Come l’enoturismo insegna, il cibo, in generale, è orami a tutti gli effetti un traino per il turismo. Secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2020, il 48% degli italiani ha fatto, infatti, almeno un viaggio negli ultimi tre anni con questa motivazione. E, addentrandoci un po’ più nei dati il 75% degli italiani ha fatto questo tipo di viaggi solo in Italia, solo l’8% sia in Italia sia all’estero.
Ma soprattutto, novità interessante di questi ultimi anni è che i nuovi viaggiatori gourmet hanno allargato i loro interessi oltre al vino e alle visite in cantina, puntando anche, ad esempio, ai frantoi, alle distillerie, ai birrifici e ai micro-caseifici e alla transumanza.
Alpeggi e micro caseifici: nuova meta del turismo
«Proprio il tema delle esperienze turistiche legate al formaggio è sempre più rilevante ai fini della scelta delle destinazioni e l’analisi del web indica un forte interesse verso i prodotti italiani: Gorgonzola e Parmigiano Reggiano sono rispettivamente al 1° e 3° posto per volume di ricerca tra i prodotti ad Indicazione Geografica nel periodo 2017-2019; Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano figurano tra i trend topic di Internet tra Novembre 2019 e Gennaio 2020 per gli utenti di Stati Uniti, Cina, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito (dati SEMrush) – spiega Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione italiana turismo enogastronomico, Board of Directors World Food Travel Association, Board of Advisor World Gastronomy Institute – Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Scienze del Turismo (SISTUR), in occasione dei Cheese Forum, organizzati da Forme Creative il progetto che da cinque anni si dedica alla valorizzazione e promozione dell’intero comparto lattiero-caseario – Basti pensare, ad esempio che il 70% dei pacchetti turistici di tour operator stranieri include spesso visite ai caseifici».
Roberta Garibaldi
Obiettivo lanciare i trekking delle Vie del LatteIn nome di questa nuova richiesta,
Forme ha lanciato un
progetto di ampio respiro per la
valorizzazione del
formaggio come
driver turistico e occasione di sviluppo economico del territorio.
Il punto di partenza sono il
recupero e la
valorizzazione delle
Vie del
Latte, percorsi storici che trasformati in percorsi di trekking conducano il turista alla scoperta di alpeggi, prodotti, territori e contesti naturalistici unici.
L’obiettivo, attraverso sinergie tra
casari,
produttori,
piccoli e
grandi imprenditori e istituzioni locali e nazionali, è diventare un’occasione di salvaguardia e di sviluppo di intere filiere territoriali.
E così, cavalcando intelligentemente le richieste di questi nuovi
turisti, essere un traino per la ripresa del turismo, che, non solo per necessità, si delinea profondamente diverso nel post coronavirus.
Proprio nella
Bergamasca,
Città Creativa Unesco per la
Gastronomia e culla di numerosi formaggi famosi al mondo, si stanno studiando e testando questi
trekking sperimentali alla scoperta, ad esempio, della produzione e dei territori storici dello Strachitunt Valtaleggio, del Taleggio del Bitto, degli Stracchini all’antica, del Formai de Mut o dell’Agrì di Valtorta.
«Si tratta di cammini che ripercorrono la
Dorsale orobica e che conducono alla scoperta di alpeggi, musei etnografici, luoghi di arte e di cultura alpina oltre che del paesaggio naturale – racconta
Michele Corti dell’Università Statale di Milano, docente di Zootecnia e Presidente del Festival del Pastoralismo – Anzi il nostro obiettivo è costruire la dorsale orobica dei formaggi».
Percorsi che, grazie alle forti basi dal punto di vista storico della conoscenza delle tradizioni oltre che della produzione, creano quello che, oggi si definisce,
storytelling e che cattura l’attenzione dei turisti.
Servono sinergie per costruire lo storytelling dei formaggiProprio un esempio di storytelling vincente è stato la nascita del consorzio
Consorzio Tutela Strachítunt Valtaleggio che ha portato al successo nella valorizzazione di questo importante formaggio.
Il presidente
Alvaro Ravasio ha messo in luce i passi avanti fatti per la valorizzazione del settore, come la crescente attenzione dei cittadini comuni e delle istituzioni locali e nazionali, suggerendo però la necessita di «un maggiore coinvolgimento di giovani o imprenditori, anche di settori diversi da quello caseario, che possano dare spunti, idee, fondi e che stanno investendo, ad esempio negli alpeggi, nei micro caseifici o nell’allevamento». Con l’obiettivo di creare un
sistema a 360 gradi che attiri e soddisfi le curiosità e le nuove idee di esperienze di viaggio.
L’esempio dei musei interattiviNe è un esempio il
Museo interattivo del
formaggio nato ad implementare il punto vendita del Caseificio Capriz a Vandoies (Bz) in Val Pusteria.
