Non solo capperi e Zibibbo: il futuro dell'agroalimentare a Pantelleria

L'isola si interroga su come investire e valorizzare le eccellenze che la caratterizzano, nel tentativo di far diventare l'attività agricola un valore ambientale e turistico

29 agosto 2022 | 12:02
di Giampietro Comolli

È vero quello che scrivono grandi archeologi come Thomas Schafer e Frerich Schon sulla storia antica di Pantelleria. Meta e incrocio nevralgico per secoli fra Cartagine e Roma e questo si è ripercosso sulla cultura umana, sugli scambi commerciali, sulla gastronomia e usi e costumi.

Un patrimonio agroalimentare infinito 

Un esempio lampante di questo legame viene proprio dalla cucina e dai diversi frutti coltivati e utilizzati, come l’uva da tavola e l’uva da vino. Aveva lasciato tanto dolce e un po’ di amaro in bocca la puntata dedicata a 4 ristoranti di Alessando Borghese sull’isola di Pantelleria per la solita questione fra la tradizione pura da rispettare e la innovazione a tutti i costi senza alcun rispetto della storicità. Come spesso, o quasi sempre capita, in mezzo sta la soluzione, la scelta oggi di tanti consumatori e degustatori. Oggi dalle uve Zibibbo antiche di 3000 anni, un tempo uva da tavola e appassita per dolci ed esportata, poi diventata indispensabile per creare uno dei vini passiti naturali più antichi e più pregiati al mondo, oggi la stessa uva produce un vino bianco tranquillo Doc Pantelleria estremamente interessante, non alcolico, anche beverino e fresco, sufficientemente acido, persistente, non mieloso dalla struttura minerale unica.

Un menu pantesco, senza se e senza ma, è quello che inizia con il Brik tunisino o brik pantesco, ovvero un involucro di pasta stirata sottile e croccante sul modello arabo (solita storia della lasagna o della piadina o della crepe o della bortellina…) ripiena di pesce e ortaggi mescolati e tritati; lo stesso dicasi del pesto pantesco ovvero molto smile a quello trapanese ma con le varianti “agrumicole” dell’isola. Poi a seguire la insalata pantesca con le famose patate novelle locali, pomodori marzani, cipolle rosse, olive, capperi, origano mentolato, basilico, sale e olioEvo. A seguire una specie di piatto unico antico, tipico del mondo arabo-catalano-mediterraneo, un couscous con la variante del brodo di tanti pesci di colore diversi con aggiunta di peperoni, zucchine, melanzane e la firma territoriale del peperoncino piccante piccolo rosso.

Dimenticavo: il cappero IGP Pantelleria è ovunque, finisce anche in tutte le salse, sia come cucunci fresco o croccante, che come pesto o patè spalmato sul pane arabo o il pane di semi di sesamo, papavero, lino. Infine, i dolci: lo gnocco di pasta di semola scura ripieno di ricotta pura, i noti mustazzoli ripieni di un mix di mandorle, sesamo, mandarino candito, miele, cannella, finocchietto selvatico, vaniglia e il bacio pantesco composto da due cialde fritte croccanti unite con una crema morbidissima di ricotta e cioccolato nero. Un menu che non è facile trovare in tutte le trattorie e ristoranti dell’isola, spesso più orientati a piatti di pesce puro e a primi piatti di pasta con ragù di pesce. In ogni caso carne e formaggi sull’isola sono introvabili, certamente non prodotti se non per uso diretto e famigliare.

Un'occasione per parlare di futuro 

Tutto questo è anche emerso a latere di un interessante incontro in piazzetta Unesco a Pantelleria Centro organizzato da Pantelleria Enoica (associazione di imprese agroalimentari pantesche) e condotto dalla giornalista Giovanna Ferlucci Cornado. Tema del talk il futuro dell’agroalimentare dell’isola di Pantelleria da anni lasciato ai margini di una strategia e progettualità politica: presenti al tavolo il sindaco di Pantelleria Vincenzo Campo, Antonio Motici docente universitario a Palermo, Giampietro Comolli, piacentino, docente e consulente dei distretti produttivi turistici, Antonio Parrinello per tre anni direttore del Parco Nazionale di Pantelleria e dirigente Regione Sicilia.

