C’è un settore specifico che non sa se mettersi le mani nei capelli o tirare un sospiro di sollievo dopo aver visto le disposizioni contenute nell’ultimo decreto; è quello del turismo invernale con gli impianti di sci che secondo il Governo “devono restare chiusi”. Nel Dpcm le righe dedicate alla questione sono tre, tanto lapidarie per nutrire speranze, quanto risicate per non pensare di provare a chiedere chiarimenti.
Impianti chiusi fino al 24 novembre
Di certo anche in questo frangente non sarà una questione semplice: basti pensare che le prime immagini di “sdegno” all’alba della prima ondata di contagi erano arrivate proprio dalle lunghe code di sciatori che attendevano di entrare in pista per le ultime sciate stagionali. E come si è finito, si è ricominciato perché all’alba della seconda ondata sono subito circolate immagini degli
impianti di Cervinia poco rassicuranti: nessun
distanziamento, centinaia di
sciatori in attesa, code lunghe centinaia di metri.
LE STAZIONI SPERANO NELLE REGIONII comprensori sciistici cercano di trovare appigli e note positive. Anche il fatto che dopo tanta attesa, almeno tre righe-tre siano state dedicate al settore significa che
non è proprio finito nel dimenticatoio tutto. L’incertezza che regnava sovrana nei giorni scorsi almeno è stata schiarita.
Enrico Ghezze, amministratore delegato della società
Faloria Cristallo, la prende proprio da questo punto di vista: «Per prima cosa - ha spiegato al
Gazzettino - questo provvedimento scade prima dell’apertura della
stagione sciistica. Potrebbe quindi essere un vantaggio che sia arrivato in questo momento. Le cose potrebbero migliorare nel frattempo. E c’è anche un’altra possibilità data dal decreto: che le
Regioni nel frattempo intervengano normando la materia».
A questo punto l’arma potrebbe essere a doppio taglio: quali Regioni si prenderebbero la responsabilità di dare il via libera allo sci? Va considerato che da tenere sotto controllo non ci sarebbe solo lo spazio degli
impianti e delle
piste, ma anche dei rifugi, degli alberghi, delle località non certo enormi che sarebbero prese d’assalto dai turisti anche solo per i weekend. E poi ci sono realtà che “sconfinano” come gli impianti che attraversano Trentino Alto Adige e Veneto. Senza considerare che subentrerebbe quella disposizione governativa per la quale le Regioni non possono prendere decisioni autonome che "ammorbidiscano" quelle istituzionali.
SERVONO RISPOSTE URGENTI PER PROGRAMMARE L'INNEVAMENTO ARTIFICIALEMa soprattutto il problema è legato alla programmazione. L’
innevamento artificiale ad esempio è diventato ormai un elemento essenziale per i comprensori: con i cambiamenti climatici in atto ormai da qualche anno, pensare di avere piste pronte al meglio ad esempio per la prima metà di dicembre è quasi impensabile. E anche se dal cielo dovessero “nevicare” aiuti - ovvero centimetri di neve fresca in abbondanza - i mezzi dovrebbero mettersi al lavoro con tempismo. Arrivare all’ultimo ad allestire un intero comprensorio vorrebbe dire perdere buona parte della stagione e, magari, investire per non riuscire poi nemmeno a rientrare con le spese.