Thomas Demetz ha sottolineato come «rendendo emozionale il formaggio, il cliente acquista più volentieri il prodotto», specificando anche quanto sia imporrante avere un forte collaborazione con «le aziende di soggiorno e con gli alberghi che sono i nostri moltiplicatori, suggerendo spesso le attività da fare oltre alle gite in montagna, o con le aziende di pullman. Per un museo che nasce ora, suggerirei di renderlo ancora più interattivo e di non dividerlo dal
negozio, ma fare in modo che museo e punto vendita siano ancora più integrati».
Thomas Demetz
Importante formare nuove figure trasversaliCambiamenti nei
consumi, nelle
esigenze, nei
desideri che le aziende casearie devono cogliere per valorizzare al meglio i lori prodotti come suggerisce anche
Valeria Annoni, ABF Bergamo, responsabile Servizi per le aziende – Apprendistato, che sottolinea come «l’acquisizione continua di nuove competenze e professionalità sia una leva strategica e competitiva che permette alle imprese e alle persone di emergere e di differenziarsi sul mercato».
La rete tra le aziende del settore, le associazioni, le università, le scuole e le istituzioni formative
Da qui il progetto di
formare una
figura nuova, dei tecnici della filiera lattiero casearia che mettano in correlazione le aziende e la domanda e di creare un Paterniato, una vera e propria rete tra le aziende del settore, le associazioni, le università, le scuole e le istituzioni formative.
Come conquistare il turista enogastronomico oggiAnche perché per conquistare il
turista enogastronomico oggi non basta solo il cibo: «Il turista enogastronomico è un turista eclettico che vuole vivere tipologie diverse di viaggi legati al
food, ma che non disegna esperienze di altro tipo, dallo
shopping alla
cultura», aggiunge
Roberta Garibaldi.
Fondamentali, dunque, le sinergie sul territorio come nel caso di
Bergamo, città creativa per la gastronomia e i formaggi con patrimi Unesco, primi fra tutti le Mura venete. Per Monica Resmini del
Museo delle
Storie di
Bergamo: «Le Mura di Bergamo sono un punto di osservazione privilegiato per altri panorami che non sono solo fisici, ma di saperi, conoscenze, abilità tecniche, militari, di esigenze, di opportunità».
Il patrimonio immateriale e immateriale della transumanzaCosì come le Mura di Bergamo, anche la
transumanza è, dal 2019, patrimonio immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che, come ha ricordato
Alberto Gottardi, vicepresidente del progetto Forme durante il Cheese forum online “Transumanza Patrimonio Unesco / Alpfoodway Candidatura Unesco” interessa tre Stati (l’Italia, l’Austria e la Slovenia) ma che nel dossier «cita la Lombardia e nello specifico le Provincie di Bergamo e Brescia, terra di bergamini (popolo di grandi allevatori e produttori di formaggi, ndr)». Sottoposto a candidatura, invece,
Alpfoodway, progetto che raggruppa più Stati (Italia, Germania, Svizzera, Austria e la Slovenia) e ha come scopo lo studio delle tradizioni alimentari dell’arco alpino.
Ed è proprio al prodotto principe della
tradizione alpina, il
formaggio, che è legata, appunto, la transumanza: spostare gli animali alla ricerca dei pascoli migliori significa ottenere prodotti la cui qualità è fortemente unita a quella del
pascolo, alla grande ricchezza di specie botaniche che esaltano le
componenti salutistiche e
sensoriali del formaggio finito.
Ma non solo, formaggio e transumanza diventano le
chiavi per la costruzione di
itinerari culturali e
gastronomici che si snodano attraverso i
paesaggi rurali storici, i
luoghi di
produzione artigianale, riproponendo quelle relazioni tra città e montagna, tra pianura e montagna, raccordando
pascoli,
itinerari,
luoghi di
stagionatura,
centri tradizionali di
fiere e
mercati.
Michele Corti e Alberto Lupini
«Oggi la
transumanza sta tornando grazie a coraggiosi imprenditori – spiega
Alberto Lupini, giornalista, economista, storico della gastronomia. Direttore di Italia a Tavola – Non sarà la soluzione per il
sistema, ma farà la differenza in qualche modo».
Sono molte le
tradizioni casearie legate alle migrazioni periodiche del
bestiame da
latte nell’ambito delle catene montuose e tra queste e le pianure. Un fenomeno storicamente legato alle tante catene montuose (Alpi, Carpazi, Pirenei, …). Questo sistema, praticato tra le
Alpi e la
Pianura Padana a
Sud (ma anche in Svizzera verso i fondovalle), ha diffuso, in aree pedemontane e di pianura, le tecniche di caseificazione elaborate nel corso di un’evoluzione millenaria sui pascoli di montagna.
«La forma più antica di transumanza è probabilmente quella di
Uruk in
Mesopotamia nel 5mila a.C. – ricorda
Michele Corti – legata appunto alle tradizioni
lattiero casearia – La transumanza oggi è legata, in particolare ai bovini da latte e degli ovini in Sardegna. Tra le transumanze più famose quella, appunto, dei
bergamini (bergamaschi, bresciani) che nei loro spostamenti raggiungevano anche l’Emila, culla del Grana, e il Veneto».
