Le proposte per riaprire il 20 aprile. Trento e Bolzano ci sperano
Capofila delle sperimentazioni in termini di riaperture nel corso dell'ultimo anno, bar e ristoranti dei due territori hanno le idee chiare su come ripartire: vaccini ai dipendenti e cena in zona gialla
07 aprile 2021 | 16:11
di Nicola Grolla
Dall’inizio della pandemia, Trento e Bolzano si sono distinte per essere state il laboratorio delle riaperture: dalle aziende alle scuole, passando per locali pubblici e attività ricettive. E stavolta potrebbe toccare a bar e ristoranti che attendono con ansia una data certa per poter programmare le proprie attività. Anche nell’attuale zona arancione che colora il Trentino-Alto Adige.
La scienza come alleata
«Prima cosa da sottolineare è che la campagna vaccinale qui va meglio della media nazionale. Dopo aver passato un periodo di picchi a livello di contagio, adesso abbiamo recuperato con i vaccini, che ormai tutti hanno capito essere l’unica soluzione alla pandemia e per tornare ad aprire il più presto possibile e in maniera continuativa», afferma il delegato Fipe di Trento, Marco Fontanari. Prima la scienza, quindi. Poi le conseguenze economiche. «Speriamo che la curva epidemiologica continui a scendere e che il Trentino sia fra i primi territori a beneficiare delle deroghe a cui si fa riferimento nel Dpcm in vigore fino al 30 aprile. Se poi fosse un’apertura il 20, cambierebbe poco. Ma sarebbe un segnale», continua Fontanari.Proposte e progetti: «Gli investimenti fatti hanno dato i loro frutti»
Toccherà all’incontro fra Governo ed enti locali far chiarezza. «Il tema delle aperture sarà oggetto di discussione», ha infatti assicurato il presidente della provincia, Maurizio Fugatti. E le indicazioni che vengono da Trento non mancano. «Gli investimenti fatti lo scorso anno dalle aziende hanno dato i loro frutti grazi a protocolli che si sono dimostrati validi e che possiamo aggiornare ulteriormente con capienze ridotte, maggiore sfruttamento degli spazi esterni, accettazione del green pass quando ci sarà, pagamenti elettronici, prenotazioni digitali, servizio al tavolo. E ancora, contact tracing interno e vaccini per la categoria. A tempo debito, ovviamente. Ma se chiediamo ai clienti di essere vaccinati o tamponati è giusto garantire la stessa sicurezza», prosegue Fontanari.Proposte che si allineano a quelle della Fipe nazionale, ma che in trentino hanno trovato delle variazioni locali. «Dal 25 ottobre non ci è stato concesso granché, ma il ruolo dell’associazionismo di categoria ha spinto a unire le forze. L’Associazione ristoratori del trentino, per esempio, è cresciuta del 10% lo scorso anno mentre con i vari enti locali abbiamo promosso interventi a sostegno dei dipendenti e del loro reddito. A Rovereto il comune si è fatto promotore di un incentivo sugli investimenti per l’adeguamento degli spazi alle regole covid. Infine, abbiamo dato vita alla piattaforma MioGusto per aiutare i locali a sostenere il delivery con costi accessibili rispetto al 25-35% di commissione delle piattaforme», racconta Fontanari.
Gilmozzi: «Speriamo in una deroga provinciale per la cena»
Tocca quindi alla politica fare un passo avanti a livello decisionale. «Avevo scritto alle istituzioni locali per chiedere un incontro, un tavolo di lavoro ma non se n’è fatto niente a causa degli ultimi picchi di contagio di fine inverno. La sensazione è che alla conferenza Stato-Regioni seguiranno la linea di Speranza. Se così fosse speriamo che la richiesta di derogare, a livello provinciale, sull’apertura del servizio alla sera in zona gialla diventi realtà», si augura Alessandro Gilmozzi, chef del ristorante El Molin e membro di Euro-Toques Italia.D’altronde, lo stop per Gilmozzi dura dal 20 dicembre. «Abbiamo provato a mantenere il ritmo di aperture e chiusure, ma alla fine non ce l’abbiamo fatta. Speriamo che un segnale di speranza arrivi la prossima settimana, magari verso il 23 del mese. E nel frattempo che si lavori su un progetto per il comparto», continua Gilmozzi che con una perdita di fatturato del 29% non rientra fra i beneficiari degli aiuti economici. «La provincia ha fatto qualcosa per i dipendenti, ma non per le aziende. Anche gli aiuti per la montagna ancora non sono arrivati. Le proposte comunque non mancano: defiscalizzazione delle perdite, decontribuzione del costo del lavoro, sgravi sugli affitti, abbassamento della Tari e dei costi fissi», conclude Gilmozzi.
A Bolzano torna l'asporto per i bar e si attendono i test bisettimanali
Nel frattempo, a Bolzano dopo 50 giorni di blocco, i bar possono tornare ad alzare le serrande per l’asporto (che in alcuni casi costituisce fino al 20% del fatturato medio giornaliero di un bar). Una possibilità che nella provincia autonoma era appannaggio solo dei ristoranti, ora diventa realtà anche per gli altri pubblici esercizi. In questo modo, anche Bolzano si riallinea alle norme nazionali dopo lo stop scattato lo scorso 13 febbraio. Una norma provinciale che aveva appesantito l’inattività dei bar della zona: dal 4 novembre, sono stati concessi solo 56 giorni di lavoro di cui 38 con apertura alle 18 e il resto da asporto. Troppo poco.Così Confesercenti Alto Adige ha rilanciato da Bolzano le richieste dell’associazione nazionale: in zona arancione somministrazione libera fino alle 18 con asporto fino alle 22 e delivery libero. In zona gialla, somministrazione fino alle 20 (dalle 18 solo al tavolo) con asporto fino alle 22 e delivery libero.
«La Provincia di Bolzano d'altronde è stato fra le più penalizzata. L'unica boccata di ossigeno è stata una piccola apertura a dicembre-gennaio, per il resto lockdown duro. Per questo la riapertura è molto importante per noi», afferma Mirco Benetello, direttore provinciale di Confesercenti. Tanto che le attività economiche di Bolzano sperano che qualcosa si possa muovere già prima del 20 aprile. «Se il Dpcm non lo vietasse, attualmente potremmo essere in zona bianca e vedere addirittura la zona bianca a livello territoriale. Per questo siamo disposti anche a sperimentare le riaperture pur di riprendere a lavorare», aggiunge Benetello. Una proposta coraggiosa che si basa da un lato sulle evidenze scientifiche e dall'altro sulla capacità della Provincia di poter garantire entro breve dei round bisettimanali di tamponi a tutte le attività economiche. «L'idea - spiega Benetello - è quella di ricalcare quanto già avviene in ambito sportivo per cui l'accesso all'attività è sottoposto a un controllo anticipato di 72-48 ore».
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