La pizza c’era già a Pompei. Musk ne difende i forni a legna a New York

Mentre a Pompei si festeggia il ritrovamento di un affresco di 2mila anni fa in cui c'è un'antenata della pizza, Musk critica la proposta avanzata a New York di eliminare i forni a legna e a carbone per ridurre l'inquinamento . Se la misura fosse approvata il prezzo più caro lo pagherebbero le pizzerie. Un business che in Italia fiora i 15 miliardi di euro

27 giugno 2023 | 11:35

La pizza è forse il piatto più conosciuto e amato al mondo. Eppure, oggi, è proprio il caso di dirlo è chiaro quanto intorno alla pizza spesso si applichino “due pesi e due misure”, quando, invece, l’obiettivo mondiale (non solo dell’Italia, specifichiamolo) sarebbe quello di tutelarla (ben vegano quindi l’Unesco e il marchio Stg). Anche perché come è emerso da un affresco con natura morta, scoperto in questi giorni nell'ambito dei nuovi scavi nell'insula 10 della Regio IX a Pompei, la pizza potrebbe avere 2mila anni. Certo non una pizza come la conosciamo noi (visto che a Pompei 2mila anni fa non c’erano pomodori e mozzarella), ma pur sempre sua antenata. Così mentre in Italia ci si rallegra della notizia del ritrovamento, Oltreoceano potrebbe arrivare una mazzata per i pizzaioli: a New York, per ridurre l'inquinamento, si sta pensando di eliminare i forni a legna e a carbone delle pizzerie. In particolare, il Dipartimento per la protezione ambientale della città ha presentato una proposta in cui chiede ai ristoranti di ridurre le loro emissioni fino al 75%. «Un'assoluta stupidaggine» anche per Elon Musk per il quale «Non farà alcune differenza per il cambiamento climatico». Ma anzi, se la misura fosse approvata il prezzo più caro lo pagherebbero le pizzerie con forni a legna e carbone, che potrebbero vedersi costrette a ricorrere a sistemi costosi di filtraggio dell'aria, con il rischio di far crollare il loro sistema di business. Business, quello della pizza, che solo in Italia valere 15 miliardi di euro.

Antica pizza in un dipinto di Pompei, la parola agli archeologi

Ma torniamo un attimo al ritrovamento di Pompei. Nel dettaglio dell’affresco, come spiegano gli archeologi del Parco Archeologico di Pompei, si suppone che accanto a un calice di vino, posato su un vassoio di argento, sia raffigurata una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari (individuabili un melograno e forse un dattero), condita con spezie o forse piuttosto con un tipo di pesto (moretum in latino), indicato da puntini color giallastro e ocra. Inoltre, presenti sullo stesso vassoio, frutta secca e una ghirlanda di corbezzoli gialli, accanto a datteri e melograni. Tale genere di immagini, noto in antico con il nome xenia, prendeva spunto dai "doni ospitali" che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca, risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.).

Pompei, non solo “pizza” in tavola

Ma l’antenato della pizza non era il solo piatto forte delle tavole pompeiane. Tra le pietanze cult c’era il garum, una salamoia di pesce lasciato fermentare al sole e conservata sotto sale utilizzata per condire un’infinità di vivande e, tra le bevande economiche, la più diffusa era la pòsca, costituita da aceto diluito in acqua mentre i panettieri sfornavano almeno dieci tipi di pane nei 35 forni censiti nella città. Appena alzati, la mattina, i pompeiani facevano una prima colazione (jentaculum) a base di pane con aglio e formaggio, oppure datteri, uova, miele e frutta, e a volte anche di carne, dal momento che la colazione costituiva uno dei due pasti principali della giornata.

I bambini, andando a scuola, si fermavano lungo la strada e comperavano biscotti appena sfornati (adipata). Verso mezzogiorno, poi, seguiva uno spuntino leggero (prandium), con legumi, pesce, uova e frutta. Il pasto principale in tutto il mondo romano era costituito dalla cena, cui seguivano le bevute in un triclìnio con il vino che era la bevanda più diffusa e veniva prodotto in due qualità: bianco e rosso, tagliato con acqua e aromatizzato con miele, spezie o erbe, secondo la Soprintendenza di Pompei.

Pizza patrimonio dell’Italia e un traino dell’economia

In ogni caso come dicevamo, questa è un’ulteriore conferma per la pizza come elemento simbolo della cultura alimentare italiana. Pizza che oggi rappresenta un tesoro dell’Italia dove cultura e cibo sono diventate le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Non a caso oltre un terzo della spesa delle vacanze nell’estate 2023 sarà destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese.

In Italia sfornate 8 milioni di pizze al giorno

Cultura ed economia, dicevamo. Basti pensare che ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 8 milioni di pizze grazie all’utilizzo durante tutto l’anno di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Il tutto grazie al lavoro di oltre 100mila addetti a tempo pieno, che diventano 200mila nel weekend. Numeri che, come si dice, fanno girare l’economia italiana: la pizza genera un fatturato che ha superato i 15 miliardi di euro.

Dall’Unesco al marchio Stg

Un patrimonio da tutelare. Per questo ben vengano l’Unesco e il marchio Stg (Specialità tradizionale garantita). Il quinto compleanno Unesco cade a pochi giorni dall’approvazione della richiesta dell’Italia alla Ue di garantire la protezione con riserva del nome per la “Pizza Napoletana” Stg, che potrà essere chiamata tale nei menu solo se saranno garantite alcune caratteristiche relative alla preparazione, come le ore minime di lievitazione, la stesura a mano della pasta, le modalità di farcitura, la cottura esclusivamente in forno a legna ad una temperatura di 485°C e l’altezza del cornicione di 1-2 cm, con il controllo di un ente terzo di certificazione.

Ma i limiti riguardano anche l’utilizzo di materie prime di base, che per le loro peculiarità non possono che essere di provenienza nazionale, come l’olio extravergine d’oliva, il basilico fresco, nonché la “Mozzarella di Bufala Campana Dop” e la “Mozzarella tradizionale Stg”, esclusive per la variante con formaggio a pasta filata. Altri ingredienti necessari nella preparazione della “Pizza Napoletana” sono i pomodori pelati e/o pomodorini freschi, che evidentemente potranno dare nuovo slancio alla produzione di pomodoro nazionale, notoriamente riconosciuto per la sua grande qualità. Qualora la “Pizza Napoletana” non corrisponda al disciplinare di produzione sarà considerato un illecito, sul quale l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per dettagliare gli aspetti tecnici per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari.

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Alberto Lupini


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