Lo stesso
Grana, appunto, è legato storicamente alla
transumanza ed è frutto di
un’innovazione introdotta dai
malghesi transumanti medievali. Alla transumanza sono legati i poi i più importanti formaggi del Nord e del Sud Italia (al Nord i vari
Raschera,
Bra,
Asiago,
Montasio,
Gorgonzola,
Taleggio,
Quartirolo,
Bitto,
Formai de
Mut), al Sud il
Caciocavallo.
La storia di una mandriana molisanaE dal sud proviene un saldo esempio di
tradizione,
dedizione e
attaccamento alle radici:
Carmelina Colantuono, mandriana molisana, tra i principali sostenitori della candidatura Unesco di questa antica pratica: «Da
quattro generazioni portiamo avanti questa tradizione. Noi abbiamo sempre fatto allevamento allo stato brado e la transumanza, conservando anche una razza autoctona, la podolica. La nostra è una transumanza di tipo orizzontale, perché ci spostiamo da una zona di montagna a circa 1400 metri a una zona di pianura sul Gargano tra i 100 e i 400 metri sul livello del mare. La facciamo due volte all’anno, e quando mio padre e mio fratello hanno smesso di farlo, siamo subentrati io, i miei fratelli e i miei cugini. La nostra forza è essere una
famiglia patriarcale allargata. Il viaggio dura quattro-cinque giorni per circa 180 chilometri di
tragitto. Utilizziamo gli antichi
tratturi (“strade” dei pastori,
ndr), alcuni dei quali come in
Molise ancora integri, Durante il nostro viaggio, un mini giro d’Italia a tutti gli effetti, che attraversiamo due regioni, tre province e venticinque comuni, ai quali dobbiamo chiedere l’autorizzazione come l’aiuto delle forze dell’ordine. La cosa bella di questi ultimi anni è che se 30 anni fa mio padre non trovava una persona disposta ad aiutarlo durante la transumanza, adesso abbiamo
tantissima gente che vuole venire a fare questa
esperienza con noi, anche se noi non ne abbiamo fatto un prodotto turistico. Abbiamo avuto persone che sono venute dal
Canada, dagli
Stati Uniti, dalla
Germania, dalla
Grecia. A seguito anche della risonanza che abbiamo avuto anche a livello internazionale, ora ci sono alcune aziende che fanno la transumanza con le pecore anche a livello turistico e arrivano tantissimi turisti».
La transumanza di Carmelina Colantuono
Un valore quello della transumanza riconosciuto anche
dall’Unesco che l’11 dicembre 2019, dopo anni di impegno e di sollecitazioni a vari livelli, la finalmente iscritta nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Un riconoscimento fondamentale a un “bene” che in effetti non è solo “immateriale” ma anche
materiale e tangibile nella
qualità del
formaggio stesso e per
l’economia in generale. Perché afferma
Roberto Rubino, presidente Associazione Anfosc – Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, «la transumanza non è solo poesia, perché i prodotti della transumanza (formaggi e carne) sono poi, in concreto, di livelli superiori rispetto agli animali alle stalle».
Valorizziamo la dieta alpinaE proprio intorno a questi cibi, che rappresentano la “
dieta”
alpina, che ruota il progetto
AlpfoodWay, oggi oggetto di una
candidatura transnazionale
Unesco, e che vanta, di fatto,
testimonial importanti come lo chef
Norbert Niederkofler: «Noi vogliamo partire da chi si occupa di
filiere produttive, dalle
comunità che hanno conoscenza di pratiche, saperi, abilità che trasmettono alle nuove generazioni, talvolta in contesti difficili. Il nostro progetto prevede la
partnership di 14 partner in sei nazioni (
Francia,
Italia,
Svizzera,
Austria,
Germania e
Slovenia) e abbiamo indagato filiere produttive comuni, dove di fatto sono stati individuati tratti e valori culturali simili. Tra gli obiettivi, ad esempio, la
valorizzazione dei
prodotti di filiera corta che garantisce in termini di sostenibilità. Oggi, un valore più che mai attuale, insieme ad altri come
economia circolare,
Green deal europeo. Fondamentali per la candidatura Unesco nel patrimonio alimentare alpino».
Non solo “passato”, ma elementi fondamentali per il futuro dell’agricoltura e del turismoCultura,
storia,
tradizioni,
natura,
paesaggio ma anche
salvaguardia dell’ambiente e
dell’economia, temi più che mai attuali nella situazione di emergenza mondiale. Per
Giovanni Malanchini, consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Lombardia: «è fondamentale capire l’importanza delle potenzialità di eventi e progetti come questi che va al di là della rievocazione storica e della valorizzazione delle tradizioni del territorio e del cibo, ma che sono fondamentali anche per
l’agricoltura del
futuro».