Gli
effetti della pandemia hanno
colpito anche il settore ittico. In particolare
il comparto degli allevamenti in acqua dolce e la pesca sportiva che hanno pagato il prezzo più alto con perdite anche del -40%. Una
maggiore tenuta, invece, l'hanno dimostrata le specie ittiche allevate in mare anche se la produzione italiana fornisce solo 2 pesci su 10 in questo particolare comparto. A sottolineare questi dati è stata
Api, l’Associazione che riunisce gli acquacoltori di Confagricoltura. A pesare sull'andamento del settore è stata, soprattutto, la chiusura dei ristoranti, solo in parte compensata dall'online. Tanto che il 2020 si è chiuso con un 15% di fatturato perso per le aziende produttrici. Tutto negativo? Non proprio. «
L'82% dei consumatori preferisce la produzione Made in Italy», racconta il
direttore dell’Associazione piscicoltori, Andrea Fabris.
Da qui riparte il settore dell'acquacultura quindi,
uno percorso che Italia a Tavola seguirà in collaborazione con Api - Associazione piscicoltori italiani attraverso
cinque appuntamenti tematici nel corso delle prossime settimane. Al centro il rapporto fra la produzione di determinate referenze ittiche e il canale Horeca e non solo.
L’Horeca è finalmente ripartito, ma quanto vale per il vostro settore?L’Horeca, all’inizio del primo lockdown, occupava una quota di circa il 30% delle nostre produzioni nazionali, con differenze a seconda della merceologia e delle aziende considerate. Più in difficoltà le piccole e medie imprese che, magari, erano molto legate al proprio territorio mentre le grandi aziende hanno avuto la capacità di riorientare il proprio business nei canali di vendita ancora attivi. A ciò si è poi aggiunta la performance della pesca sportiva, molto legata all’ambito ricreativo e gastronomico degli agriturismi e che prima della pandemia valeva il 20% del nostro giro d’affari. Il momento più duro, comunque, lo abbiamo vissuto all’inizio dello scorso anno quando avevamo qualcosa come il 50% del prodotto bloccato negli allevamenti.
Con le successive riaperture il settore si è pian piano ripreso. In tal senso, è esemplare la dinamica che ha coinvolto un prodotto di nicchia come il caviale da storione d'acquacoltura: dopo il tracollo iniziale per il blocco dei tradizionali canali di vendita, si è riscoperto un campione delle vendite online, soprattutto sotto Natale facendo conoscere anche in Italia un prodotto che, solitamente, per il 90% dei casi è esportato all’estero.
Sopratutto nel primo lockdown, ha tenuto banco il tema degli approvvigionamenti. Questo come ha influito sulla domanda? C'è stato maggiore spazio per il Made in Italy?La preferenza del prodotto Made in Italy, se possibile, si è fatta ancor più sentire nel corso dell’ultimo anno. Soprattutto per spigola e orata di cui l’Italia rappresenta forse il più grande mercato al mondo con circa 80mila tonnellate consumate di cui il 20% proveniente da produzioni con origine italiana. Una quota minoritaria, quindi, ma considerata di alta qualità e preferita in certe cucine soprattutto perché a livello di tipologia e taglia i prodotti tricolore sono più idonei ad alcune preparazioni tipiche. Sul largo consumo, invece, la fanno da padrona i prodotti importati. Per questo,
stiamo portando avanti delle iniziative affinché il consumatore si senta ancor più tutelato rispetto all’origine del prodotto, mutuando gli stessi schemi che sono già in uso per olio e vino le cui etichette riportano importanti informazioni sulla provenienza. D’altronde,
con un massiccio spostamento dei consumi in casa, il cliente vuole sapere cosa cucina.
La Gdo si è dimostrata canale salvavita. Che rapporti con la grande distribuzione? Con la grande distribuzione manteniamo un rapporto molto importante. Certo, non nego che su alcuni punti possano esserci delle posizioni non allineate. Penso, per esempio, all’imperante numero e aumento delle certificazioni imposte dalle diverse insegne per differenziare i propri prodotti senza peraltro tenere conto dei vari disciplinari delle aziende che già rispettano regole europee. In questo senso, grazie all’attività in collaborazione con il Mipaaf, abbiamo sviluppato un sistema di certificazione all’interno del sistema di qualità nazionale che sta ora entrando nelle aziende affinché ci sia una validazione di qualità istituzionale, standardizzata e riconosciuta. In generale, a livello di produzione e domanda, i supermercati ci chiedono maggiore prodotto trasformato. Il pesce intero, insomma, è diventata una minima parte dei display dei punti vendita. Parallelamente sta aumentando anche la richiesta di prodotto pre-confezionato.
Il tema pesca è all’ordine del giorno in Europa. Che impatto per il mercato italiano?Partiamo da un dato di fatto: l’Italia è importatrice netta di prodotto ittico che arriva anche da paesi extra-Ue come Norvegia, Regno Unito, Turchia. All’interno di questa dinamica, quindi, il nostro mercato è influenzato dalle tensioni a livello internazionale che, da un lato, possono agevolare la valorizzazione del prodotto nazionale; dall’altro, il rischio è avere un problema di import e quindi soddisfare le richieste del mercato.
Infine, il commercio digitale. Che spazio trova nel vostro settore? Il commercio digitale ha avuto un impatto molto positivo per certi tipi di prodotto. Mi riferisco, per esempio, al pesce affumicato e altri preparati gastronomici più di nicchia e che, per la particolarità della loro preparazione e stoccaggio, si prestano meglio di altri alla spedizione. Sul fresco, invece, ottenere questo risultato è più difficile anche se molte aziende si sono attivate per un servizio di delivery a temperatura controllata seguendo tutta quella che è la catena del freddo. In generale, comunque, il pesce è diventato un prodotto più accessibile in fase di acquisto nell’ultimo anno. Molte aziende, per esempio, hanno costruito canali di vendita diretti, magari in collaborazione con Gruppi solidali di acquisto sul territorio. Come associazione stiamo cercando di dare il nostro supporto per far evolvere il mercato.
Il pesce in tavola
Con l'occasione dell'intervista al direttore di Api, Andrea Fabris prende avvio
una serie di approfondimenti sul tema della piscicoltura e il rapporto con il canale Horeca e non solo. In cinque diversi articoli tratteremo, in collaborazione con l'Associazione piscicoltori italiani e le aziende socie,
i trend che investono il consumo di trota, spigola e orata, caviale, molluschi e altre specie.