Orari ridotti e niente arrosti: ecco come i ristoranti di Roma affrontano il caro bollette
Dopo il boom dei ricavi per l'afflusso di turisti dei mesi scorsi, anche nella capitale si fanno i conti con inflazione e rincari dell'energia. A rischio almeno 1800 imprese fra bar e ristoranti che potrebbero chiudere
I ristoranti romani si stanno attezzando per fare fronte all'inflazione e alle maxi bollette energetiche. Secondo Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio, la ricetta è semplice e in linea con quanto da tempo indicato anche da Italia a Tavola: meno piatti nel menù, anche per evitare di sprecare il cibo. Apertura soltanto a pranzo o a cena e persino forni e cappe che lavorano a scartamento ridotto rispetto al passato.
«E queste sono le soluzioni fai da te più semplici che i titolari di bar e ristoranti hanno ideato per risparmiare sulle bollette - ha spiegato Claudio Pica, presidente di Fiepet, a Il Messaggero - Quasi tutti i locali hanno incentivato l'acquisto di prodotti a chilometro zero per aggirare la grande distribuzione. Se l'aria condizionata è stata spenta da un pezzo, quest'inverno si concentreranno gli spazi dove si serve la clientela per non disperdere il calore. E ci sono proprietari che, con senza ammortizzatori sociali, trasformano dove i possibile i contratti a tempo pieno dei dipendenti in part-time per evitare di licenziare».
Altro che boom grazie al turismo, ora c'è il contrappasso
Una situazione che non sorprende più di tanto e che sembra mettere in secondo piano i pur importanti risultati recenti per il boom di turisti nella capitale. Altro che incassi record… Al punto che secondo la Confcommercio di Roma, 1.800 locali sono pronti alla chiusura, stretti nella doppia morsa del caro energia e dell'aumento delle materie prime.
«E la situazione peggiore - aggiunge ancora Pica - riguarda chi lavora nelle periferie e nelle semiperiferie, dove da luglio gli incassi sono quasi crollati». Per la cronaca gli esercenti lamentano il raddoppio delle bollette, mentre soprattutto la pasta e il pomodoro hanno fatto salire la spesa per le forniture alimentari tra il 30 e il 40 per cento in più. Una situazione che ha spinto i ristoranti ad aumentare i prezzi del menù del 25% in media e i bar del 15%. E del resto i prodotti alimentari sono tutti aumentati, come i servizi: le solo lavanderie industriali applicano a volte incrementi del 25% delle tariffe essendo aziende energivore con impennate delle bollette...
Si cercano le materie prime più vicine o si rinuncia agli arrosti
Ed ecco che allora diventa strategico procurarsi materie prime spendendo il meno possibile. C’è chi va ad esempio dai produttori più vicini a casa (per risparmiare sui trasporti «senza rinunciare alla qualità») o riduce le ore di apertura per non pagare gli straordinari. È il caso di Nazzareno Giolitti, dell'omonimo caffè al Laghetto dell'Eur che però, sempre i costi troppo alti, dovrà rinunciare ad accendere i funghi, le stufe vicino ai tavoli all'aperto. E poi c’è che economizza sui lavori in cucina. È il caso di Pierpaolo Boni, del ristorante Piperno a Monte de' Cenci, che, oltre ad aprire a pranzo solo nel weekend, ha rinunciato a fare gli arrosti e propone solo piatti espresso, riducendo al minimo l’uso di friggitrici o forni.
Una situazione su cui dovrà intervenire al più presto il nuovo Governo per evitare che l'Horeca e il turismo paghino prezzi ancora più alti di quelli sostenuti con la pandemia. Ne va del futuro del comparto più importante della nostra economia.
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Alberto Lupini
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