Negli ultimi 30 anni è stato forte l’esodo, ma alcuni piccoli segnali recenti fanno ben sperare, ma la redditualità e la garanzia della continuità del lavoro sono fattori determinanti. Interessanti i commenti e le annotazioni registrate proprio dal moderatore della serata. Giovanna Ferlucci ha evidenziato e chiesto ai presenti commenti sulle cause che hanno portato alla riduzione negli anni della superficie. Pantelleria non è solo Zibibbo ma è agricoltura-agricultura in senso più esteso. L’attività agricola diventa valore ambientale grazie alla biodiversità, all’attivazione di un ampio ecosistema, al giusto rapporto con tutto l’ambiente di terra e di mare e può garantire una produzione diversificata. 

Tesori da promuovere 

Lo Zibibbo vino passito solo naturale dolce con un sistema produttivo unico-rigido-ferreo deve restare l’emblema incorruttibile e inscindibile senza compromessi. Purtroppo, alcuni compromessi al ribasso hanno contribuito a causare abbandoni, rinunce, ancor più individualismo, menefreghismo che si respira sull’isola. Tutti i relatori hanno puntato sui giovani, sulle famiglie dei giovani, sulle imprese con a capo under 40. Oltre al vino, i capperi, l’origano, le piante officinali, quelle aromatiche, frutti esotici… possono fare la differenza per rendere remunerativa l'attività nei campi, accompagnata anche da altri prodotti (patate, zucchine, olive, pomodori, melanzane, meloni...). Parrinello e Comolli hanno sostenuto che con 5000 residenti non nativi panteschi, anche se a tempo periodico ma sempre più lungo, oltre agli 8000 residenti fissi panteschi, i 150/200.000 turisti annui (seppur concentrati in 3 mesi l’anno) la produzione locale può a malapena soddisfare i bisogni dell’isola stessa. Anzi certi prodotti dovrebbero essere esposti in primo piano in tutti i menu, carte dei vini, vetrine dei negozi: molti prodotti arrivano dalla Sicilia. 

Ma la “promozione” a 360 gradi manca, non c’è: bisogna che pubblichi e privato investano su attività di valorizzazione locale e in città esterne. Pantelleria enoica ha questa funzione. Ma la regione Sicilia e la provincia regionale autonoma di Trapani non possono dimenticare Pantelleria, dai voli aerei ai traghetti, dai bandi di sostegno ai contributi sulla garanzia e tutela di una vita futura per l’isola… prima espressione di una italianità. 

 

 

De.Co. e sostenibilità

È emerso che alcuni giovani agricoltori stanno sperimentando colture alternative (allevamenti non ci sono causa il clima e il terreno) come grani antichi per la farina, la birra, la canapa, l’olioEvo bio, sesamo, cicerchie, timo, maggiorana, salvia, origano. L’origano potrebbe essere una futura De.Co., ha detto Comolli, ma occorre un urgente sostegno programmato e garantito e i giovani devono essere visti come risorsa ai quali offrire opportunità e formazione...

Dal pubblico presente è emersa una richiesta unanime, forte, importante: più sostenibilità territoriale, più valorizzazione dei luoghi, più segnali su itinerari e spazi da fruire, più legame terra-mara anche per chi non ha barche, più piatti tipici, prezzi omogenei nell’anno, meno inquinanti e inquinamento, ma un turismo più vicino alla villeggiatura lunga che al mordi e fuggi. Grande disponibilità di personaggi presenti, professionisti romani, lombardi, tanti stranieri arrivati a vivere pantesco... hanno dato pubblicamente massima disponibilità a contribuire e sostenere un lavoro di alto profilo utile a tutti… foresti e panteschi. Infine, Giovanna Ferlucci ha toccato un tasto molto caro al sindaco Campo e a Parrinello, quello della necessità di impiegare manodopera sul territorio e quello dei protocolli per i campi sperimentali sul biodiserbo e utilizzo di teli di pacciamatura biodegradabile e compostabile e controllo sistematico delle serre fisse e ambienti chiusi con ventilazione forzata destinati all’appassimento delle uve. Comolli ha anche lanciato l’idea di un grande giardino pantesco simbolo di rinascita, ripresa, resilienza frequentato come parco ambientale e come luogo produttivo.

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Alberto Lupini


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