Cotti
La ripartenza ci sarà, ma è probabile che la crisi economica causata dalla pandemia lascerà sul terreno tante aziende, anche nella ristorazione. Servirà specializzarsi, saper prendere in mano i conti del proprio locale e investire in un nuovo modello di business (anche se di scorte, probabilmente, ce ne saranno poche), al centro del quale, oltre alla struttura e alle materie prime, dovranno esserci il personale e il servizio. «La domanda calerà e la clientela sarà sempre più attenta», dice Giacomo Pini, amministratore di Gp Studios, società di consulenza di ristorazione e turismo, ed esperto delle dinamiche che regolano l’universo horeca in Italia. «Per questo – prosegue – servirà scommettere su alcuni aspetti più operativi e, soprattutto, sulle risorse umane».


Per ripartire occorre investire in un nuovo modello di business

Senza la pretesa di avere tra le mani la bacchetta magica, né la presunzione di custodire la famosa “ricetta infallibile” («che d’altronde non esiste», dice lui), Giacomo Pini prova a spiegare i segreti della ripartenza nel suo ultimo libro, edito da Hoepli, dal titolo “Risto Boom. Crea il successo del tuo locale”.

La ristorazione era un settore costantemente in crescita, poi è arrivato il Covid e adesso è tra quelli che soffrono di più. Da dove ripartire? «Da un’analisi reale dello stato di fatto dell’azienda. Bisogna capire innanzitutto se quel “contenitore” ha ancora senso di esistere oppure no. Sono abbastanza d’accordo con Mario Draghi, quando dice che “è meglio chiudere le aziende zombie”, perché ce ne sono un po’ anche nel nostro settore. E per “aziende zombie” intendo le imprese gestite male, non quelle in mano alla mafia o alla camorra. In altre parole, chi non è più in grado di stare sul mercato, perché non risponde ai requisiti, deve uscirne».

Questo farà ripartire meglio le aziende sane, ma potrebbe creare un enorme problema di occupazione. «Certamente ci sarà, ma non c’è altra soluzione, d’altronde la domanda è in contrazione fortissima. È vero che, appena riaprono, i locali si riempiono, ma dobbiamo ancora capire se si tratta di un rimbalzo fisiologico dopo una chiusura prolungata o di un trend consolidato. Qualcuno ritiene che potrebbe durare qualche anno, secondo me quando si sbloccheranno i licenziamenti finirà; per questo un po’ di pulizia è necessaria».

Giacomo Pini

Chi deciderà questa “pulizia”, il cliente o l’economia? «Decideranno in tre, l’economia, il cliente e i ristoratori che si sapranno rinnovare e che comunicheranno molto meglio il loro format. Dopo il Covid il cliente farà attenzione a una serie di cose cui prima non dava troppa importanza, dalla pulizia, all’accoglienza. Ci sarà una selezione naturale: a parità di condizioni, i clienti sceglieranno il locale con le caratteristiche migliori».

E qui entrano in gioco le risorse umane, cui lei dedica un capitolo del suo libro. «Il servizio è importante, sarà anzi la nuova frontiera di differenziazione. Nel nostro settore pochi se ne preoccupano davvero, mentre in questo scenario la differenza la farà chi sarà in grado di offrire un servizio di eccellenza. Ci sono troppi locali in cui i camerieri non sanno fare il caffè o sono sgarbati. Dobbiamo ripartire da lì, dalle persone, è inutile concentrarci solo sul contenitore o sulle materie prime».

Il costo del lavoro e quello della formazione sembrano però degli ostacoli ancora insormontabili. «È evidente che in Italia abbiamo una contrattualistica del tutto inadeguata, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Ci sarebbe bisogno, per esempio, di qualche via di mezzo. Per questo penso sia necessario ripensare tutto il sistema».

Tanti locali sono ancora a conduzione familiare e in un momento storico come questo una gestione “di cuore”, può senz’altro rappresentare un limite. Ma i ristoratori italiani sono pronti a questo salto di qualità? «Devono farlo, non hanno scelta. Hanno bisogno di cuore, certo, ma anche di contenuti e di numeri; il modello di business è fondamentale. Dagli anni ‘60 fino ai primi anni Duemila andava bene il modello che si basava su ciò che si sapeva fare. Ora bisogna avere idee nuove, molto chiare, quando si decide di investire nella ristorazione. Non a caso abbiamo tanti problemi sul cambio generazionale, storie di locali che hanno funzionato per anni e che con l’avvicendamento non riescono a stare in piedi».

