L'olio di palma fa male? Ancora dubbi... E una campagna ne esalta le qualità
03 settembre 2015 | 11:42
Nel bene o nel male l'olio di palma fa discutere, e la speranza è che continui a farlo soprattutto se in ballo c'è la salute dei consumatori. Ma se da una parte ci sono Il Fatto Alimentare, Coldiretti, il Movimento 5 Stelle, e anche Italia a Tavola - che ricordiamo ha aderito alla petizione contro l'olio di palma - a sostenere la nocività dell’olio tropicale, dall'altra c'è chi come Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta) investe 400mila euro per una campagna pubblicitaria sui quotidiani che esalta le qualità di questo olio.
Forse perché dopo la campagna lanciata da Il Fatto Alimentare per mettere un freno a questo grasso tropicale, le vendite di biscotti e snack confezionati hanno subito una drastica riduzione. Significa che il consumatore ha ascoltato e assimilato le informazioni sull'olio di palma e la maggior parte ha deciso di rinunciarci, ma Aidepi non ci sta e rilancia con una campagna che celebra l'origine naturale dell’olio in questione.
A questo punto ci si chiede per quale motivo le grandi aziende alimentari nascondono la dicitura “olio di palma” con quella “oli vegetali”. Non ve ne sarebbe motivo se l'olio di palma apportasse realmente i benefici citati dalla campagna pubblicitaria. Un caso emblematico è quello della Nutella di cui si è ampiamente discusso lo scorso giugno quando il ministro francese Ségolène Royal aveva dichiarato di smettere di mangiare la Nutella dato il suo alto contenuto di olio di palma.
I nutrizionisti infatti sconsigliano il consumo di olio di palma, poiché se eccessivo potrebbe aumentare il rischio di danni cardiovascolari. Non si fatica a crederlo considerando che l’olio utilizzato nei dolci e nei prodotti da forno spesso viene estratto dal frutto con solventi, decolorato, deodorato e deacidificato. Senza contare il danno ambientale causato dalla coltivazione dell'olio di palma: molte foreste subiscono dei danni notevoli per lasciare spazio alle piantagioni.
L'immagine della campagna publicitaria di Aidepi
Forse perché dopo la campagna lanciata da Il Fatto Alimentare per mettere un freno a questo grasso tropicale, le vendite di biscotti e snack confezionati hanno subito una drastica riduzione. Significa che il consumatore ha ascoltato e assimilato le informazioni sull'olio di palma e la maggior parte ha deciso di rinunciarci, ma Aidepi non ci sta e rilancia con una campagna che celebra l'origine naturale dell’olio in questione.
A questo punto ci si chiede per quale motivo le grandi aziende alimentari nascondono la dicitura “olio di palma” con quella “oli vegetali”. Non ve ne sarebbe motivo se l'olio di palma apportasse realmente i benefici citati dalla campagna pubblicitaria. Un caso emblematico è quello della Nutella di cui si è ampiamente discusso lo scorso giugno quando il ministro francese Ségolène Royal aveva dichiarato di smettere di mangiare la Nutella dato il suo alto contenuto di olio di palma.
I nutrizionisti infatti sconsigliano il consumo di olio di palma, poiché se eccessivo potrebbe aumentare il rischio di danni cardiovascolari. Non si fatica a crederlo considerando che l’olio utilizzato nei dolci e nei prodotti da forno spesso viene estratto dal frutto con solventi, decolorato, deodorato e deacidificato. Senza contare il danno ambientale causato dalla coltivazione dell'olio di palma: molte foreste subiscono dei danni notevoli per lasciare spazio alle piantagioni.
L'immagine della campagna publicitaria di Aidepi
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Alberto Lupini
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