Con
la nuova mappa dei colori decisa venerdì 7 maggio, dal 10 maggio solo
Valle D'Aosta, Sardegna e Sicilia rimangono in zona arancione.
Tutto il resto dell'Italia torna in giallo. E questo significa, secondo i dati
Coldiretti, che salgono a
170mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi con attività di ristorazione all’aperto che possono svolgere servizio al tavolo all’esterno. Una buona notizia? Sì, ma solo a metà. I fatturati, infatti, sono sostanzialmente dimezzati per effetto del coprifuoco, dell'impossibilità di lavorare al chiuso e delle restrizioni che ancora impediscono alle attività di somministrazione in zona arancione di dispiegare tutte le proprie capacità di accoglienza.
Con tutto il Paese in giallo (escluse Sicilia, Sardegna e Valle D'Aosta) sale a 170mila il numero di locali pubblici aperti al servizio all'esterno
Aumenta il bacino di clienti potenziali: 53 milioni di italiani possono andare al bar e ristorante
Innanzitutto, gli aspetti positivi. Con gli allentamenti delle varie restrizioni a partire dal 26 aprile e il progressivo miglioramento dei contagi,
circa 53 milioni di persone possono beneficiare di un maggiore grado di libertà. A partire dal ritorno al ristorante; sebbene ancora solo all'aperto. Una situazione che, tuttavia, penalizza ancora l'offerta dal momento che, secondo i calcoli Fipe, circa la metà dei pubblici esercizi italiani non dispone di uno spazio all'esterno. Problema più acuto in città, fra parcheggi e limiti nei centri storici, che in campagna. Non è un caso, allora, che
a beneficiare maggiormente delle riaperture siano gli agriturismi. Le oltre diecimila strutture presenti in Italia possono contare su Campagna Amica, la piattaforma di promozione dell'attività di ristorazione presente negli agriturismi ideata da Coldiretti che mette a disposizione degli utenti diverse esperienze: dalla cena nell'uliveto a quella in mezzo alle vigne, per non parlare dei vari orti da cui potersi rifornire.
Il vero limite resta il coprifuoco
A preoccupare tutti
rimane il limite fissato dal coprifuoco: alle 22 tutti a casa; al momento.
Una discussione sul tema è in corso da tempo e dovrebbe vedere un
punto di svolta il 17 maggio. Dopo il monitoraggio di venerdì 14, infatti, il Governo dovrebbe prendere in considerazione una modifica al divieto di circolazione notturno. Le opzioni sul tavolo sono tre: spostamento alle 23.00, allungamento di due ore alle 24.00 oppure una cancellazione tout court della misura restrittiva.
Verso nuovi allentamenti? La posizione di Sileri su limite orario e mascherine
Modifiche che
potrebbero poi spingere verso nuove riaperture. Il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, per esempio, a
Domenica In del 9 maggio ha parlato di modifiche imminenti: «Resistiamo ancora qualche settimana e riapriremo anche i locali e i ristoranti la sera, anche al chiuso. Se continuiamo con questi numeri sui vaccinati,
tra 15 giorni si potrà spostare il coprifuoco in avanti». Lo stesso Sileri è poi intervenuto sulla questione mascherine all'aperto durante la puntata di
24 Mattino su Radio 24 del 10 maggio: «
Togliersi la mascherina all'aperto? Concordo con questa ipotesi quando saranno raggiunti i 30 milioni di cittadini con almeno una dose di vaccino, bisognerà aspettare 3 settimane per avere una buona protezione, allora è chiaro che anche la mascherina all'aperto dove non c'è assembramento credo sia sensato mettersela in tasca e rimettersela in faccia quando c'è assembramento e rischio».
La posta in gioco: una filiera agroalimentare da 538 miliardi di euro
In gioco, come ricorda Coldiretti, non c'è solo l'attività di ristoranti e bar ma anche quella di
tutta la filiera agroalimentare che sta alle spalle e che, durante i lunghi periodi di chiusura e i vari
stop&go dell'ultimo anno e mezzo hanno registrato qualcosa come 1,1 milioni di tonnellate di cini e vini invenduti. Complessivamente poi, nell’attività di ristorazione sono coinvolte 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. «Si tratta di
difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che - ha precisato Coldiretti - vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale».
Le riaperture dell'Horeca impattano su tutta la filiera agroalimentare che in Italia vale 538 miliardi di euro
Il peso del turismo enogastronomico
La necessità di rivedere il limite del coprifuoco, inoltre, si salda con
la ripresa del traffico turistico che, nonostante le difficoltà economiche legate ai contraccolpi della pandemia, vede nel turismo enogastronomico una delle facce più innovative e solide del comparto.
Come ricordato da Coldiretti, 1/3 del budget delle vacanze in Italia viene destinato proprio all'alimentazione. A ribardirlo è stato anche
la presentazione del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano: «L’impatto della pandemia pesa sul numero di esperienze fruite, che diminuiscono in media del 27% rispetto al 2019, e sul potere di spesa, con il 31% che afferma di aver destinato un budget inferiore rispetto al 2019, mentre il 27% dispone di maggiori risorse», ha affermato
Roberta Garibaldi, curatrice del Rapporto e
presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico. Ma «se la pandemia ha frenato la possibilità di vivere esperienze, la globalità dei dati ci mostra
una crescente attenzione al tema enogastronomico e anche un nuovo profilo del turista», ha aggiunto Garibaldi.
Prodotti tipici locali, a rischio 5.266 referenze
L'importanza dei flussi turistici enogastronomici è ulteriormente sottolineata, per contrasto, anche dalla stessa Coldiretti secondo cui «c’è il
rischio che
5.266 prodotti alimentari tradizionali custoditi lungo tutta la Penisola da generazioni dagli agricoltori scompaiano» per mancanza di turisti. Un patrimonio di tipicità da salvare che non ha solo un valore economico ma anche storico, culturale ed ambientale e che garantisce la sopravvivenza della popolazione anche nelle aree interne più isolate proprio nel momento in cui con il Covid pone l’esigenza di cambiare la distribuzione demografica della popolazione e ridurre la concentrazione nei grandi centri urbani ai quali, comunque, non bisogna far mancare l’attenzione per evitare che i centri storici si desertifichino.
La mancanza di vacanzieri si trasferisce a valanga sull’insieme dell’economia per il crollo delle spese per, alimentazione, alloggio trasporti, divertimenti, shopping e souvenir.