Il libro di Giacomo Pini è edito da Hoepli

Quali sono i modelli di business che funzionano meglio? «A fronte di volumi non certi, quelli che lavorano su un modello legato a una filiera più corta, sono più semplici da utilizzare. Credo che non esistano le ricette magiche e anche per questo il mio libro si propone come un manuale. Ogni situazione ha variabili diverse: bisogna concentrarsi sull’analisi di fattibilità, sugli aspetti operativi. Oggi il ristoratore deve saper fare molto più di quanto non accadeva in passato».

Sono finiti i tempi in cui si cercava di accontentare tutti? «Necessariamente. Non può più esistere il locale che va dalla scaloppina agli spiedini di gamberi, all’insalata, alla pizza. E questo perché siamo nell’era della specializzazione e i format ce lo insegnano: dal sushi al pokè, alla pizza gourmet, stiamo andando in quella direzione: c’è più offerta e le occasioni di consumo sono più mirate, e questo lo vedremo ancora di più dopo il Covid».

Altri temi importanti sono la redazione di un business plan e il controllo di gestione. «Noi oggi facciamo previsionali molto prudenti. Nel libro c’è un’intervista a Eusebio Di Francesco, l’attuale allenatore del Cagliari, con il quale abbiamo parlato del concetto di squadra: chi è più bravo deve mettere le proprie competenze al servizio degli altri. È un pensiero molto americano, noi su questo siamo più individualisti. Ma la gestione del gruppo di lavoro. C’è poi il tema della selezione del personale e delle qualifiche, che stanno scomparendo e che noi proviamo a rispolverare. Cercare genericamente un “cameriere” non basta più, serve specificare meglio ruoli e competenze».

La ripartenza può essere un buon momento per investire in una nuova attività? «Certo. Noi per esempio abbiamo una richiesta altissima per nuove aperture: si liberano tante belle posizioni, i locali costano molto meno. C’è poi una questione di opportunità: uno dei pilastri della ristorazione è il cash flow, la liquidità immediata del flusso di cassa e oggi hanno tutti bisogno di contanti. Per questo tanti investitori sono attratti dal settore. Molti ristoratori, per esempio, hanno fatto delivery in perdita per far circolare un po’ di denaro e per tenere in piedi la macchina dei fornitori, dello staff e dei clienti. E poi non dimentichiamo l’aspetto emozionale, la passione di chi magari non sa fare niente, ma si vuole lanciare, convinto che sia tutto super semplice. Queste persone sono in calo, è verto, ma ci sono ancora».

Chi soffrirà di più? «Senz’altro il bar classico. Non solo: quando gli alberghi delle città capiranno come ibridare i modelli, restituendo dignità, valore e attrattività ai loro bar, massacreranno tutti i locali intorno. Se ci pensate, i bar all’interno degli hotel sono molto belli, hanno una copertura completa dei servizi, spesso una cucina adiacente e, quindi, la possibilità di un’offerta più ampia. Sono convinto che, anche in questo senso, assisteremo a grandi cambiamenti».

Il libro di Giacomo Pini, nelle librerie da pochi giorni, è un interessante manuale per conoscere le linee guida strategiche e mettere in pratica le metodologie giuste per avviare un'attività di ristorazione vincente. Il libro si articola in sei capitoli, ognuno dei quali contiene approfondimenti e casi pratici. Si parte dalla creazione di un'idea di business, si analizzano quali sono i modelli che funzionano, passando dallo studio di fattibilità economico-finanziaria per valutare le potenzialità del mercato, i rischi e le opportunità. Nei capitoli centrali, il focus è sia sugli aspetti organizzativi fondamentali - dalla scelta della location alla costruzione dell'offerta, dal layout agli allestimenti - sia su quelli più operativi, con particolare disamina delle metodologie di servizio, delle procedure e degli standard. In conclusione, un ampio spazio dedicato alle risorse umane: il vero valore aggiunto che può fare la differenza in una attività di ristorazione.

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024