Passi in avanti per vietare i nomi di carne per i prodotti vegetali

Approvato un emendamento di Gian Marco Centinaio e Giorgio Maria Bergesio (lega) al disegno di legge governativo che punta ad impedire la produzione e la commercializzazione in Italia di alimenti e mangimi sintetici

05 luglio 2023 | 14:46

La 9° Commissione del Senato ha recentemente approvato un emendamento proposto dalla Lega, firmato inizialmente da Gian Marco Centinaio e Giorgio Maria Bergesio. Questo emendamento vieta l'uso di denominazioni che richiamano la carne e i suoi derivati per i prodotti trasformati che, invece, contengono esclusivamente proteine vegetali. La norma fa parte di un disegno di legge governativo volto ad impedire la produzione e la commercializzazione in Italia di alimenti e mangimi sintetici. La notizia è stata diffusa dal vicepresidente del Senato e dal senatore della Lega, che già a giugno con l'onorevole Mirco Carloni, presidente della commissione agricoltura della Camera) aveva presentato una proposta di legge. Si trtta di un ulteriore iniziativa della Lega per dare nuove regole al nercato considerando che, come aveva ricordato l'on. Carloni, «ben l’80% dei prodotti a base vegetale utilizza nomi simili. Ci vogliono regole chiare. Le produzioni zootecniche italiane, spesso vanto del Made in Italy, vanno tutelate da chi vuole offrire alternative di consumo, sfruttandone nomi e notorietà. Questi prodotti sono ottenuti mediante la lavorazione di vegetali che vengono macinati, mischiati, arricchiti con aromi e addensanti e non hanno nulla a che fare, dal punto di vista nutrizionale, con i veri prodotti della zootecnia».

Vietato l'utilizzo di nomi di carne per prodotti vegetali: la spiegazione della Lega

«Con questa norma, non troveremo più sugli scaffali dei supermercati etichette come 'bistecca di soia' o 'di tofu', 'hamburger veg' o 'mortadella vegana' e altre simili», spiegano Centinaio e Bergesio. «Queste denominazioni ingannano i consumatori, che potrebbero essere indotti a pensare di acquistare prodotti che contengono proteine di origine animale, quando in realtà non è così. Con l'approvazione del nostro emendamento, garantiamo ai cittadini il diritto ad una corretta informazione, al fine di tutelare la loro salute e i loro interessi. Al contempo, riconosciamo e difendiamo il valore culturale, socio-economico e ambientale dei nostri prodotti zootecnici e delle aziende produttrici. Siamo convinti che coloro che vendono prodotti con etichette ambigue stiano compiendo una concorrenza sleale. Per questo motivo, la nuova norma prevede l'applicazione di pesanti sanzioni».

Il no a nome di bistecca ad alimenti vegetali piace agli allevatori italiani

Piena soddisfazione, ovviamente dal mondo della zootecnia italia. «Accogliamo con favore questa importante decisione - ha affermato ad esempio il presidente di Assocarni Serafino Cremonini - Si tratta di un passo decisivo per la tutela dell’intero comparto zootecnico in quanto la commercializzazione di prodotti a base vegetale, che utilizzano denominazioni usuali e descrittive riferite alla carne, può chiaramente indurre i consumatori italiani a pensare, erroneamente, che queste imitazioni siano sostituti uguali alla carne. La questione – ha proseguito Cremonini - non è impedire il consumo dei surrogati vegetali della carne, ma semplicemente chiamare i prodotti con il loro nome. È evidente che questi prodotti non hanno affatto lo stesso valore nutrizionale rispetto alla carne naturale. Anche se i consumatori sanno che in un “hamburger vegano” non c’è carne” – ha concluso Cremonini –potrebbero essere indotti a credere che si tratti di un prodotto con equivalente valore nutrizionale, mentre sono cibi vegetali ultra trasformati con l’aggiunta di additivi chimici per alterarne sapore e consistenza». 

«Il nostro auspicio è che il testo arrivi presto in Aula a Palazzo Madama e completi il suo iter anche alla Camera dei Deputati. Per la Lega, l'informazione corretta sulla composizione degli alimenti è fondamentale per tutelare consumatori e imprese, sia nel smascherare allarmi infondati come il Nutriscore o le etichette irlandesi sul vino, sia nel distinguere i prodotti originali dalle copie più o meno ingannevoli», concludono Centinaio e Bergesio.

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Alberto Lupini


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